domenica 28 ottobre 2012

Recensione: Alessandro Girola - Prometeo e la guerra 1937

Autore: Alessandro Girola
Titolo: Prometeo e la guerra 1937
Casa Editrice: ebook autopubblicato
Anno: 20xx
Prezzo: gratuito (clicca qui per scaricare)

Avevo promesso questa recensione in tempi brevissimi, ma ho davvero un'ottima giustificazione per averci messo più di un mese. Fino alla scorsa settimana, infatti, sono stato impegnato in quell'attività massacrante, e di cui scriverò a breve, che è la vendemmia. Nonostante le 18 ore di lavoro quotidiane - non sempre per fortuna! - si è trattata di una gran bella esperienza, ma è inutile parlarne qui, visto che in questo post dobbiamo recensire un signor ebook.

Trama: Anno 1937: la guerra divampa in Europa e nei dominii coloniali appartenenti alle superpotenze in gioco. Casa Asburgo, oramai confinata nel solo Regno d'Ungheria, rischia la capitolazione finale contro gli ex alleati tedeschi. Ma l'imperatore Otto ha ancora un'arma segreta da giocare, e può contare su un insospettabile alleato. Nel mentre gli inglesi si apprestano a tentare una spallata contro le armate del Kaiser Guglielmo. I nuovi Prometei robotici saranno in grado di contrastare la straordinaria tecnologia bellica teutonica? Nella scacchiera della Francia Occupata si giocherà l'ultima partita di un conflitto destinato a cambiare per sempre l'umanità. Comunque esso vada a finire. (tratto dalla pagina per il download)

Commento: parto col dire che 1937 è un romanzo diverso rispetto ai precedenti. Il capitolo conclusivo della trilogia dedicata ai Prometei, infatti, abbandona quasi del tutto le atmosfere da spy-story per immergersi nell'azione vera e propria, narrando nel dettaglio le vicende della Seconda Guerra Mondiale, il tutto in chiave ucronica. Nonostante il cambio di genere, la narrazione di mantiene su di un ottimo livello, riuscendo a catalizzare l'attenzione del lettore con l'uso sapiente dei colpi di scena e la presenza costante di un po' di sana suspance. Cosa che, tra l'altro, aiuta a divorare l'opera, sebbene sia molto più corposa dei capitoli precedenti. Degno di nota l'inserimento di numerosi personaggi realmente esistiti, come lo scienziato serbo Nikola Testa - scommetto che tanti complottardi sbroccheranno leggendo i capitoli in cui compare - o il sovietico Il'ja Ivanov - presente solo marginalmente - come anche l'impiego di citazioni cinematografiche tratte dai classici del cinema di guerra. Con 1937 Girola conclude nel migliore dei modi la sua trilogia, pur lasciando socchiusa la porta a qualche possibile spin-off. Consigliatissimo.

domenica 16 settembre 2012

Recensione: Alessandro Girola - Prometeo e la guerra 1936

Autore: Alessandro Girola
Titolo: Prometeo e la guerra 1936
Casa Editrice: ebook autopubblicato
Anno: 20xx
Prezzo: gratuito (clicca qui per scaricare)

Eccoci con la recensione del secondo capitolo della trilogia de "Prometeo e la guerra", divorato in poco più di una settimana nei ritagli di tempo. Nel concludere la recensione del primo volume - consultabile qui - avevo accennato al fatto che 1936 mi sembrava un gran bel libro, opinione che non posso che confermare. Procediamo, però, con ordine.

Trama: Europa, 1936: dopo gli incidenti dell'anno precedente, gli Imperi Centrali sono sull'orlo della guerra. Questa volta Germania e Austria-Ungheria rischiano di scontrarsi come nemici, tanto che nuove, azzardate alleanze si profilano all'orizzonte. Da una parte gli inglesi, governati dal fascista sir Mosley, si offrono di difendere il trono d'Asburgo, in cambio di un loro ritorno sulla scena europea. Dall'altra parte il Kaiser appoggia le pretese del principe usurpatore, leader del Fronte Patriottico, e desideroso di porsi al comando dell'Impero Austro-Ungarico. 
Le armate tedesche hanno però la fama di essere invincibili, potentissime. Nemmeno gli assemblati creati nel 1918 dal barone von Frankenstein possono più tenere testa ai carri armati e ai caccia del Kaiser. Ma un semisconosciuto ingegnere, nel cuore del retrogrado Regno d'Italia, ha forse le chiavi per la creazione di una nuova arma che potrà ribaltare gli equilibri in campo, dando una speranza di vittoria all'asse Anglo-Asburgico... (tratto dalla pagina per il download)

Commento: 1936 rappresenta il proseguimento ideale del capitolo precedente, tanto nelle vicende, che rappresentano l'evoluzione degli eventi narrati in 1935, quanto nei personaggi, che aumentano di spessore psicologico e si trovano immersi anche in situazioni personali. Anche in questo volume si può notare una certa commistione tra i generi letterari, anche se a prevalere sono sicuramente la spy-story, con tanto di intrighi internazionali, e la fantascienza, con sterzate decise verso suggestioni steam e cyber-punk. Lo stile di Girola è come sempre molto fluido e avvincente, anche se alcune scelte lessicali mi hanno lasciato un po' dubbioso. Si tratta comunque di sottigliezze che non incidono minimamente sul piacere della lettura.

sabato 8 settembre 2012

Recensione: Alessandro Girola - Prometeo e la guerra 1935

Autore: Alessandro Girola
Titolo: Prometeo e la guerra 1935
Casa Editrice: ebook autopubblicato
Anno: 20xx
Prezzo: gratuito (clicca qui per scaricare)

Per la prima volta nella "lunga" storia di questo blog mi accingo a recensire un ebook, ovvero un libro in formato digitale. Avevo scaricato il libro in questione ancora parecchio tempo fa, ma ho dovuto attendere l'acquisto di un reader per poterlo leggere, visto che il monitor del pc e lo schermo del cellulare tendono a causarmi un po' di fastidio agli occhi.

Trama: 1918, Fronte Occidentale: l'avanzata degli Imperi Centrali è prossima ad arrestarsi presso Amiens, ma da Vienna arriva una nuova arma biologica che attinge da un mondo che sta a metà tra la leggenda e la scienza. Sono i Prometei, assemblati dai cadaveri dei soldati morti in guerra e rianimati come guerrieri implacabili. Grazie a loro gli Imperi Centrali scongiurano l'intervento militare statunitense e vincono la guerra.
1935, Milano, Regno Lombardo-Veneto: sono passati 17 anni dalla vittoria austro-tedesca, e l'Europa prospera sotto il dominio dei casati Asburgo e Hohenzollern. Ma dense nubi si addensano all'orizzonte. L'effetto dissuasivo dei Prometei ha pian piano perso effetto e nuovi giocatori politici stanno per muovere i loro pezzi, nella speranza di ridisegnare la scacchiera internazionale. Tutto ha inizio con un omicidio impossibile. Sarà forse in grado di causare un effetto farfalla? (tratto dalla pagina per il download)

Commento: Parto col dire che 1935 è il primo volume di una trilogia ambientata in un mondo alternativo, in cui la Storia esce dai suoi binari nel 1918, seguendo un percorso del tutto inedito, per giungere fino al 1935, anno in cui si svolgono le vicende narrate. L'abilità narrativa di Girola è stata in grado di fondere in un singolo romanzo diversi filoni letterari: l'ucronia che crea lo scenario su cui si dipana la trama, il romanzo gotico con i Prometei, tributo al Frankenstein di Mary Shelley, il giallo e la spy-story. La narrazione è estremamente fluida e piacevole, anche se talvolta la storia appare un po' troppo lineare e prevedibile, cosa che comunque non pregiudica minimamente il piacere della lettura: anzi, lo rende apprezzabile anche dopo una lunga giornata di lavoro, tanto più se si considera che il romanzo è completamente gratuito. Per la cronaca ho iniziato a leggere anche 1936, il capitolo successivo della trilogia, e già dalle prime pagine promette benissimo...

sabato 1 settembre 2012

Recensione: Joseph Conrad - Cuore di tenebra

Autore: Joseph Conrad
Titolo: Cuore di tenebra
Casa Editrice: Feltrinelli
Anno: 2011 (XV edizione)
Prezzo: 6,00 €

Riemergo dalle tenebre dell'oblio chiedendo umilmente venia per la mia prolungata assenza su queste pagine virtuali, ma il lavoro mi ha tenuto impegnato - fisicamente e mentalmente - più di quanto avrei potuto immaginare. Considerato che a breve inizierà la vendemmia, cosa che di fatto mi renderà irreperibile anche nella "real life", ho pensato fosse il caso di lasciarvi con la recensione di un classico che ho finito di leggere proprio stamattina.

