domenica 21 aprile 2013

La desolante situazione della cultura in Italia parte I


«Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguire virtute e canoscenza»
D. Alighieri, Divina Commedia, Inferno Canto XXVI

C'è stato un tempo in cui studiosi di mezza Europa perfezionavano i loro studi a Padova e Bologna e in cui gli artisti italiani erano richiesti e apprezzati dalla Russia al Portogallo. C'è stato un tempo in cui l'Italia è stata una culla per la cultura e per l'arte in tutte le sue forme. Un tempo, per l'appunto, perchè il presente, purtroppo, ci mostra un quadro alquanto diverso. I dati diffusi di recente dall'Ansa e relativi al 2011, infatti, fotografano una situazione a dir poco desolante, in cui l'Italia rappresenta il fanalino di coda dell'Europa a 27 per quanto riguarda la percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura e all'istruzione. Con un esorbitante 1,1% destinato alla tutela e alla promozione del nostro, ahimè, martoriato patrimonio culturale riusciamo ad occupare la poco invidiabile ultima posizione, mentre con un 8,5% riservato al comparto dell'istruzione raggiungiamo il penultimo posto. Peggio di noi soltanto la Grecia devastata dalla crisi.

Si tratta di dati a dir poco agghiaccianti, ma che al tempo stesso non arrivano certo come un fulmine a ciel sereno. D'altra parte cosa aspettarsi da un Paese in cui nessuno parla di cultura durante la campagna elettorale e in cui nessuno si incazza per questo? L'Italia ha uno dei patrimoni culturali più vasti e variegati al mondo, eppure nell'immaginario collettivo si è radicata l'idea che la cultura sia un qualcosa di inutile, un orpello che non può dare da mangiare. Nulla di più sbagliato. Come avevo già accennato in un post dell'anno scorso, il patrimonio culturale può rappresentare, per l'Italia e soprattutto per buona parte dei territori storicamente depressi del Mezzogiorno, una grandissima molla in grado di stimolare l'occupazione e la gestione sostenibile del territorio attraverso la creazione di un vero e proprio indotto turistico. Le potenzialità esistono e sono enormi, ma a quanto pare chi di dovere non è interessato nè alla promozione nè alla tutela di quella che nei fatti è una vera e propria miniera d'oro. In questo vuoto non hanno tardato a farsi largo i privati, attirati dal ritorno di immagine e non solo. Un esempio su tutti può essere rappresentato dal restauro del Colosseo, uno dei monumenti più conosciuti al mondo, che è stato finanziato con 25 milioni di euro dal gruppo Tod's. Filantropia? Mecenatismo? Macchè! In cambio dell'obolo il gruppo marchigiano potrà contare su un cospicuo ritorno economico, attraverso la neocostituita associazione "Amici del Colosseo" e lo sfruttamento per quindici anni prorogabili del logo della stessa. Certo, sempre meglio che vedere l'Anfiteatro Flavio cadere a pezzi, però...

Altrettanto evidente è anche la noncuranza nei confronti del sistema scolastico e universitario, ormai relegato al ruolo di diplomificio/esamificio preposto a irreggimentare e a formare i futuri ingranaggi del sistema industriale e non più culla del libero pensiero e fucina culturale. Il 3 + 2 introdotto dalla riforma Berlinguer, il sistema dei crediti della Moratti e i successivi tagli di Tremonti e della Gelmini hanno portato ad una drastica contrazione dell'offerta didattica e alla condensazione di programmi altrimenti vastissimi in corsi della durata di poche settimane, il tutto a scapito dello scambio di idee, della coltivazione dello spirito critico negli studenti e del confronto tra punti di vista differenti, tanto che molto spesso - o quasi sempre - ci si adagia acriticamente sulle posizioni del docente. Con il FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario) ridotto all'osso anche gli atenei si vedono costretti ad aprire le porte ai privati, con conseguenze facilmente immaginabili: i corsi di studio commercialmente appetibili verranno finanziati a pioggia, mentre i restanti saranno costretti ad una lenta e dolorosa agonia. Il discorso, comunque, è estremamente ampio e per essere trattato in maniera esaustiva necessita di un post ad hoc e che costituirà la seconda parte di questa dissertazione sullo stato della cultura nel Belpaese.

Un altro dato scioccante riguarda il più che preoccupante fenomeno dell'analfabetismo di ritorno che, almeno secondo questo articolo, riguarda ben sette italiani su dieci. Questa è la percentuale degli italiani incapaci di comprendere un testo di media complessità, come ad esempio un semplice articolo di giornale. Agghiacciante, ma al tempo stesso illuminante perchè offre una spiegazione razionale alla storia politica dell'ultimo ventennio. Un elettore semi-analfabeta, infatti, è un elettore privo degli strumenti per analizzare in modo autonomo la realtà che lo circonda e una persona politicamente "ingenua" è facilmente manipolabile e si presenta come facile preda per tutta una serie di politici che fanno del populismo da bar uno dei loro cavalli di battaglia. Lo hanno ampiamente dimostrato la Lega Nord, Berlusconi e ora anche il M5S (che peraltro si vanta di non avere intellettuali tra le proprie fila...). Si tratta di un problema di capitale importanza che mette a nudo le contraddizioni insite nella democrazia rappresentativa, contraddizioni che in Italia sono esacerbate da una legge elettorale scandalosa. A partire da questo dato forse è necessario iniziare a ripensare in toto il concetto di partecipazione e quello stesso di democrazia, teorizzando e praticando nuove forme gestionali e decisionali, ma questo è un altro discorso...