domenica 12 maggio 2013

Roma, 12 maggio 1977 - Roma, 12 maggio 2013

Erano più o meno le otto di sera di 36 anni fa quando Giorgiana Masi, una ragazza di nemmeno diciannove anni, cadeva colpita a morte da un proiettile esploso dalla polizia di Cossiga. Lo stesso Cossiga dei molteplici silenzi sugli anni di piombo e su Gladio, dei blindati per le strade, della polizia in borghese (e pure in divisa) che spara per le strade. Lo stesso Cossiga che nel novembre del 2008 scriveva, in una lettera aperta alle forze dell'ordine: "Un'efficace politica dell'ordine pubblico deve basarsi su un vasto consenso popolare, e il consenso si forma sulla paura, non verso le forze di polizia, ma verso i manifestanti [...] l'ideale sarebbe che di queste manifestazioni fosse vittima un passante, meglio un vecchio, una donna o un bambino, rimanendo ferito da qualche colpo di arma da fuoco sparato dai dimostranti: basterebbe una ferita lieve, ma meglio sarebbe se fosse grave, ma senza pericolo per la vita [...] io aspetterei ancora un po' e solo dopo che la situazione si aggravasse e colonne di studenti con militanti dei centri sociali, al canto di Bella ciao, devastassero strade, negozi, infrastrutture pubbliche e aggredissero forze di polizia in tenuta ordinaria e non antisommossa e ferissero qualcuno di loro, anche uccidendolo, farei intervenire massicciamente e pesantemente le forze dell'ordine contro i manifestanti" (citazione presa da Wikiquote, a sua volta presa da Repubblica).

Trentasei anni dopo, sempre a Roma, la Questura non autorizza il corteo in ricordo della Masi per permettere a tutta la galassia catto-talebana, con in testa Forza Nuova e Militia Christi, di scendere in piazza per una sedicente "Marcia per la Vita", che nella sostanza non è niente di diverso dalla solita sterile riproposizione degli arcinoti clichè antiabortisti, il tutto condito con una spruzzata di gore blasfemo degno dei Gorgoroth, ovvero orde di finti feti crocefissi e becero sentimentalismo. Evidentemente l'idiozia e il cattivo gusto vanno di pari passo. Tornando seri, si tratta di un vero e proprio esercizio di coercizione, perchè impedire, o fare in modo che venga impedito, ad una donna di abortire o ad un malato terminale di porre fine alla propria vita in modo dignitoso, significa ledere il principio della libertà di scelta dell'individuo e, se proprio vogliamo metterla sul loro piano, ossia quello religioso, la dottrina del libero arbitrio. A proposito di libertà di scelta, voglio ricordare ai più distratti e ai Giovanardi di turno che permettere l'aborto e l'eutanasia non obbliga in alcun modo al loro ricorso, anzi.

Ad ogni modo, evitando di scendere troppo nel marasma della filosofia morale e della teologia da bar, forse vale la pena chiedersi quanti di questi "prolife" - termine fuorviante che personalmente detesto - siano pronti a difendere la vita e le vite nella loro totalità, anzichè soffermarsi su quella che fino a prova contraria è una vita in potenza, come un ovulo appena fecondato o un embrione di pochi giorni. Magari parlandoci vai a scoprire che sono a favore della pena di morte o che affonderebbero le carrette del mare usate dai migranti per cercare un futuro migliore nella Fortezza Europa. Oppure che non si fanno il minimo problema a mangiarsi un agnello o un maialino da latte. Oppure che predicano contro l'uso del preservativo, condannando decine, centinaia di migliaia di bambini ad un futuro di sieropositività, fame, malattie e guerre. Chissà quanti, tra i più "anziani," avranno pensato, alla notizia della morte di Giorgiana, "toh, una zecca di meno".