Trama: A bordo di una nave ancorata alla foce del Tamigi, il signor Marlow racconta ai presenti la propria avventura nel cuore dell'Africa Nera, dove l'uomo aveva lavorato come comandante di battello lungo il fiume Congo, al soldo di una compagnia commerciale belga. Giunto in Africa, l'uomo è testimone della brutalità dei bianchi sugli indigeni, brutalità che aumenta man mano che Marlow risale il corso del fiume alla ricerca di Kurtz, un agente commerciale di cui non si hanno più notizie. Dopo due mesi di navigazione, turbati da apparizioni inquietanti e tracce di inaudita violenza sugli indigeni, arriva il momento dell'incontro: la solitudine ha reso Kurtz, divenuto il capo carismatico di una tribù locale, completamente folle. L'uomo è ormai moribondo, ma ha ancora la forza per raccontare l'orrore della propria esperienza...

Commento: Cuore di tenebra è un racconto particolare. È basato sull'esperienza personale di Conrad a bordo di un battello a vapore sul fiume Congo - il cui nome non viene mai rivelato nel corso della narrazione - che nel romanzo diventa l'allegoria di una vera e propria discesa agli inferi. Il volto del colonialismo europeo, che nel Congo belga scrisse alcune delle sue pagine più nere, emerge vividamente attraverso le pagine del libro, fino a concretizzarsi nelle ultime parole di Kurtz, "l'orrore! l'orrore!". È questo il cuore di tenebra, sepolto nella foresta vergine e lontano da occhi indiscreti. Da notare, infine, le enormi similitudini tra il romanzo di Conrad e il film "Apocalypse Now" di Francis Ford Coppola: il regista, infatti, ha dichiarato di essersi ispirato ad esso.

domenica 15 luglio 2012

Undici anni dopo

Questo post vaga nella mia testa da un paio di giorni. Ogni volta che provo a dare ordine ai miei pensieri, mi ritrovo a fissare il foglio bianco con sguardo assente, perchè non è facile scrivere quando ogni singola fibra del tuo corpo, ogni singola sinapsi, è satura di rabbia e impotenza. Non è possibile provare altro ripensando al G8 di Genova, alle recenti sentenze e alla totale disparità di giudizio tra imputati con e senza divisa.

Da un lato abbiamo visto attenuanti, prescrizioni e condanne a dir poco simboliche, come i cinque anni di sospensione dai pubblici uffici, poco più di una lunga vacanza, comminati ai dirigenti di pubblica sicurezza che guidarono il blitz alla scuola Diaz o gli anni di carcere - al massimo tre - inflitti ai torturatori di Bolzaneto. Abbiamo visto gente come Gianni De Gennaro, all'epoca capo della polizia, fare carriera e diventare sottosegretario.

Dall'altra abbiamo visto l'accanimento dello Stato nei confronti degli arrestati, alla richiesta di condanne esemplari per "devastazione e saccheggio", residuo della legislazione fascista, o per "compartecipazione psichica", una trovata degna di Orwell. Condanne che sono state confermate dalla Corte di Cassazione il 13 luglio di questo anno.

Al di là della cronaca, il G8 di Genova ci offre diversi spunti di riflessione. In primo luogo ci mostra come lo Stato riesca sempre a trovare il modo di proteggere i propri servitori, anche quando questi si macchiano di reati odiosi. Lo dimostra ampiamente il processo per la mattanza della Diaz in cui, tra l'altro, sono stati assolti dall'accusa di lesioni nove celerini: in parole povere, il braccio rimane impunito perchè gli agenti non indossano segni di riconoscimento, mentre la mente viene semplicemente mandata in vacanza, ma solo per evitare problemi con Amnesty International che, a suo tempo, definì questi fatti come "la più grande sospensione dei diritti democratici in una nazione occidentale dalla Seconda Guerra mondiale".

Questo ci riporta immediatamente al secondo punto. Può essere considerato "democratico" un paese in cui sono ancora in vigore leggi approvate durante un regime dittatoriale? Il codice penale italiano è, infatti, il frutto di un percorso quinquennale compiutosi tra il 1925 e il 1930, anno in cui il cosiddetto "codice Rocco" venne promulgato ufficialmente da re Vittorio Emanuele III e da Benito Mussolini. Nonostante la caduta del fascismo, la nascita della repubblica, la promulgazione di una costituzione "democratica", il codice Rocco è ancora lì, quasi intonso dopo più di ottanta anni. Inoltre, si può considerare "democratico" un paese in cui non è stato introdotto il reato di tortura? L'Italia ha firmato nel 1988 la convenzione ONU contro la Tortura eppure in ventiquattro anni non è stato fatto un solo passo per giungere ad una sua ratifica. L'introduzione del reato di tortura avrebbe impedito la prescrizione per i torturatori di Bolzaneto.

L'introduzione della cosiddetta "compartecipazione psichica" apre scenari ancora più inquietanti. Con questo cavillo, infatti, non si vanno a punire le singole responsabilità, bensì la sola presenza sul luogo ove si compie il fatto. In parole povere si punisce il diritto a manifestare, si crea l'idea che il solo scendere in piazza sia fonte di colpevolezza, aprendo così la strada alla repressione. Allo stesso modo, come giustamente riportato nella pagina FB di Femminismo A Sud, si è venuto a creare un clima "normalizzante" nei confronti della violenza poliziesca sui manifestanti. Ad ogni manifestazione siamo inondati da notizie che parlano di sedicenti scontri - anche quando in realtà si tratta di cariche a sangue freddo - corredate da immagini di manifestanti sanguinanti e con la testa rotta: un modo subdolo e sottile per far passare il messaggio che chi viene pestato in piazza dalla polizia è per forza colpevole di qualcosa.

Alla luce di queste riflessioni, e sicuramente me ne sono sfuggite altrettante, è più che ragionevole pensare che il G8 di Genova e i relativi processi siano stati un enorme banco di prova per tecniche di dittatura, tanto più se si osserva con attenzione la situazione attuale, in cui le tensioni sociali si fanno sempre più esplosive.

domenica 24 giugno 2012

Odore di terra


L'urbanizzazione ha fatto sì, tra le tante altre cose, che il cittadino, qui inteso come uomo abitante della città, abbia subito un distacco quasi totale dalla terra. Questa affermazione diventa tanto più vera se si pensa che nelle grandi città è difficile trovare un bambino che abbia visto dal vivo una gallina o una mucca. Gli unici che hanno ancora un rapporto sano con la terra sono i nostri vecchi, quelli che, dopo aver abbandonato le campagne o le montagne per trasferirsi nei grandi - o piccoli - agglomerati urbani, hanno continuato a coltivare piccoli appezzamenti di terra nel giardino di casa. 

Tra di loro c'era anche mio nonno. Buona parte dei ricordi della mia infanzia sono collegati alla sua figura intenta a lavorare nell'orto mentre controllava il grado di maturazione di pomodori e zucchine reggendo tra le sue forti mani da muratore una vanga. Mi ricordo anche il sapore delle verdure che coltivava, un sapore che non si può ritrovare in quelle acquistate al supermercato, così insipide da sembrare quasi finte. Bene, da ieri il testimone è passato nelle mie mani. Dopo anni di incuria quel piccolo pezzo di mondo contadino assediato dal cemento ha un nuovo guardiano, il sottoscritto. Certo, è faticoso. Dissodare le zolle sotto il solleone, eliminare le erbacce a mani nude (già, ho scordato i guanti!), sporcarsi di terra da capo a piedi possono sembrare attività poco attraenti e molto poco appaganti. Di sicuro non è un qualcosa che può aiutare a far colpo su di una ragazza, tuttavia secondo me è una delle cose più belle del mondo. Si tratta di un ritorno alle origini, di un riprendere contatto con quella che è al tempo stesso la nostra casa e la nostra genitrice. Si tratta di assistere ogni volta allo spettacolo del seme che si trasforma in germoglio che a sua volta si trasforma in pianta fruttifera. Si tratta di instaurare nuovamente un rapporto che negli ultimi secoli è andato sempre più deteriorandosi... perchè soltanto un uomo che non ha mai conosciuto la terra può accettare passivamente la distruzione del pianeta in nome di un sedicente "progresso".

domenica 17 giugno 2012

Pane e vino

Per un motivo o per l'altro, o per una serie di fortuite coincidenze (anche se il sottoscritto non è molto propenso a credere all'esistenza delle stesse), la mia carriera lavorativa è sempre stata collegata alla produzione di cibo. Ho lavorato nei campi, raccogliendo mele e uva, ho imbottigliato acqua minerale, vino, birra, ho confezionato pane e derivati.

