domenica 29 maggio 2011

Aggiornamenti dalla Spagna

Nel corso di questa settimana in Spagna sono successe un paio di cose particolarmente significative, ovvero i primi tentativi di sgombero delle piazze occupate dagli indignados e la pubblicazione dei risultati delle amministrative che, soprattutto nei Paesi Baschi, riservano alcune sorprese.

Il 27 maggio i mossos d'esquadra, l'equivalente spagnolo dei reparti mobili italiani, si sono presentati in Plaza de Catalunya a Barcellona per sgomberarla. L'azione, ordinata dal conseller Felipe Puig, ufficialmente è servita per permettere la pulizia della piazza da parte degli addetti comunali, anche se c'è chi parla di uno sgombero in vista della finale di Champions League tra Barcellona e Manchester United (ha vinto il Barça, per la cronaca). Personalmente vedo una terza opzione, ovvero una serie di sgomberi per saggiare le reazioni della piazza e dell'opinione pubblica spagnola, visto che in contemporanea veniva caricata anche la piazza di Lleida. In entrambe le situazioni i mossos hanno pienamente riconfermato la loro fama di brutalità: basta guardare i video su youtube per vedere manganellate gratuite e proiettili di gomma sparati a iosa. Vediamo cosa ci riservano i prossimi giorni, d'altra parte gli stessi indignados avevano promesso di liberare le piazze entro lunedì, se non ricordo male. Chissà se i fatti di Barcellona e Lleida e il tracollo di PSOE cambieranno qualcosa.

A proposito di elezioni sono molto interessanti i risultati delle amministrative nei Paesi Baschi. Infatti le forze indipendentiste hanno ottenuto un ottimo risultato. Se il Partito Nazionalista Basco (PNV) è diventato primo partito, Bildu - la coalizione della sinistra indipendentista nata dalle ceneri di Sortu, partito dichiarato illegale a marzo 2011 - ha ottenuto il 26% delle preferenze, divenendo la seconda forza politica. Inoltre ha ottenuto la maggioranza dei seggi nei consigli comunali - in totale 1138 - anche in centri importanti come Bilbao, Pamplona e San Sebastian. Il risultato ha impensierito non poco sia il PSOE che l'opposizione del PP, tanto che il quotidiano conservatore El Mundo ha parlato di "grave problema politico". Come reagirà Madrid? Dichiarerà di nuovo illegale Bildu - era già successo all'inizio di maggio, ma successivamente il Tribunale Costituzionale annullò il provvedimento - o agirà contro i singoli consiglieri e/o sindaci accusandoli di presunte connivenze con l'ETA?

sabato 28 maggio 2011

Borghezio colpisce ancora

"Non ho visto le prove, i patrioti sono patrioti e per me Mladic è un patriota. Quelle che gli rivolgono sono accuse politiche". E ancora "I Serbi avrebbero potuto fermare l'avanzata islamica in Europa, ma non li hanno lasciati fare".

Parole del leghista Mario Borghezio. Una preziosissima occasione di tacere che l'eurodeputato torinese non è stato in grado di sfruttare a dovere, ma che rivela, per l'ennesima volta, il vero volto del partito di Umberto Bossi. Partito che continuando a sventolare lo spauracchio dell'avanzata islamica - nemmeno si fosse nella Vienna del 1683 - e con una propaganda basata sulla xenofobia e il razzismo, riesce a fare proselitismo facendo leva sulle paure della gente.

Qui però siamo di fronte a qualcosa di ancora peggiore, le cui avvisaglie erano già presenti nelle parole dei militanti leghisti all'interno dei loro forum: sicuramente ricorderete i commenti seguiti agli scontri a Rosarno, in cui c'era chi si complimentava con la 'ndrangheta per aver "fatto finalmente qualcosa di concreto contro l'invasione". Siamo passati di livello, passando dal razzismo becero da sempliciotti all'apologia dello sterminio e della pulizia etnica. Non che da un ex appartenente a Ordine Nuovo ci si possa aspettare qualcosa di diverso, ma il silenzio dei vertici leghisti parla abbastanza chiaro. A voi le conclusioni.

giovedì 26 maggio 2011

Recensione: L'ombra dello scorpione

Autore: Stephen King
Titolo: L'ombra dello scorpione
Casa Editrice: Bompiani
Anno: 2007 (XXIV edizione)
Prezzo: 6,75 € usato al Libraccio

Il sottoscritto ha cercato il libro in questione, una delle prime opere di King, per parecchio tempo prima di trovarlo, per puro caso, al Libraccio di Pisa. Il romanzo è un classico della letteratura post-apocalittica, genere che fin troppo spesso è ingiustamente considerato "spazzatura" e per questo relegato in nicchie più o meno sconosciute.

Tornando al nostro libro mi pare d'obbligo dire che si tratta dell'edizione integrale che, come viene spiegato nella prefazione ad opera dell'autore, consiste in una espansione dell'edizione originale, la quale conteneva molte meno pagine rispetto alle quasi 1000 di questa versione. Non avendo mai letto il romanzo "tagliato" non vi so dire quali siano le differenze, ragione per cui non ci spenderò altre parole sopra.