NB. L'immagine che accompagna questo post è stata scattata da Tano D'Amico e ritrae l'agente Giovanni Santone, in borghese, durante gli scontri del 12 maggio 1977.

domenica 21 aprile 2013

La desolante situazione della cultura in Italia parte I


«Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguire virtute e canoscenza»
D. Alighieri, Divina Commedia, Inferno Canto XXVI

C'è stato un tempo in cui studiosi di mezza Europa perfezionavano i loro studi a Padova e Bologna e in cui gli artisti italiani erano richiesti e apprezzati dalla Russia al Portogallo. C'è stato un tempo in cui l'Italia è stata una culla per la cultura e per l'arte in tutte le sue forme. Un tempo, per l'appunto, perchè il presente, purtroppo, ci mostra un quadro alquanto diverso. I dati diffusi di recente dall'Ansa e relativi al 2011, infatti, fotografano una situazione a dir poco desolante, in cui l'Italia rappresenta il fanalino di coda dell'Europa a 27 per quanto riguarda la percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura e all'istruzione. Con un esorbitante 1,1% destinato alla tutela e alla promozione del nostro, ahimè, martoriato patrimonio culturale riusciamo ad occupare la poco invidiabile ultima posizione, mentre con un 8,5% riservato al comparto dell'istruzione raggiungiamo il penultimo posto. Peggio di noi soltanto la Grecia devastata dalla crisi.

Si tratta di dati a dir poco agghiaccianti, ma che al tempo stesso non arrivano certo come un fulmine a ciel sereno. D'altra parte cosa aspettarsi da un Paese in cui nessuno parla di cultura durante la campagna elettorale e in cui nessuno si incazza per questo? L'Italia ha uno dei patrimoni culturali più vasti e variegati al mondo, eppure nell'immaginario collettivo si è radicata l'idea che la cultura sia un qualcosa di inutile, un orpello che non può dare da mangiare. Nulla di più sbagliato. Come avevo già accennato in un post dell'anno scorso, il patrimonio culturale può rappresentare, per l'Italia e soprattutto per buona parte dei territori storicamente depressi del Mezzogiorno, una grandissima molla in grado di stimolare l'occupazione e la gestione sostenibile del territorio attraverso la creazione di un vero e proprio indotto turistico. Le potenzialità esistono e sono enormi, ma a quanto pare chi di dovere non è interessato nè alla promozione nè alla tutela di quella che nei fatti è una vera e propria miniera d'oro. In questo vuoto non hanno tardato a farsi largo i privati, attirati dal ritorno di immagine e non solo. Un esempio su tutti può essere rappresentato dal restauro del Colosseo, uno dei monumenti più conosciuti al mondo, che è stato finanziato con 25 milioni di euro dal gruppo Tod's. Filantropia? Mecenatismo? Macchè! In cambio dell'obolo il gruppo marchigiano potrà contare su un cospicuo ritorno economico, attraverso la neocostituita associazione "Amici del Colosseo" e lo sfruttamento per quindici anni prorogabili del logo della stessa. Certo, sempre meglio che vedere l'Anfiteatro Flavio cadere a pezzi, però...

Altrettanto evidente è anche la noncuranza nei confronti del sistema scolastico e universitario, ormai relegato al ruolo di diplomificio/esamificio preposto a irreggimentare e a formare i futuri ingranaggi del sistema industriale e non più culla del libero pensiero e fucina culturale. Il 3 + 2 introdotto dalla riforma Berlinguer, il sistema dei crediti della Moratti e i successivi tagli di Tremonti e della Gelmini hanno portato ad una drastica contrazione dell'offerta didattica e alla condensazione di programmi altrimenti vastissimi in corsi della durata di poche settimane, il tutto a scapito dello scambio di idee, della coltivazione dello spirito critico negli studenti e del confronto tra punti di vista differenti, tanto che molto spesso - o quasi sempre - ci si adagia acriticamente sulle posizioni del docente. Con il FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario) ridotto all'osso anche gli atenei si vedono costretti ad aprire le porte ai privati, con conseguenze facilmente immaginabili: i corsi di studio commercialmente appetibili verranno finanziati a pioggia, mentre i restanti saranno costretti ad una lenta e dolorosa agonia. Il discorso, comunque, è estremamente ampio e per essere trattato in maniera esaustiva necessita di un post ad hoc e che costituirà la seconda parte di questa dissertazione sullo stato della cultura nel Belpaese.