Apparentemente non è nulla di diverso dal lavoro in catena, fatto di gesti codificati ripetuti all'infinito, fino a perdere qualsiasi significato, fino a diventare alienanti. Eppure, quando si ha a che fare con il cibo, il tutto assume una valenza completamente diversa: quello che ti passa tra le mani non è un oggetto inerte come può essere un cacciavite o un componente elettronico, bensì vita, fonte di nutrimento per altre persone. Inoltre panificazione e vinificazione sono attività antiche come la civiltà stessa, anzi, sono l'essenza stessa della civiltà. Attività che nel corso dei secoli e dei millenni si sono trasformate e modernizzate, fino a perdere la loro funzione primaria, quella di sfamare, per diventare fonte di profitto. Ed è proprio qui che iniziano i problemi, visto che produzione industriale significa anche scartare tutto ciò che non risponde agli standard, tutti i prodotti troppo piccoli o troppo grandi, quelli troppo cotti, eccetera. Nel momento in cui lo scarto può essere riutilizzato, come ad esempio in una acciaieria o in una vetreria, non vengono a crearsi grosse problematiche; tuttavia destinare tonnellate di pane e altri alimenti alla distruzione, nel momento in cui milioni di individui non hanno di che sfamarsi, è un vero e proprio crimine contro l'umanità.


Ps. Chiedo scusa per eventuali errori/sviste, ma i turni di notte mi mandano in pappa il cervello...

sabato 19 maggio 2012

Quando il media diventa sciacallo

Il giornalismo italiano non si smentisce mai; non c'è omicidio, rapimento, evento di cronaca nera che non si trasformi in una ghiotta occasione per gettare in pasto al pubblico la vita privata delle vittime e il dolore di parenti e amici. Questo squallido copione si è ripetuto anche oggi, con la bomba esplosa a Brindisi. In men che non si dica sulle pagine web dei maggiori quotidiani nazionali sono comparse gallerie fotografiche della vittima, ottenute saccheggiando il suo profilo Facebook, senza curarsi della volontà dei parenti o del semplice pudore. Allo stesso modo i telegiornali hanno mostrato una profusione di lacrime e sofferenza, il tutto per soddisfare il morboso interesse del pubblico. D'altra parte per l'audience le reti televisive e i media in genere sono disposti a fare di tutto. E hanno ancora il coraggio di chiamarlo "diritto di cronaca".

domenica 13 maggio 2012

Strana Italia

Negli ultimi giorni sono successe un bel po' di cose su cui varrebbe spendere almeno una parolina. Complice il lavoro alla Weinkellerei che mi tiene impegnato quelle 10 ore al giorno, lasciandomi ben poco tempo da dedicare alla scrittura, mi vedo costretto a condensare il tutto in un post-zibaldone.

Partiamo con il ferimento di Roberto Adinolfi, dirigente di Ansaldo Nucleare, a Genova. La rivendicazione recapitata al Corriere della Sera  - qui leggibile - sembra chiarire la matrice anarco-insurrezionalista del gesto. Come nota il buon Mazzetta in un post sul suo blog, il testo non risulta del tutto convincente, a partire dal nome sbagliato di Bakunin e finendo con certa terminologia abbastanza atipica. Tralasciando il documento di rivendicazione, guardiamo un secondo alle reazioni del governo che, per bocca del ministro Cancellieri, ventila addirittura l'utilizzo dell'esercito per proteggere eventuali obiettivi sensibili. Dichiarazione piuttosto curiosa visto che segue di pochi giorni l'allarme della Commissione Europea, secondo cui sarebbe necessaria una ulteriore manovra correttiva per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. Una ennesima richiesta di sacrifici, capace di incendiare ulteriormente gli animi già esasperati di chi ha già versato lacrime e sangue. Probabilmente sono solo un malpensante, però se ci mettiamo anche la nomina di De Gennaro a sottosegretario...

Passiamo alla marcia per la vita che si è tenuta oggi a Roma. Un rigurgito reazionario, capace di riunire soggetti come Forza Nuova, Militia Christi e i sedicenti "parlamentari per la vita", che vorrebbe cancellare il risultato di anni di lotte, oltre all'esito di uno dei referendum più partecipati della storia repubblicana. Il tutto con il patrocinio del comune di Roma e del sindaco Alemanno, lo stesso che regala milioni a Casa Pound per "comprare" la sede romana del movimento. Una cosa del genere sembra preannunciare una svolta reazionaria e conservatrice simile a quella avvenuta in Spagna con il governo Rajoy, che ha reintrodotto diverse misure restrittive contro l'aborto, cancellando alcuni progressi realizzati dal socialista Zapatero. Guardando le foto non si può non notare l'elevato numero di religiosi. Gente che per libera scelta ha deciso di rinunciare a procreare facendo voto di castità, ma nonostante questo si sente in diritto di imporre i propri precetti morali a tutta l'umanità, magari rimpiangendo i bei tempi di Torquemada. Come se ciò non bastasse a fare numero sono stati chiamati anche parecchi figuranti pagati, come si può leggere in questo post di Femminismo a Sud. La fiera del grottesco.

domenica 6 maggio 2012

Diventare zio

Ci sono poche cose al mondo in grado di far riflettere profondamente una persona quanto la nascita e la morte. D'altra parte si tratta del punto d'inizio e della conclusione del percorso biologico di ogni individuo umano e non, quindi penso sia più che lecito e normale porsi qualche domanda sul senso di tutto questo, a meno ovviamente di avere la profondità e la sensibilità di una pozzanghera. 

Di norma ho sempre evitato riflessioni troppo personali ed intimiste in questo blog, tuttavia in questa domenica uggiosa sento l'impellente bisogno di esternare un po' di pensieri che mi frullano dalla testa da quando, un paio di mesi fa, ho scoperto che questo autunno sarei diventato zio. La notizia mi ha scombussolato un po', sia perchè è arrivata piuttosto inaspettata, sia perchè mi ha spinto ad interrogarmi su quelle che saranno le condizioni del pianeta quando nascerà mio nipote. Sicuramente sarà un mondo profondamente diverso rispetto a quello in cui sono cresciuto io, così come il mio è stato diversissimo da quello dell'infanzia dei miei genitori, per tutta una serie di fattori sociali, economici, culturali, ma anche e soprattutto  per via di fattori di carattere ambientale. L'inquinamento, il surriscaldamento globale e le loro conseguenze - desertificazione, innalzamento degli oceani, eccetera - sono minacce reali e sono in grado di modificare radicalmente il pianeta, innescando reazioni a catena impossibili da controllare. Questo processo ormai va avanti da decenni, ma probabilmente a pagare il prezzo maggiore delle sue conseguenze sarà proprio la generazione di mio nipote e dei miei figli, ammesso che ne abbia.

Non so spiegarlo bene, però è come se sentissi una sorta di responsabilità intergenerazionale nei loro confronti. Forse è per questo che ho iniziato a documentarmi sui cambiamenti climatici in atto, sulle loro cause e sui loro effetti, analizzando documentazione di vario tipo e iniziando a giungere a determinate conclusioni (è anche per questo che sto aggiornando poco il blog in questo periodo). Sono perfettamente consapevole che un'azione individuale ha un peso pressoché nullo se sull'altro piatto della bilancia ci sono ben sette miliardi di persone. Tuttavia la somma di tante azioni individuali può spostare l'ago della bilancia in una direzione piuttosto che in un'altra, quindi, nonostante una certa venatura di pessimismo cosmico, sono piuttosto ottimista circa una possibile inversione di rotta. La chiave di tutto sta nell'informazione e nella consapevolezza che tutto dipende da noi.

martedì 1 maggio 2012

Primo maggio e lavoro

Approfitto del primo maggio e di alcuni dati che sono stati resi pubblici di recente, per parlare delle condizioni abbastanza disastrose in cui versano il lavoro e i lavoratori in Italia. Se già l'anno scorso non ero molto ottimista, come testimonia la conclusione di questo post, ora sono sprofondato in una sorta di pessimismo cosmico di leopardiana memoria.

In effetti i dati divulgati dalla ILO (International Labour Organisation) sulla disoccupazione sono tutt'altro che positivi. Nell'ultimo trimestre del 2011, infatti, la percentuale dei senza lavoro è arrivata al 9,7%, pari a 2,1 milioni di persone. Il dato è comunque parziale, in quanto non tiene conto dei circa 250.000 cassaintegrati e dei circa 300.000 esodati. Le percentuali salgono ad un incredibile 32,6% - uno dei valori più alti all'interno dell'Unione Europea - se si parla di disoccupazione giovanile. Attualmente trovare un lavoro è talmente difficile che ben il 5% dei disoccupati ha definitivamente rinunciato a cercare un impiego, mentre circa 1,5 milioni di giovani sono classificabili come Neet, ovvero come ragazzi che non lavorano nè seguono corsi di formazione professionale. Questi due dati sono abbastanza eloquenti e dipingono alla perfezione il clima di sfiducia che si è venuto a creare nei confronti del mondo del lavoro.

