Oggi è il primo maggio, festa dei lavoratori, non solo in Italia, ma in (quasi) tutto il mondo. Eppure le edizioni online dei principali quotidiani nazionali liquidano la cosa con brevi trafiletti - il che è abbastanza significativo e preoccupante - dedicando invece ampio spazio alla beatificazione di Giovanni Paolo II e al mancato ripetersi del miracolo di San Gennaro. Insomma, una superstizione e la beatificazione di un uomo tutt'altro che santo - i santi non esistono; esistono però gli uomini, più o meno fallibili, e l'uomo Wojtyla si accompagnò ad assassini come Pinochet, mentre abbandonò nelle mani dei suoi carnefici un uomo come il cardinale Romero perchè la sua teologia della liberazione puzzava troppo di comunismo - hanno sorpassato quella che dovrebbe essere la festa cardine di una repubblica fondata sul lavoro. Festa che, almeno in Italia, sembra essersi ridotta solo ed esclusivamente ad un concerto a Roma, partecipatissimo per carità. Mi chiedo però quanti di coloro che ci partecipano hanno una conoscenza e una compresione anche solo minima del senso di questa ricorrenza.
Il primo maggio è strettamente connesso al colore rosso. Non il rosso delle bandiere socialiste prima e comuniste poi, bensì il rosso del sangue. Il sangue dei morti di Haymarket Square a Chicago, quando il 4 maggio 1886 la polizia, a seguito dell'esplosione di una bomba, aprì il fuoco sui manifestanti uccidendo 11 persone. A seguito dell'accaduto 7 persone furono processate e condannate a morte, mentre una fu condannata a 15 anni di carcere. Si trattava in massima parte di immigrati tedeschi anarchici e questo non può che farci venire in mente la vicenda di Sacco e Vanzetti, condannati alla sedia elettrica perchè italiani e anarchici. Dei 7 condannati a morte, uno si suicidò in carcere, due vennero successivamente graziati, mentre i restanti quattro furono impiccati. La scelta della festa del lavoro proprio il primo maggio è strettamente legata a questo evento.
Spostandoci in Italia, qualche decennio dopo, troviamo il rosso del sangue dei morti di Portella della Ginestra. Era il 1 maggio 1947 e a cadere sotto le raffiche di mitra furono i braccianti siciliani. A premere il grilletto questa volta fu la banda del bandito Giuliano, colonnello dell'EVIS, che successivamente venne ucciso da un suo luogotenente che morì misteriosamente in carcere dopo aver espresso la propria volontà di fornire i nomi dei mandanti della strage. Certo è che il 20 aprile dello stesso anno il PCI ebbe uno straordinario successo elettorale sull'isola (ottenne il 29% delle preferenze contro il 20% della DC) e altrettanto certo è che la cosa non fece molto piacere ai latifondisti locali, a Roma e a da qualche parte al di là dell'Atlantico.
C'è anche il sangue di tutti i caduti sul lavoro: operai, manovali, braccianti, muratori che ogni anno muoiono a centinaia. Muoiono mentre lavorano sempre più sfruttati e in condizioni sempre più precarie, dimenticati non solo dallo Stato ma anche dagli stessi sindacati confederali. Cerchiamo di ricordarci chi ha sempre firmato gli accordi col Governo e con i padroni, chi ha avvallato il pacchetto Treu e la legge 30. Ricordiamoci chi siede al tavolo della produttività insieme a Confindustria. Che lo facciano CISL e UIL non dovrebbe stupire nè indignare, ma quando a farlo è la CGIL che, almeno a parole, dovrebbe essere un sindacato comunista, allora la cosa è abbastanza grave. Un sindacato che prima avvalla le leggi che hanno causato la condizione lavorativa flessibile e precaria della mia e della nostra generazione e poi nel 2011 si sveglia e si accorge che tutto questo è brutto. Cambio di direzione? Col cavolo. Si sono semplicemente accorti che negli ultimi anni hanno subito una emorragia di tesserati e quindi hanno cercato una nuova vacca da mungere. Per non parlare poi del presunto sciopero generale del 6 maggio, organizzato con modalità ridicole e col chiaro intento criminale di farlo fallire. Ma questa è un'altra storia ed è meglio parlarne in un post ad hoc.
Forse ho fatto un quadro a tinte fosche della situazione, ma credo che questo 1 maggio 2011 ci sia ben poco da festeggiare. C'è, piuttosto, da riflettere su come riprendere il controllo delle nostre vite. Nella speranza che il rosso del sangue si tramuti nel nero della collera e della rabbia degli sfruttati.
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