Un altro dato scioccante riguarda il più che preoccupante fenomeno dell'analfabetismo di ritorno che, almeno secondo questo articolo, riguarda ben sette italiani su dieci. Questa è la percentuale degli italiani incapaci di comprendere un testo di media complessità, come ad esempio un semplice articolo di giornale. Agghiacciante, ma al tempo stesso illuminante perchè offre una spiegazione razionale alla storia politica dell'ultimo ventennio. Un elettore semi-analfabeta, infatti, è un elettore privo degli strumenti per analizzare in modo autonomo la realtà che lo circonda e una persona politicamente "ingenua" è facilmente manipolabile e si presenta come facile preda per tutta una serie di politici che fanno del populismo da bar uno dei loro cavalli di battaglia. Lo hanno ampiamente dimostrato la Lega Nord, Berlusconi e ora anche il M5S (che peraltro si vanta di non avere intellettuali tra le proprie fila...). Si tratta di un problema di capitale importanza che mette a nudo le contraddizioni insite nella democrazia rappresentativa, contraddizioni che in Italia sono esacerbate da una legge elettorale scandalosa. A partire da questo dato forse è necessario iniziare a ripensare in toto il concetto di partecipazione e quello stesso di democrazia, teorizzando e praticando nuove forme gestionali e decisionali, ma questo è un altro discorso...

domenica 31 marzo 2013

Recensione: Leonardo Vittorio Arena - Kamikaze

Autore: Leonardo Vittorio Arena
Titolo: Kamikaze. L'epopea dei guerrieri suicidi
Genere: Saggistica - Storia Contemporanea - Seconda Guerra Mondiale
Casa Editrice: Oscar Storia Mondadori
Anno: 2004 (ristampa 2009)
Prezzo: 9,80 €

Kamikaze, il vento divino, il tifone che per ben due volte salvò l'arcipelago giapponese dalle invasioni mongole distruggendo la flotta di Qubilai Khan. Un termine che col tempo ha modificato radicalmente il proprio significato, andando ad indicare in un primo momento i piloti delle "tokkotai", i corpi speciali d'attacco, durante la Seconda Guerra Mondiale e successivamente gli attentatori suicidi in genere. Si tratta di un accostamento quanto mai improprio: all'epoca il Giappone era in guerra con gli Stati Uniti, un conflitto estremamente brutale in cui tutte le parti in campo si sono macchiate di crimini sconcertanti, e i piloti delle unità kamikaze, forse gli unici in tutte le forze armate nipponiche, si limitarono a colpire solo ed esclusivamente obiettivi militari e quindi legittimi.

Ma chi erano questi piloti? Erano tutti volontari? Speravano in una ricompensa dopo la morte? Cosa li spingeva deliberatamente verso il suicidio? Si tratta di domande apparentemente semplici, ma a cui risulta estremamente complesso trovare delle risposte soddisfacenti, soprattutto se non si conoscono a fondo l'anima e la cultura nipponiche. Gli stessi americani non compresero mai il loro avversario, proiettando su di essi il proprio codice morale, non riuscendo a immaginare l'impatto sulla società nipponica della loro richiesta di una resa incondizionata. Dal canto loro i giapponesi proiettarono sugli americani la propria condotta militare, paventando uccisioni di massa, stupri e saccheggi in caso di sconfitta; un enorme incentivo a continuare la guerra anche quando le prospettive di vittoria svanirono completamente.

Una chiave di lettura per comprendere i kamikaze può essere la conoscenza del bushido, la via del guerriero per gli antichi samurai, interiorizzata dai militari nipponici, specialmente dagli appartenenti della marina, ma non solo. La sconfitta? Disonore. La resa? Semplicemente inconcepibile. D'altra parte il destino di un guerriero era morire, quindi tanto valeva farlo recando il maggior danno possibile al nemico... Solo in questo modo è possibile concepire l'idea di schiantarsi con un aereo contro le navi nemiche, l'utilizzo dei kaiten, vere e proprie torpedini umane che non lasciavano alcuna speranza di salvezza all'equipaggio, le cariche banzai di Guadalcanal, i nikudan (letteralmente "uomini proiettile") di Saipan o l'altrimenti incomprensibile sacrificio della Yamato.