Le brutte notizie colpiscono anche chi un lavoro è riuscito a trovarlo. Gli assunti con contratti a tempo determinato o part time hanno raggiunto rispettivamente il 13,4% e il 15,2% dei lavoratori regolari. Inoltre il 50% dei contratti part time e il 68% di quelli a tempo determinato non sono frutto della libera scelta del lavoratore: in parole povere sono veri e propri ricatti, della serie "o accetti queste condizioni o te ne stai a spasso". L'unica soluzione che il governo è riuscito ad escogitare è una ulteriore deregolamentazione del mondo del lavoro che comporterà un'ennesima rinuncia ai diritti conquistati con le lotte dell'ultimo secolo. Come se il vero problema dell'Italia fosse l'articolo 18 e non la corruzione a livelli da repubblica delle banane. O le grandi aziende come Fiat e Piaggio che preferiscono delocalizzare rispettivamente in Serbia o in India per continuare ad avere utili da record pagando meno la manodopera.

Concludo parlando brevemente del concerto del primo maggio a Roma, visto che la giornata è anche questo. O solo questo per qualcuno. Durante dei controlli di routine durante il montaggio del palco, i carabinieri hanno riscontrato numerose violazioni in materia di sicurezza del lavoro, denunciando 8 persone e comminando ben 43.000 euro di multe. Una situazione un po' paradossale visto che l'evento è organizzato da chi si riempie da sempre la bocca di parole sulla sicurezza dei lavoratori e che rappresenta perfettamente quello che accade con gli appalti a ribasso: costi inferiori si ottengono o risparmiando sui materiali, oppure sulla sicurezza dei lavoratori (spesso in nero, anche se non in questo caso). Sembra veramente che non si sia imparato nulla da quanto accaduto mentre si montavano i palchi della Pausini o di Jovanotti, tanto da spingere il Collettivo Autorganizzato Operai dello Spettacolo Live di Roma a scrivere questa lettera agli artisti che si esibiranno oggi in piazza S. Giovanni.

Ma tanto l'importante è godersi il concerto fregandosene del lavoro - e delle sue condizioni - che ci sono dietro, vero sedicenti rivoluzionari della domenica mantenuti da papi?

lunedì 23 aprile 2012

Il feticcio e la mela

Stamattina ho visto qualcosa che ha dell'incredibile. In un primo momento ho pensato che potesse essere il frutto di qualche allucinazione prodotta da un risveglio brusco e piuttosto spiacevole, per cui ho rivisto il tutto un altro paio di volte, giusto per fugare ogni dubbio e giungere così ad accettare la triste realtà: era tutto vero. La "sconvolgente visione" altro non è che il video (lo trovate qui) l'inaugurazione di un Apple Store - l'ennesimo - in quel di Roma. 

A sconvolgermi non sono tanto le file chilometriche o il fatto che ci sia gente accampata fuori dal negozio per assicurarsi di arrivare prima di altri al tanto agognato gingillo elettronico. D'altra parte ognuno è libero di impiegare il proprio tempo libero nel modo ritenuto più consono. E poi lo sappiamo, i prodotti della Apple sono diventati un vero e proprio fenomeno di massa, uno status symbol da sfoggiare. Alla faccia del tanto decantato "think different".

A sconvolgermi sono il balletto dei dipendenti, la ola ai primi clienti che entrano nel negozio - tutti intenti ad immortalare il momento col loro Iphone - e il clima saturo di fanatismo. Tutte gestualità codificate che fanno parte di un vero e proprio rituale parareligioso, in cui l'oggetto del desiderio assurge al ruolo di feticcio del nuovo Dio dell'umanità: il capitale. Con buona pace di Nietzsche, si intende. Dio sarà pure morto, ucciso dagli stessi uomini, ma il suo sostituto, forse, è anche peggio.

domenica 22 aprile 2012

Segnalazione sito: veganando.it

Approfitto di questo post, oltre che per dimostrare a tutti che sono ancora vivo, per segnalare la pagina web curata da due miei cari amici e dedicata alla cucina vegana: veganando.it

Sul sito è presente anche una ricetta del sottoscritto - ebbene sì, faccio coming out, sono vegano - che ha proposto un fantastico quanto insolito risotto alle mele (l'immagine di accompagnamento al post non è altro che il risotto in questione impiattato). Cucinare è una delle mie passioni segrete, così come la sperimentazione tra i fornelli, quindi penso proprio che in futuro su veganando - che è costantemente aggiornato - compariranno altre ricette proposte dal sottoscritto. Date un'occhiata al sito, anche se non siete vegani o vegetariani, provate anche voi qualche ricetta, consigliatelo ai vostri amici: ve ne saremo grati :)

domenica 15 aprile 2012

Quel 28 maggio non è successo nulla

Il 28 maggio 1974 a Brescia, in piazza della Loggia, non è successo assolutamente nulla. Nessuna manifestazione antifascista, nessuna bomba dentro ad un cestino, nessun morto e nessun ferito. Perchè lo Stato ha deciso che per quella strage, una delle tante che ha insanguinato la penisola nel secondo dopoguerra, non esistono colpevoli. 

Perchè l'assoluzione in appello di Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte e del generale dei carabinieri Francesco Delfino, oltre all'inammissibilità dei ricorsi contro Pino Rauti, presentati da due delle parti civili, che ora dovranno sobbarcarsi pure il pagamento delle spese processuali, significa soltanto questo. Alla fine il lungo lavoro di depistaggio, iniziato il giorno stesso della strage, quando i vigili del fuoco pulirono il selciato con le autopompe distruggendo una quantità enorme di prove prima che queste fossero raccolte e analizzate, è riuscito nel proprio intento. Quale? Quello di impedire il raggiungimento di una verità processuale super partes in grado di bloccare l'emergere di zone grigie, da sempre terreno fertile per balzane teorie - vedi quella della presunta doppia bomba a piazza Fontana, riproposta anche nel film di Marco Tullio Giordana - e revisionisti di ogni tipo che in Italia trovano terreno più fertile che altrove. D'altra parte siamo anche uno dei paesi con la più grande tradizione di apparati deviati dello Stato, servizi segreti collusi e tentativi golpisti più o meno bianchi. Chi manovrava i fili è morto da tempo o tiene la bocca rigorosamente cucita, mentre lo Stato, il 14 aprile come tante altre volte in passato, assolve se stesso.




venerdì 13 aprile 2012

Recensione: Aldous Huxley - L'isola

Autore: Aldous Huxley
Titolo: L'isola
Casa Editrice: Oscar Mondadori
Anno: 2011 (XV ristampa)
Prezzo: 10,00 €

Una delle più grandi colpe del sottoscritto è stata quella di accantonare, momentaneamente si intende, le recensioni di libri. Il motivo è abbastanza semplice: senza un lavoro fisso e con entrate tutt'altro che stabili è piuttosto difficile riuscire a comprarsi libri freschi di stampa, visto il costo esorbitante che tendono ad avere le nuove uscite editoriali. Tuttavia, la storia della letteratura mondiale è piena di classici che vale la pena (ri)leggere, quindi, salvo rare eccezioni, a partire da oggi mi concentrerò proprio su volumi di questo tipo.

Trama: Naufragato sulle coste inaccessibili dell'immaginaria isola di Pala, un viaggiatore del nostro tempo fa conoscenza con una cultura che si avvicina alla perfezione. Gli abitanti dell'isola, infatti, quasi completamente isolati da ogni contatto con l'esterno, hanno tentato di realizzare un progetto di società ideale, basata sul superamento di ogni complesso, sull'ampliamento della consapevolezza e sulla fusione armonica con la natura. Ma anche questa moderna, solare Utopia è destinata a venire travolta dalla barbara violenza della "civiltà" moderna. (Estratto dalla quarta di copertina)

Commento: Scritto una trentina di anni dopo "Il mondo nuovo", "L'isola" sembra rappresentare una sorta di risposta utopica di Huxley allo scenario distopico da lui stesso creato nel romanzo del 1932. Quella presente sull'isola di Pala è una società frutto di una commistione tra moderno sapere scientifico e millenaria tradizione spirituale orientale, quella stessa tradizione che stregò lo scrittore britannico, in cui progresso scientifico e progresso spirituale vanno di pari passo, puntellandosi a vicenda. A fare da contraltare a questo vero e proprio paradiso terrestre vi è il vicino stato di Rendang, afflitto dalla sovrappopolazione e da una povertà, e governato da un feroce regime militare. In questo vicino bellicoso Huxley concentra tutte le qualità negative della moderna società occidentale, a partire dal desiderio di rapina e prevaricazione. Una sorta di "memento" che, al lettore meno distratto, non può che far tornare alla mente "Ritorno al mondo nuovo"...

mercoledì 28 marzo 2012

Il suicidio dei lavoratori e il sistema capitalista

Piccola riflessione in velocità aspettando che lunedì mi ritorni la connessione. Nella sua opera "Le suicide. Étude de sociologie", Emile Durkheim sostiene che il suicidio è un segno di insuccesso della società. Per rendersi conto di quanto questa affermazione è intrinsecamente vera basta dare un'occhiata ai vari quotidiani nazionali oppure, se vogliamo spaziare su di un orizzonte più ampio, alle statistiche sui suicidi in Grecia o in Cina.