Fondamentalmente saggio storico, ma a tratti testo filosofico e psicologico, l'opera di Arena riesce a ricostruire la storia dei kamikaze, ma anche e soprattutto la loro profonda spiritualità, dipingendo un affresco accattivante che incentiva il lettore a divorare il libro e a ricercare ulteriori informazioni in materia. Consigliatissimo.

domenica 10 marzo 2013

Recensione: Matei Cazacu - Barbablù

Autore: Matei Cazacu
Titolo: Barbablù. La vera storia di Gilles de Rais
Genere: Saggistica - Biografie - Storia medievale
Casa Editrice: Oscar Storia Mondadori
Anno: 2008 (seconda ristampa 2010)
Prezzo: 11,00 €

Gilles de Rais, nobile e potente signore, maresciallo di Francia, compagno di lotta di Giovanna d'Arco sotto le mura di Orleans, comandante militare di provate capacità e terrore degli inglesi (e dei "cattivi francesi") durante la guerra dei Cento Anni. Gilles de Rais, amante della cultura e dell'arte, mecenate ante litteram che dilapidò il proprio patrimonio per finanziare opere teatrali e musicali. Ma anche Gilles de Rais il sanguinario, colui che faceva impiccare a decine i francesi che combattevano al fianco degli inglesi, Gilles de Rais l'adoratore del diavolo, rapitore e assassino di bambini, tanto da guadagnarsi il poco ambito titolo di primo serial killer della storia.

Chi era dunque questo personaggio? Un eroe caduto in disgrazia oppure un demonio celato sotto l'abito di un nobile cavaliere? Matei Cazacu, già autore di una affascinante monografia su Vlad III di Valacchia, cerca di rispondere a questo quesito presentandoci un saggio frutto di un lavoro di cernita delle fonti durato una trentina di anni (come si evince dalla premessa), in cui l'autore setaccia gli archivi francesi (e non solo) con un rigore a dir poco encomiabile. Il ritratto che ne risulta è estremamente ambiguo: infatti nella figura di Gilles de Rais emergono in egual misura luci sfolgoranti e ombre talmente oscure da sprofondare nell'orrore più cupo. In questo uomo l'ambiguità del genere umano si mostra in tutta la sua forza, creando un Giano bifronte in cui convivono apparentemente senza conflitti tanto l'eroe quanot il mostro.

Idealmente l'opera può essere divisa in più parti. Nella prima l'autore di preoccupa di delineare il contesto storico e politico in cui si svolge la vicenda umana di Gilles de Rais, ossia quella fase della guerra dei Cento Anni che segna il punto più basso delle fortune francesi e la successiva riscossa con la comparsa della Pulzella d'Orleans, e di tracciare una approfondita biografia dell'uomo. Successivamente viene dedicato ampio spazio al processo che porterà alla condanna a morte del feudatario francese con una approfondita analisi psicologica dello stesso, il cui verdetto appare incontrovertibile: Gilles può essere considerato a pieno titolo un serial killer, almeno secondo i criteri della criminologia moderna. Infine la parte conclusiva del saggio si occupa della traslazione da personaggio storico a personaggio fittizio, nella fattispecie il Barbablù della tradizione popolare, analizzando a fondo l'omonima favola di Perrault, cercando le convergenze e le discordanze tra Storia e narrazione fantastica.

Il saggio di Cazacu non può che essere valutato in maniera positiva. Si tratta infatti di una lettura avvincente, sebbene possa spiazzare i non specialisti a causa della mole di nomi, luoghi e date, che utilizza un registro a metà strada tra il divulgativo e il rigore scientifico. Se amate la storia medievale o le biografie di personaggi "bizzarri" questo testo fa al caso vostro.

martedì 26 febbraio 2013

Considerazioni inattuali sul voto di ieri

In realtà non c'è poi molto da dire sul risultato, abbastanza scontato peraltro, delle elezioni appena trascorse, specialmente se chi scrive si dichiara anarchico. In effetti questo più che un post è in realtà uno sfogo di "pancia" (nella forma), ma anche di testa (nei contenuti), maturato durante la mattinata trascorsa a lavoro.

A te, quaranta-cinquantenne, che lanciavi le monetine a Craxi, ti indignavi per Tangentopoli e poi per vent'anni hai continuato a votare come se niente fosse;

A te che fino a ieri votavi PD, PDL o Lega e ora cerchi di rifarti una verginità politica nella maniera di tutti i neo convertiti, ovvero massacrando zelantemente le gonadi a chi non ha votato come te;

A te che ciancichi di democrazia e poi ti arrapi quando vedi le cariche della polizia, perchè "quelli lì dovrebbero trovarsi un lavoro" - fosse facile - oppure "fanno bene a menarli, chè la gente ammodo non fa così" (meglio vivere come sudditi timorati di Dio, senza alzare mai lo sguardo da terra, vero?);

A te che "se non hai votato non sei in diritto di dire alcunchè", come se il non voto non possa essere una scelta politica consapevole e ponderata fino all'ultimo istante e degna di attenzione al pari delle altre;

A te che ammorbi il globo con la manfrina del voto utile, perchè turarsi il naso e ingollare una cucchiaiata di merda di "sinistra" è sempre meglio che ingollarne una di destra;

A te che "destra e sinistra non esistono più, tanto sono tutti uguali", ti prego continua a dirmi come sono identici i firmatari della Giovanardi-Fini e chi vuole legalizzare la cannabis, oppure gli anti-abortisti e chi vuole salvaguardare la libera scelta della donna;

A te che continui con la storiella della casta, perchè gli italiani sono vittime innocenti, agnelli sacrificali immolati sull'altare del malaffare, con una insana passione per lo scaricabarile e l'autoassoluzione;

A te che ora salirai sul carro dei vincitori (di Pirro);

A te che "sei buono solo a criticare e non a proporre" e poi mi guardi come se fossi un alieno quando ti esprimo le mie idee e, forte della tua magistrale eloquenza, commenti con un "tutte cazzate";

A te che continui a credere che votare serva a qualcosa, come se una croce su un pezzo di carta possa portare alla fine di un sistema economico basato sulla rapina e sullo sfruttamento e di una società sempre più alienante e malata;


A voi tutti dico solo una cosa: TACETE.

mercoledì 20 febbraio 2013

Ricette per il caos aka pseudo strategia di salvezza pre elettorale

NB. Il seguente post è saturo di eterodossia e provocazioni. Se ne sconsiglia la lettura agli animi semplici.

Nel 90% dei casi il sottoscritto passa la serata annoiandosi e arrovellandosi per cercare di ovviare al problema. L'altra sera la soluzione è stata fiondarsi sul malefico sito di Repubblica e giocare con una simpatica applicazione capace di simulare la composizione del Senato post elezioni. Il suo funzionamento è piuttosto semplice: date svariate regioni - non ricordo se 6 o 9 - è sufficiente ipotizzare la percentuale dei voti raccolti dalle varie liste, in modo da ottenere una proiezione sulla distribuzione dei seggi e di conseguenza sull'indice di governabilità. Nella stragrande maggioranza dei casi, anche considerando alleanze più o meno probabili, il risultato è stato l'ingovernabilità. Si tratta, in ogni caso, di una simulazione estremamente semplicistica e semplificata e pertanto non molto attendibile, visto che presenta soltanto 5 liste "maggiori".