Nel paese ellenico, schiacciato dalla recessione e massacrato dalle manovre economiche imposte dalla BCE, il tasso di suicidi tra i cittadini adulti è aumentato nel 2011 di circa il 40% rispetto all'anno precedente. A dirlo è lo stesso ministero della Salute di Atene, i cui dati sono stati ripresi tanto dal Wall Street Journal, quanto dal Corriere della Sera. In Cina, invece, troviamo il caso emblematico della Foxconn, società che produce tra le altre cose gli Iphone e gli Ipad - i nuovi status symbol per il giovane occidentale che non deve chiedere mai -  per conto della Apple, divenuta tristemente famosa per l'incredibile tasso di suicidi tra i propri dipendenti. Nonostante l'azienda sia "corsa ai ripari", facendo firmare a tutti i lavoratori una impegnativa in cui questi promettevano di non suicidarsi, quest'anno a gennaio ben trecento operai hanno minacciato di gettarsi dal tetto dello stabilimento di Wuhan. Riporto* quanto scritto dal Corriere della Sera per descrivere al meglio la situazione:
 Stando a quanto riferito dagli attivisti del gruppo per i diritti umani China Jasmine Revolution, la disputa è scoppiata all'inizio dell'anno, a seguito della richiesta di un aumento di stipendio per 100 dipendenti dell'impianto di Wuhan, capoluogo della provincia centrale dell'Hubei. La paga mensile di un operaio si aggira infatti intorno ai 2 mila yuan al mese, equivalenti all'incirca a 245 euro. Foxconn avrebbe risposto alla loro richiesta lanciando un ultimatum: i lavoratori potevano dimettersi con una buonuscita di mese di stipendio per ogni anno lavorato nell'azienda o tornare al lavoro. Molti dipendenti avrebbero quindi lasciato il posto, senza però ottenere quanto promesso. A quel punto, il 3 gennaio, 300 operai sono saliti sul tetto dello stabilimento, minacciando il suicidio. «Ci sentiamo senza prospettive, per questo abbiamo minacciato il suicidio di massa», ha raccontato al Telegraph un operaio.
Scavando un po' al di sotto della superficie di queste notizie di cronaca, possiamo giungere a determinate conclusioni. In Europa l'interruttore che può far scattare il suicidio in un disoccupato è la sistematica delusione delle aspettative che la società ripone nel singolo individuo. Pensiamoci bene: quando un uomo è considerato un vincente o comunque una parte vitale del tessuto sociale? Semplice, quando lavora e quando riesce a mantenere se stesso e la sua famiglia senza dover ricorrere all'aiuto di persone o enti esterni al proprio nucleo familiare. La perdita del lavoro e dell'indipendenza economica è quindi vissuta come una vera e propria umiliazione, il cui peso può diventare insostenibile. In Cina, e negli altri paesi dove solitamente le aziende occidentali delocalizzano la produzione, a uccidere sono le condizioni di lavoro insostenibili e le tutele pressoché assenti. Uno scenario che ricorda da vicino quello dell'Inghilterra durante la rivoluzione industriale, fatto di salari ridotti all'osso, lavoro massacrante e alienazione: quanto basta per togliere la voglia di vivere a qualsiasi individuo. 

E in Italia? Purtroppo non sono riuscito a trovare dati recenti, ma spulciando sulla rete sono comunque riuscito a racimolare qualche informazione interessante. Da uno studio dell'Eures, intitolato "Il suicidio in Italia al tempo della crisi. Caratteristiche, evoluzioni e tendenze", si può evincere come nel 2009, anno in cui la crisi economico-finanziaria ha iniziato a farsi sentire anche nel Belpaese, i suicidi siano aumentati di quasi il 6% rispetto al 2008. Ora, considerando il peggioramento globale delle condizioni di vita dei salariati italiani e l'aumento spropositato del costo della vita, è difficile riuscire a sperare in una inversione di tendenza, anzi, è molto più probabile che questo aumento sia cresciuto progressivamente con il passare degli anni.

Torniamo, per concludere, a Durkheim. Pare abbastanza chiaro che il modello socio-economico capitalista, basato sullo sfruttamento tanto degli esseri viventi (umani e non), quanto della Natura e delle sue risorse, in nome del profitto e dell'accumulazione di capitale, stia mostrando ancora una volta il suo vero volto, oltre a palesare la sua inefficacia come modello perfetto e massima aspirazione per il genere umano. Il sistema capitalista è piuttosto, per usare le parole di Bauman che a sua volta cita Rosa Luxemburg, un sistema parassitario. E da che mondo è mondo i parassiti vanno debellati.

*Ho deciso di non inserire più i link degli articoli della stampa italiana per una serie di motivi che spiegherò meglio in un articolo a parte.

giovedì 22 marzo 2012

Comunicazione di servizio

Il mio rapporto conflittuale con la tecnologia segna, per il mese di marzo, uno schiacciante 2 a 0 a favore della mia antagonista. Infatti, nel giro di poco meno di una settimana, sono riuscito a farmi disattivare "per errore" la connessione Internet a casa dei miei e a bruciare il disco fisso del portatile. Insomma, un vero e proprio disastro per il sottoscritto che, oltre a scrivere su questo blog, sopravvive grazie all'attività di web writer, necessitando quindi di una connessione relativamente veloce e sicuramente più stabile di quella fornita dalla chiavetta internet che sto usando in questo momento. Aggeggio tecnologico che mi causa abnormi trabocchi di bile ogni volta che si blocca, cioè ogni cinque minuti scarsi. Fate voi il conto dei moccoli che posso aver tirato scrivendo queste poche righe. Il succo del discorso, giusto per stringere, è che finchè non mi ritornerà una linea decente non potrò aggiornare moltissimo il blog, nonostante sia in una fase di grafomania cronica. Per fortuna sto scrivendo tutto su carta, in modo che mi basterà ribattere tutto al pc, quindi preparatevi ad una futura pioggia di post. Chiudo con una piccola riflessione: quanto è svilente scoprire di essere diventati così dipendenti da una cosa astratta e voluttuaria come la rete? Che sia diventata un nuovo bisogno primario, al pari del cibo e dell'acqua, per l'homo tecnologicus?


venerdì 9 marzo 2012

Svastica

Diciotto anni fa moriva nella sua casa di San Pedro, stroncato da una leucemia all'età di 73 anni, Henry Charles Bukowski. Ora, non è mia intenzione fare il classico post apologetico in cui si decantano le virtù del compianto scrittore: non amo questo genere di cose e sono convinto che lo stesso Bukowski non apprezzerebbe. "Intanto stai scrivendo..." direte voi e a pensarci bene avete anche un po' di ragione, tuttavia lo faccio solamente per segnalare uno dei racconti meno conosciuti dello scrittore americano, "Svastica".
Il racconto è presente nell'edizione originale di "Storie di ordinaria follia", ma non in quelle italiane; una vera e propria mancanza, considerato che il brano in questione è forse uno dei più originali e meglio riusciti dell'intera opera bukowskiana. Il motivo di tale "censura" non è di mia conoscenza, ma non mi stupirebbe se fosse dovuto esclusivamente al titolo, visto che anche l'Italia della cultura ha più e più volte dimostrato di essere niente più che un'Italietta da due soldi. Ad ogni modo vi lascio con il link dove poter scaricare "Svastica" in formato digitale. Leggete e se avete voglia tornare a riferire le vostre impressioni nei commenti.


"Nella prossima vita voglio essere un gatto. Dormire venti ore al giorno e aspettare che ti diano da mangiare. Starsene seduti a leccarsi il culo. Gli umani sono dei poveretti, rabbiosi e fissati."

Chissà vecchio Buk, magari le vie misteriose del destino, quello stesso destino che ti ha salvato da una morte quasi certa nell'ospedale dei poveri, ti ha accontentato.

martedì 6 marzo 2012

Per un pugno di dollari

Ieri ho scritto un post in cui parlavo delle varie strategie che possono essere messe in atto dal potere per delegittimare un movimento di protesta, ovvero repressione e demonizzazione attraverso i media. A dire il vero ce ne sarebbe pure un'altra che ho omesso non tanto per svogliatezza, quanto piuttosto per un mio errore di valutazione. Non credevo, infatti, che il Governo fosse così alla frutta da arrivare in così poco tempo alla "fase tre". Mentre girava voce che Napolitano, l'uomo del "dialogo", non avrebbe accolto la delegazione dei sindaci valsusini - politici, amministratori, mica blecche blocche della domenica - in quanto "saturo di impegni", sul sito di Repubblica compariva questo articolo.

Eccola la "fase tre", quella dettata dalla disperazione e dalla forsennata ricerca di un consenso che in Valle non c'è e non ci sarà mai. Ecco come chi detiene le leve del potere vuole far leva, in pieno periodo di crisi, sugli istinti più gretti dell'animo umano per spingere i valsusini a firmare un patto faustiano: un pugno di quattrini in cambio della valle e delle loro anime.

L'assurda pretesa di poter monetizzare il peggioramento delle condizioni di vita di una comunità e la devastazione ambientale in una intera valle, mostra l'assoluta miopia di chi ormai è abituato a ragionare esclusivamente in termini economici, incurante del rispetto della vita umana e della Natura. E dimostra anche l'arroganza di chi non ha ancora capito nulla di quella valle e di quei coraggiosi valligiani.

Monti, Napolitano...sarà düra!

lunedì 5 marzo 2012

Di pecorelle e sciacalli mediatici

Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono. Malcom X


Cosa succede quando un'intera valle si oppone con fermezza ad un progetto che porterà benefici soltanto a pochi - ovvero alla CMC, coop rossa legata al PD, alla Rocksoil s.p.a, legata all'ex ministro Lunardi e a Impregilo - e alla criminalità organizzata? In un primo momento si lascia correre, aspettando che la protesta scemi fisiologicamente, fino a scomparire del tutto. Se questo non succede e, anzi, il movimento di protesta continua ad ingrandirsi contro ogni aspettativa, si passa alla repressione. In Val di Susa questa si è palesata con una forte militarizzazione del territorio, soprattutto nella zona del non-cantiere, attraverso la creazione di un dispositivo di sicurezza da novantamila euro al giorno, che prevede anche la presenza di svariati militari delle truppe alpine. De facto una vera e propria occupazione militare, che evidentemente non deve risultare sufficiente a Maroni che da giorni l'invio dell'esercito in valle, nemmeno si fosse ad Herat. Si passa poi a fare qualche arresto, come quelli del 26 gennaio, allo scopo di fiaccare il morale degli altri attivisti.

Qualcosa, però, va storto. Invece del risultato sperato, si ha un effetto boomerang che porta una grande ondata di solidarietà nei confronti del movimento NO TAV, come  come dimostrato dagli 80.000 che hanno manifestato a Bussoleno il 25 febbraio, dai "quattro gatti" - secondo il Corriere della Sera - del 3 marzo a Roma, nonchè dalle migliaia di partecipanti alle varie iniziative di solidarietà su tutto il territorio nazionale e non. Si passa, allora, ad un'altra strategia, molto più subdola e di più difficile individuazione, ovvero la demonizzazione del movimento attraverso un uso strumentale dei media, allo scopo di privarlo dell'appoggio popolare e motivare una successiva ondata repressiva. Il metodo è estremamente semplice e vale la pena analizzarlo un po' più nel dettaglio.

In primo luogo si procede ad una divisione tra manifestanti buoni e manifestanti cattivi, enfatizzando i presunti legami dei secondi con sedicenti internazionali dell'eversione, in modo da risvegliare l'atavico terrore dei moderati nei confronti di ogni sovvertimento dello status quo. In secondo luogo si scava nella vita di eventuali arrestati o di "personaggi di spicco" alla forsennata ricerca del marcio, fosse anche una caramella rubata all'asilo, da gettare in pasto al pubblico affamato di "scoop" e per dimostrare ancora una volta la malvagità insita in ogni individuo incapace di abbassare la testa e stare zitto. In terzo luogo si procede alla mistificazione della cronaca, sia tacendo le notizie, sia elaborandone di nuove completamente false, sia divulgando spezzoni di video o fotogrammi privati del loro contesto originario. Nell'ultima settimana di esempi ne abbiamo avuti tantissimi, tra cui:


  • gli scontri in stazione a Torino. Diverse cariche a freddo e i lacrimogeni lanciati nei treni sono stati messi in secondo piano e liquidati come risposta per il lancio di pietre da parte dei manifestanti. Evidentemente a qualcuno non andava bene l'assenza di scontri durante la grande manifestazione a Bussoleno;
  • Luca e il traliccio. Si è enfatizzato il gesto di Luca etichettandolo come sconsiderato, senza menzionare i ritardi nei soccorsi e la violazione di qualsiasi protocollo operativo da applicare in situazioni di questo tipo, ovvero interruzione della corrente e intervento dei vigili del fuoco con materassi gonfiabili. La diffusione del video della Questura, senza audio e palesemente tagliato, unita a quanto successo con Turi Vaccaro - ovvero l'applicazione delle precauzioni sopraccitate - non fa che avvalorare la tesi secondo cui la caduta di Luca non sia stata del tutto accidentale;
  • Perino e la telefonata. Lo sfogo di Perino è stato fatto passare come una sequela di insulti del tutto gratuiti. In realtà, ascoltando la registrazione della chiamata, si può facilmente notare come lo stesso Perino sia stato incalzato da Cruciani. Considerato lo stato di Perino, provato per la mobilitazione e per l'incertezza circa le condizioni cliniche di Luca, il risultato non poteva che essere questo;
  • La pecorella. Il video in cui un manifestante definisce "pecorella" un carabiniere ha fatto il giro della rete. Peccato fosse soltanto un frammento di un discorso molto più ampio, che riguardava anche temi come l'assenza di numeri identificativi sulle uniformi degli agenti. Subito sono stati scritti articoli per elevare il carabiniere in questione a cittadino modello per non aver reagito alle provocazioni - dimenticandosi che così facendo si considerano normali gli abusi e la violenza poliziesca - e a uomo del popolo perchè ha uno stipendio "proletario". Allo stesso modo si sono sprecate le citazioni di Pasolini, ma vaglielo a spiegare ai sedicenti radical chic che Valle Giulia e la Val di Susa sono due realtà un po' differenti tra di loro. Ovviamente non una parola su questo.
  • Le "aggressioni" ai giornalisti. Ben presto sono girate voci riguardanti presunte aggressioni fisiche ai danni dei cronisti, la più famosa delle quali è quella presunta ai danni della troupe del Corriere della Sera. Peccato che sia stata gonfiata ad arte, come si evince da questo servizio di Sky. In effetti insulti e minacce ci sono state, ma da parte delle forze dell'ordine. Nonostante questo c'è stata una levata di scudi in difesa della libertà di stampa;
Ora sorge spontanea una domanda: può esistere la libertà di stampa in un paese come l'Italia? La risposta è no. Non può esistere laddove la maggioranza dei giornali è organo di partiti o movimenti politici oppure è controllata da grandi gruppi editoriali, come nel caso dei maggiori quotidiani nazionali, il Corriere della Sera che fa capo alla RCS Mediagroup e La Repubblica che è nella "scuderia" del Gruppo Editoriale l'Espresso a sua volta controllato dalla CIR di de Benedetti. Non può esistere nemmeno laddove, a fianco delle penne blasonate che firmato gli editoriali e gli articoli di opinione, esiste un esercito di precari senza tutele: si può essere veramente liberi di scrivere ciò che si pensa con la spada di Damocle della scadenza del contratto a progetto? Francamente penso proprio di no.






giovedì 1 marzo 2012

Sedicente editoriale: ed è arrivato marzo

Alla fine è arrivato marzo. La primavera è alle porte e forse vale la pena fare un po' il bilancio dell'attività di questo piccolo angolo della rete, magari provando a buttare giù qualche idea per il futuro. In realtà si tratta solamente di un modo nemmeno tanto ingegnoso di auto-lodarmi, ma vabbè.

Partiamo dai numeri. Nei primi due mesi del 2012, nonostante avessi abbandonato completamente il blog da ottobre, ho potuto riscontrare un incremento nel numero di visitatori, tanto che il loro numero è costantemente sopra i trecento mensili, con una tendenza all'incremento. Il tutto senza che il sottoscritto abbia mai fatto molto per sponsorizzare questa pagina, a parte mettere RSS Graffiti su Facebook. Sono cose che fanno indubbiamente piacere, specialmente quando si è quasi completamente privi di autostima come il sottoscritto. Le pagine più visitate sono quelle su Andrej Chikatilo, la recensione de "L'ombra dello scorpione" e una mia riflessione su Huxley.