Nella realtà i giochi sono ancora più complicati. La simulazione, infatti, non tiene presenza l'esistenza di movimenti come Fare, che, nonostante il clamoroso autogol di Giannino, ha ottime probabilità di sottrarre una discreta quantità di voti al PDL - una funzione non molto dissimile da quella di Ingroia nei confronti del PD - e tutta la moltitudine di partitini e micromovimenti che singolarmente non hanno alcun peso, ma che sommati possono raggiungere una discreta percentuale. Si prospetta, insomma, una vera e propria "balcanizzazione" del Parlamento, ossia una frammentazione così ampia da impedire la formazione di una maggioranza di governo, salvo il caso di una Große Koalition alla tedesca, anche se in Italia un'esperienza del genere avrebbe vita breve e travagliata.

Ed è qui che nella narrazione si inserisce il mio dilemma interiore. Io normalmente non voto. La mia è una questione di principio, non un semplice menefreghismo o una delusione nei confronti della politica. Anche questo fine settimana, tendenzialmente, non andrei al seggio. Tuttavia, il buon Berneri mi ha messo una pulce - e pure bella grossa! - nell'orecchio con la sua definizione di "cretinismo anarchico" e al momento mi trovo alle prese con un quesito grande come una casa: che fare? Restare fedele alla linea o fare un passo indietro per cause di forza maggiore? Perchè, per dirla alla Bersani, "ohi ragassi, qui è una tragedia!". Al momento attuale le uniche forze in grado di fare da peso sul piatto della bilancia sono il PD, il PDL e il Movimento 5 Stelle. Il che significa da una parte fiscal compact e neoliberismo più o meno mascherato con i primi due e un gigantesco, monolitico, mastodontico punto interrogativo con il terzo. Roba da mettersi le mani nei capelli. Immaginate un vostro conoscente non proprio brillante che, eletto nelle liste del movimento, partecipando alla discussione sulla finanziaria, non capendoci una beata mazza, prende la parola per chiedere quale sarà l'azione del governo contro il signoraggio e le scie chimiche. Sembra una situazione comica, roba da barzellette, ma non è un'eventualità tanto assurda: provate a cercare "cinque stelle scie chimiche" su Google e iniziate a piangere insieme a me.

In questo scenario la "balcanizzazione" non solo è auspicabile, ma sarebbe addirittura salvifica! A questo punto, forse, vale veramente la pena ricacciare i conati di bile e vomito e accingersi alle urne per il sacrosanto "voto a caso", ovvero il voto in massa verso movimenti inutili - come gli sciroccati del Sacro Romano Impero Cattolico - che non supereranno mai la soglia di sbarramento, ma che diluiscono i voti dei "big". Magari oltre all'ingovernabilità ci scappa pure un altro governo tecnico, ma non un Monti bis, bensì un bel commissariamento alla teutonica capace di rimettere in carreggiata le orde di italiani medi. Proprio così, perchè qui il vero problema non è la "kasta", quello specchietto per le allodole sventolato a dovere dal comico genovese insieme all'immancabile quando osceno "tanto sono tutti uguali"; no, il problema sono proprio gli italiani, di cui la classe politica è solamente l'immagine riflessa. Se non si cambiano gli italiani - ammesso che esistano veramente visti i campanilismi che ci contraddistinguono - ogni cambiamento al vertice sarà gattopardesco: un velo di stucco nuovo su una impalcatura marcia e corrotta. 

Daje de voto inutile! Daje de balcanizzazione! O più probabilmente daje de Maalox quando usciranno i risultati...

domenica 17 febbraio 2013

L'italiano medio e la rete

Innegabilmente internet ha giocato un ruolo rivoluzionario nelle nostre vite, rendendo accessibile in tempo reale una mole pressocché infinita di informazioni e contenuti di altro genere. In Italia, però, la "rivoluzione" digitale ha avuto anche effetti molto meno positivi a causa della diffusissima presenza sul territorio del cosiddetto "italiano medio". In apparenza egli è un individuo del tutto normale, con abitudini, diritti (compreso, ahinoi, quello di voto) e doveri che non differiscono molto da quelli del resto della popolazione. L'unica vera e sostanziale differenza emerge in tutta la sua "maestosità" quando costui apre bocca. L'italiano medio, infatti, ha una naturale propensione per la tuttologia, ovviamente non suffragata da strumenti teorici o conoscenze anche solo marginali di argomenti che non siano il campionato di calcio, e per credere a qualsiasi cosa, anche la più illogica, gli venga raccontata. Naturalmente, invece di tenere tutto per sè, tende a tediare la sua cerchia di amici/parenti/colleghi con i risultati dei suoi "studi" che lo hanno portato ad una sorta di "illuminazione" che gli ha permesso di cogliere la "verità suprema" da diffondere al resto del volgo ignorante. Ed ecco che entra in gioco la rete...