Per il futuro, quindi, cercherò di orientarmi in questo senso, cercando di impegnarmi a realizzare almeno un post serio a settimana, con tutto il corollario di sfoghi e altre amenità. Per quanto riguarda la recensioni, temo che bisognerà aspettare un po', visto che disoccupazione e costo esorbitante dei libri in Italia non vanno molto d'accordo. Potrei puntare sugli e-book - cosa che in effetti vorrei fare - ma prima dovrei recuperare un reader, visto che dopo 10 minuti di lettura al pc mi si incrociano gli occhi. Ma non temete, ne arriveranno anche altre...prima o poi.

mercoledì 29 febbraio 2012

Un patrimonio che cade a pezzi

Il patrimonio artistico e culturale italiano è, con i suoi quarantasette siti Unesco, oltre tremila musei e più di duemila tra siti ed aree archeologiche, uno dei più vasti e variegati al mondo. Opere e reperti che si possono collocare su di un arco temporale che va dalla preistoria ai giorni nostri e che potrebbero richiamare milioni e milioni di visitatori ogni anno, se solo fossero valorizzati abbastanza.

Lo spunto per scrivere questo post mi è venuto leggendo un articolo comparso ieri sull'edizione online del Corriere della Sera, in cui vengono descritte le condizioni vergognose in cui versa la necropoli etrusca di Cerveteri. Sintetizzando al massimo, per chi non avesse voglia di leggersi tutto l'articolo, si può tranquillamente affermare che il sito archeologico è praticamente abbandonato a sè stesso e al saccheggio dei tombaroli (con la copertura, nemmeno troppo velata, di parte degli apparati di governo locale), mentre il numero dei turisti è in costante calo, nonostante la vicinanza ad un porto importante come Civitavecchia e la tutela Unesco del 2004. 

Purtroppo non si tratta di un caso isolato, come ci dimostrano i continui crolli di Pompei, ma di una situazione gravissima ed endemica su (quasi) tutto il territorio nazionale. Laddove non è l'incuria a fare danni, ci si mette la speculazione edilizia, come nel caso della necropoli punica di Tuxiveddu a Cagliari, la più grande ancora esistente, che corre il serio rischio di essere sepolta da una colata di cemento. Oppure le discutibili modalità di restauro, come per il Colosseo, dove pare che ad effettuare i lavori non saranno i restauratori ma semplici operai edili (nulla togliere ai muratori, visto che mio nonno lo è stato per tutta la vita). Infine c'è anche la sordità della politica e tra i tanti esempi che si potrebbero fare ne scelgo due che ho ad un tiro di schioppo da casa: la Certosa di Calci e le navi romane di Pisa. La prima cade letteralmente a pezzi, mentre le altre sono da anni nel limbo della mancanza di fondi e, nonostante diverse sollecitazioni, nessun ministro competente si è mai occupato di loro. Questo giusto per fare qualche esempio, visto che per fare un elenco di tutte le situazioni di questo tipo ci vorrebbe una vita intera.

Sembra incredibile, ma anche quando si fa qualcosa di sensato c'è sempre qualcuno pronto a lamentarsi, come nel caso della teca dell'Ara Pacis. L'opera di Meier può non piacere dal punto di vista soggettivo, ma non si può negare la sua utilità nel preservare un bene archeologico, vista la quantità di veicoli che transita per il Lungotevere.

Qualcuno dirà che con la crisi in atto ci sono ben altri problemi e altre priorità. Perfetto, però pensate un attimo a quanti posti di lavoro si potrebbero creare, soprattutto in aree economicamente depresse, come il Mezzogiorno e le isole. Occupazione che non rischierebbe di venire meno con una delocalizzazione e che aiuterebbe lo sviluppo delle comunità locali. Invece no, meglio scavare tunnel che porteranno ricchezza ai soliti noti e comprare bombardieri di ultima generazione.

lunedì 27 febbraio 2012

Due secondi di libero sfogo

Manganelli lo aveva detto che in val di Susa si sta cercando il morto, dimenticandosi però di specificare da che parte. Come se non fossero bastati i sassi lanciati dai cavalcavia sui manifestanti, i lacrimogeni ad altezza d'uomo e dentro i vagoni oppure le cariche in stazione a Torino, a spiegarlo ulteriormente c'è quello che è successo oggi durante il blitz per allargare il non-cantiere. Lo spiegano in maniera piuttosto eloquente il volo di Luca da venti metri di altezza, il ritardo criminale nei soccorsi e il comunicato abbastanza delirante della Questura di Torino, che non concorda minimamente con quanto detto da Luca a Radio Blackout. Ma d'altra parte si sa, quando c'è di mezzo la polizia italiana c'è sempre il rischio concreto di scivolare...dalle scale o da una finestra della Questura...

Come se non fosse sufficiente questo a farmi imbestialire ci si mettono pure i soliti idioti sui social network, con commenti pregni di significato come "andasse a lavorare". A voi consiglio con tutto il cuore una buona lettura della Divina Commedia: gli ignavi non fanno una bella fine.

mercoledì 22 febbraio 2012

Geni e discriminazione

La paura e l'ostilità nei confronti del diverso hanno accompagnato l'umanità sin dalla notte dei tempi, basti pensare al concetto di "bàrbaros" tipico della grecità e della cultura classica, o alla "limpieza de sangre" tanto cara alla corona spagnola del quindicesimo e sedicesimo secolo, fino ad arrivare ai nostri giorni. Nel corso della storia sono esistite ed esistono tuttora diversi tipi di discriminazione: in base all'orientamento sessuale, in base all'appartenenza etnica o religiosa e in base al genere. Negli USA, che sono sempre all'avanguardia in tutto, ne è emersa una nuova forma, altrettanto subdola e vigliacca: la discriminazione su base genetica.

La vicenda di Pamela Fink, raccontata in questo articolo, è paradigmatica. La donna, infatti, sarebbe stata licenziata dopo aver rivelato ai suoi datori di lavoro l'esito di un test genetico che evidenziava la sua predisposizione al cancro al seno. Sia ben chiaro che la predisposizione ad una malattia non implica in alcun modo la certezza matematica dell'insorgere della stessa, ma soltanto una probabilità più alta di svilupparla rispetto ad un individuo non predisposto. Purtroppo pare che non si tratti di un caso isolato, visto che la relazione annuale dell'Equal Employment Opportunity Commission parla di ben 245 casi di discriminazione genetica avvenuti nel 2011, con un aumento del 20% rispetto all'anno precedente. Un trend molto poco incoraggiante, nonostante l'entrata in vigore del Genetic Information Nondiscrimination Act (GINA) del 2008 che dovrebbe appunto tutelare i lavoratori da discriminazioni di questo tipo.

La notizia mi ha fatto ricordare un corso di filosofia morale che ho seguito in quel di Trento, quando ero ancora un giovincello entusiasta che riteneva l'università un luogo di cultura, crescita e libero scambio di idee. Tale corso era incentrato sulla bioetica e in una lezione si parlò proprio di questo argomento, visto che solleva problemi di tipo etico-morale non indifferenti. In primo luogo, che fare se un giorno lo screening genetico venisse assimilato al narcotest diventando così conditio sine qua non per poter ottenere un qualsiasi posto di lavoro? Io non sono certo di voler sapere se il mio corredo genetico aumenta il rischio che possa contrarre questa o quella malattia, visto che conoscendomi potrei cadere nel tunnel senza uscita dell'ipocondria. 

In secondo luogo, come può il futuro di un individuo dipendere da una probabilità statistica che non sarà mai indice di certezza assoluta? Nulla prova che una persona con un profilo biologico X sia un lavoratore migliore o peggiore di chi possiede un profilo Y o Z. L'unica differenza sta nel fatto che, qualora insorgesse una malattia, l'azienda sarebbe costretta a sostenere diverse spese accessorie: la selezione a monte diventa, quindi, una forma di tutela per l'azienda e i suoi profitti. Poco importa se il lavoratore rimane in mezzo alla strada.