L'entrata in contatto tra l'italiano medio e la rete ha avuto effetti paragonabili all'apertura delle porte di Gog e Magog o al crollo di una diga. Il nostro profeta credulone, infatti, si è trovato catapultato in un mondo digitale in cui, restando del tutto anonimo, è stato letteralmente sommerso da una mole incredibile di informazioni - spesso e volentieri prive di fonti, contenenti errori macroscopici o palesemente false - da riproporre ad una platea potenzialmente illimitata. Gente che fino al giorno prima poteva aspirare al massimo all'ambito titolo di scemo del villaggio (o del quartierino), ora può millantare una conoscenza approfondita di svariati argomenti, dalla medicina alla geofisica, e, cosa ancor peggiore, può godere del supporto incondizionato di un esercito più o meno vasto di aficionados, generalmente più rintronati del loro guru. Guai a mettere in discussione le loro verità, a meno che non vogliate passare per ignoranti o prezzolati al soldo del grande complotto (quale? A voi la scelta, ce ne sono così tanti...) o non vogliate far incetta di minacce di morte o auguri di malattie incurabili/incidenti/eccetera nei confronti vostri e dei vostri cari.

La comparsa dei social network non ha fatto che peggiorare questo scenario di per sè già apocalittico. Basta fare una rapida ricerca per ritrovarsi invasi da decine, se non centinaia, di pagine inerenti teorie del complotto. Si spazia dalle scie chimiche agli illuminati, passando per quell'evergreen che è il complotto ebraico in tutte le sue declinazioni. Ancora più subdole sono quelle pagine che in mezzo a contenuti validi divulgano anche castronerie complottiste di infimo livello (ah, il buon vecchio "panino" in versione 2.0) che tendono ad essere considerate valide dagli utenti. Questo senza contare la tendenza a rendere virale qualsiasi contenuto, senza prima controllare le fonti o la veridicità dello stesso. Ammetto di esserci cascato anche io qualche volta in passato, soprattutto quando i link incriminati venivano pubblicati da persone di fiducia.

Prima di concludere, ritorniamo un secondo dai nostri amici aficionados. Le caratteristiche del complottaro medio si possono ritrovare anche nel grillino medio; anzi, spesso e volentieri i due soggetti coincidono. Entrando un po' più nel dettaglio possiamo constatare la presenza di:

  • accettazione acritica di tutto ciò che proviene dal "leader" Beppe Grillo, comprese idiozie della serie "l'AIDS non esiste" o "Tutto il signoraggio minuto per minuto";
  • altrettanto acritica difesa a spada tratta da qualsiasi tipo di critica, dalla più puerile alla più elaborata e suffragata da fonti e dati;
  • l'assoluta impossibilità di portare avanti un discorso che non termini con l'accusa di non volere il cambiamento, di essere dalla parte dei partiti o di essere al soldo degli stessi;
Domenica prossima si vota e, vista la presenza massiccia di italiani medi con diritto di voto, mi viene da piangere. Specialmente se penso alle loro reazioni quando si accorgeranno che il Movimento 5 Stelle non avrà raggiunto la maggioranza assoluta e inizieranno a gridare al broglio elettorale e al golpe. Ahi serva Italia, di dolore ostello... (D. Alighieri, Divina Commedia, Purgatorio VI)

NB. Il sottoscritto conosce molto bene diversi militati del M5S e sa perfettamente che non tutti sono come i soggetti descritti in questo post, sia ben chiaro!