Gli scenari che si profilano all'orizzonte sono decisamente inquietanti. Quanto sta accadendo in America sembra quasi un rewind delle teorie lombrosiane, in cui la fisiognomica è stata sostituita dalla genetica, dove sono i geni a stabilire se una persona potrà avere un lavoro ed entrare a far parte della comunità o se sarà destinata ad essere un paria. In sostanza una nuova forma di classismo basata sul DNA senza possibilità di riscatto per coloro che si ritroveranno, loro malgrado, nelle classi più basse. A questo punto sorge spontanea una domanda, ancora più inquietante della premessa, ovvero che ne sarà di tutti quegli individui che saranno giudicati improduttivi in una società del genere? La futura elite vorrà accollarsi i costi per il mantenimento degli individui giudicati - dal loro punto di vista - biologicamente inferiori o ci sarà una nuova folle corsa verso l'eugenetica?

venerdì 17 febbraio 2012

Una ricca, ricchissima busta paga

Due giorni fa, il 15 febbraio a voler essere puntigliosi,  mi è arrivata la prima busta paga del 2012: un evento con la "E" maiuscola. Con mano tremante apro l'email e scopro che, noleggiando la mia forza lavoro in fabbrica, ho guadagnato la bellezza di sessantacinque euro e cinquantaquattro centesimi: roba da tartine al caviale e Dom Pèrignon del 1917 a ruota libera. Purtroppo i miei sogni di gloria sono stati prematuramente uccisi da una bolletta dell'Enel. Riposate in pace.

Sia ben chiaro che, visto la situazione economica sempre più nera, non ho la minima intenzione di lamentarmi, visto che ho la fortuna di lavorare "dignitosamente", seppur ad ogni morte di Papa. Tuttavia il diritto a sfogarmi non me lo può levare nessuno, visto che, a sentire le ultime dichiarazioni di diversi membri del governo circa l'italica gioventù, i trabocchi di bile sono stati all'ordine del giorno. A quanto pare, infatti, siamo una massa di amebe senza spina dorsale, incapaci di vivere lontani da mamma e papà. Al di là del fatto che non mi riconosco in una descrizione del genere, trovo abbastanza ipocrita che a sputare sentenze di questo tipo siano gli stessi che hanno sistemato i propri figli nelle banche e negli atenei da loro gestiti. Alla faccia della tanto decantata meritocrazia! Ah, dimenticavo, questa esiste - solo di facciata of course - solo per i figli del comune cittadino, gli stessi che corrono da un co.co.pro all'altro e si spaccano la schiena in fabbrica a cinque euro l'ora per pagarsi l'università (pubblica ovviamente, non sia mai che un figlio di operaio entri alla Bocconi) o l'affitto di una casa condivisa con altre quattro persone. Già, siamo proprio un branco di buoni a nulla. Io però una cosa la so fare: preparare le valigie e mandarvi a fare in culo.

martedì 14 febbraio 2012

Due parole sulla situazione greca

Il 12 febbraio è stata per Atene, e per tutta la Grecia, una giornata di fuoco. Mentre nel parlamento ellenico veniva discussa e votata l'ennesima richiesta di sangue e sacrifici da parte del popolo greco, le strade di Atene e di molte altre città, come Salonicco, Patrasso e Iraklion, erano gremite da decine e decine di migliaia di persone: militanti, famiglie, ex partigiani come Manolis Glezos, uniti per ribadire il loro "no" alle imposizioni della BCE.

La stampa italiana non ha perso occasione per ribadire la propria pochezza tirando in ballo i soliti black bloc, ormai divenuti i responsabili di ogni nefandezza in qualunque angolo del globo. Cosa molto poco credibile guardando la folla che per ore e ore ha occupato piazza Syntagma, ma d'altra parte si sa, è molto meglio far credere al pavido cittadino modello che le strade sono invase da orde di blecche blocche violenti, ormai divenuti l'equivalente dell'uomo nero per tutti i cittadini rispettabili e timorati di Dio, piuttosto che parlare di un popolo che ormai ne ha le tasche piene di continui sacrifici.

Già l'anno passato i greci hanno dovuto sopportare una serie di misure di vera e propria macelleria sociale, a partire dai licenziamenti di massa, dai tagli alle pensioni e ai salari (con un perdita del potere di acquisto di circa il 20%), dai tagli alla sanità (circa il 40%) fino ad arrivare a privatizzazioni selvagge. Tutto questo ha fatto schizzare la disoccupazione al 20%, con punte del 50% tra i giovani, e ha gettato il 30% della popolazione ellenica in una condizione di povertà. Misure che al sottoscritto ricordano in parte quelle del governo italiano...

Il piano votato domenica notte prevede tra le altre cose un ulteriore abbassamento del salario minimo pari al 22%, il licenziamento di 150.000 dipendenti pubblici entro il 2015 e circa 50 miliardi di euro di ulteriori privatizzazioni. Un ulteriore intervento sulle pensioni è stato evitato tagliando di 300 milioni di euro il budget delle spese militare, anche se, come ci rivela il Corriere, queste subiranno un aumento di oltre il 18% rispetto al 2011, arrivando così a bruciare il 3% del PIL greco.

La popolazione è allo stremo, tanto che ancora nel primo semestre del 2011 il numero dei suicidi è aumentato di oltre il 40%, mentre il numero dei cittadini che si rivolgono ai centri medici delle ONG sono aumentati del 30%, quando nel periodo pre-crisi il numero delle richieste era appena il 4% del totale. Non è un caso, quindi, che di fronte allo sfacelo del sistema sanitario greco, siano proprio i lavoratori di questo settore a portare avanti nuove forme di lotta: l'ospedale di Kirkis, infatti, è stato occupato ed è autogestito dall'assemblea generale dei lavoratori.


venerdì 3 febbraio 2012

La monotonia del posto fisso

Noi italiani siamo davvero fortunati, eppure tendiamo a non rendercene conto; abbiamo tutta una serie di menti eccelse che, per puro spirito filantropico, si impegnano quotidianamente per evitare che le nostre vite siano monotone e noiose.
Perchè abbruttirsi con un posto di lavoro fisso quando puoi provare l'ebrezza di convivere con la spada di Damocle del rinnovo del contratto a termine? Per non parlare di quelle fantastiche giornate spese a distribuire curricula a destra e manca. E poi vogliamo parlare dei brividi che ti salgono lungo la schiena quando ti ritrovi con tre euro in tasca, il frigo vergognosamente vuoto e l'affitto da pagare?
Una vita così eccitante se la sognano nel resto d'Europa, siamo proprio fortunati. Grazie "nonno Mario" per avercelo ricordato, grazie legge Biagi, pacchetto Treu e troika confederale per aver reso tutto questo possibile. 

Andate a cagare, di tutto cuore.

giovedì 2 febbraio 2012

A proposito di bavagli sulla rete

In questi ultimi tempi il dibattito - online e non solo - sulla libertà della rete è stato più acceso che mai. Il rischio che negli States vengano approvate delle leggi liberticide come il SOPA (Stop Online Piracy Act) e il PIPA (Protect Ip Act), il blitz federale che ha portato alla chiusura di Megaupload e i blocchi preventivi di siti come FileSonic o Fileserve, dimostrano una volta di più una delle debolezze intrinseche alla rete: la sua estrema vulnerabilità agli attacchi provenienti tanto dalle lobby, quanto dai  singoli Stati. Per quanto la rete sia "libera" dobbiamo pur sempre ricordarci che è costantemente monitorata e che basta veramente poco per limitarne o precluderne l'accesso. Pensiamo ai paesi dell'ex blocco sovietico - Bielorussia, Tagikistan, Uzbekistan, ecc. - in cui spesso esiste un solo provider di proprietà dello Stato, oppure a paesi come Iran, Arabia Saudita, Siria e Cina  dove la rete è pesantemente censurata.

Proprio in questi giorni sia Twitter che - ahimè - Blogger hanno annunciato che introdurranno alcune limitazioni alla libertà di espressione: la censura, in parole povere. Le due piattaforme hanno infatti deciso di rendere possibile il blocco dei contenuti anche a livello locale, ovvero in un singolo paese. Detto in soldoni, se Tizio scrive un post con contenuti che il governo cinese considera sgradevoli, il suo post sarà visibile in tutto il mondo meno che in Cina. Le due aziende parlano di "adattarsi alle differenti idee sulla libertà di espressione", ma a me sembra soltanto una genuflessione ai regimi, oltre che un pericolosissimo precedente. Chi stabilirà cosa può essere pubblicato e cosa no? Chi controllerà i controllori? Qualcuno, evidentemente, non si è posto queste domande e se lo ha fatto avrà pensato che "business is business" e che quattro cyber-dissidenti non valgono una mancata espansione del mercato.

Eppure in tutte queste tenebre c'è anche un piccolo spiraglio di luce. La Camera ha infatti cassato l'emendamento alla norma comunitaria presentato dal leghista Giovanni Fava (nomen omen!). Tale emendamento prevedeva l'obbligo da parte dei provider di rimuovere qualsiasi contenuto ritenuto illecito oppure offensivo. E chi avrebbe mai stabilito la liceità o meno di una pagina web o di un post? Lo stesso richiedente della censura. Bene, per il momento possiamo tirare un piccolo sospiro di sollievo...