Trama: giugno 1990. Un misterioso virus, il Captain Trips, fuoriesce da una installazione militare statunitense. L'agente patogeno, una variante del comune virus influenzale creata ad hoc in laboratorio nel cosiddetto Progetto Azzurro, si diffonde a macchia d'olio per il paese. Gli effetti sono devastanti: con un tasso di infettività del 99,4% e uno di mortalità pari al 100% degli infettati, la malattia fa strage della popolazione. Il tessuto sociale si disgrega, la società tecnologica crolla, i sopravvissuti, sprofondati in un clima che ricorda i secoli bui, devono lottare quotidianamente per la loro sopravvivenza. Nonostante questo cominciano ad emergere due poli d'attrazione, uno benevolo e l'altro malvagio. Il primo si costituisce intorno alla persona di Mother Abagail, una veggente ultracentenaria, mentre il secondo intorno a Randall Flagg, l'uomo senza volto. Quale dei due riuscirà a spuntarla? E ancora, l'umanità riuscirà a sopravvivere? I bambini che crescono nei ventri delle poche superstiti saranno immuni a Captain Trips o il genere umano sarà inesorabilmente condannato all'estinzione?

Commento: mentre sullo sfondo si svolge un'epica lotta tra Bene e Male incarnata nelle due entità (fisiche? spirituali?) summenzionate, King riesce a narrare magistralmente l'ipotetico crollo della struttura politica, sociale, economica e tecnologica degli Stati Uniti (e per riflesso del mondo intero). Se da un lato c'è chi cerca di cooperare e di ricostituire una nuova società cercando di imparare dagli errori del passato, c'è anche chi sfrutta il chaos per dare libero sfogo alle proprie perversioni. Ne emerge quindi un quadro piuttosto realistico della psiche umana e delle sue reazioni in un contesto post-apocalittico. La lettura è piacevole, merito dell'abilità narrativa dello scrittore statunitense. Un buon libro da leggere.

lunedì 23 maggio 2011

Pisapia e Suss l'ebreo

La demonizzazione dell'avversario - e la conseguente deumanizzazione dello stesso - è stata uno dei tratti distintivi dei totalitarismi del XX secolo. Basta portare indietro la memoria agli anni '30 e '40 per rendersene conto. Durante lo stalinismo i contadini ucraini venivano accostati ai parassiti e agli insetti per giustificare la dekulakizzazione, così come il regime nazista paragonava ebrei, rom e slavi a "bestie nocive da eliminare", tanto da arrivare a teorizzarne la completa eradicazione nel Generalplan Ost. Questi sono solo due esempi tra tanti, visto che dei pericoli e delle conseguenze nefaste dell'instillare quotidianamente paura e diffidenza nei confronti dell' "altro" si potrebbe parlare per giorni interi.

Tutta questa introduzione pomposa mi serve per dire che durante questa campagna elettorale la nostra classe politica non solo ha toccato il fondo, ma ha addirittura tentato di scavare per arrivare ancora più in basso. Mi sto riferendo a quanto sta succedendo in questi giorni a Milano e in misura minore anche a Napoli e al clima incandescente, fatto di basse insinuazioni, improbabili aggressioni e puro terrorismo psicologico, che sta soffocando queste due grandi metropoli.

A Milano in particolare la situazione ormai è paradossale, talmente assurda da riportarmi alla memoria un filmaccio di propaganda nazista e antisemita degli anni '40, "Suss l'ebreo" di Veit Harlan. Nella pellicola, ispirata alla vicenda di Joseph Süß Oppenheimer, il protagonista, un ricco banchiere ebreo (e già qui partiamo con gli stereotipi), diventa il paradigma di tutte le nefandezze possibili e immaginabili cui il regime nazista accostava il popolo ebraico. Un po' come sta succedendo al povero Pisapia in questi giorni, quasi fosse l'Anticristo. A sentire i suoi avversari politici la sua vittoria coinciderebbe con l'Armageddon, il giorno del giudizio in cui Milano sarà invasa da zingari musulmani anarchici comunisti che trasformeranno il Duomo in una moschea e costringeranno le donne a mettersi il burqa. Se utilizzassero le loro baggianate come trama per un romanzo catastrofico sono sicuro che otterrebbero un best seller. In effetti il passato del candidato si presta fin troppo bene a questo tipo di speculazioni, ma vogliamo parlare di quello di Alemanno, La Russa o Borghezio?


Anche a Napoli non si scherza, dato che il prode Carlo Giovanardi, nobile eroe dello sproloquio, è riuscito a dire che con la vittoria di De Magistris tutti i privilegi andrebbero alle coppie omosessuali. Bravo il nostro volpone che prova a fare leva sul machismo presente più o meno latentemente nell'animo di ogni italiota di sesso maschile. Questa perla può entrare a pieno titolo nella top ten degli aforismi del sottosegretario, insieme a quella secondo cui la morte del povero Stefano Cucchi sarebbe stata cagionata dalla droga e dall'anoressia e non dalle botte e dalla mancanza di cure. Ricordiamoci che questo genio è stato responsabile, insieme a Fini, di quella legge che equipara le droghe leggere a quelle pesanti, legge di cui conosciamo benissimo gli effetti: sovraffollamento delle carceri e ritorno in auge di una droga pericolosissima come l'eroina.


Nel frattempo i media, invece di parlare di quanto sta accadendo in Spagna, si concentrano su questa farsa, da bravi strumenti di distrazione di massa. Io ne ho francamente le tasche piene. Voi no?

sabato 21 maggio 2011

La prima "rivoluzione" europea

 Dal 15 maggio migliaia di persone sono in piazza a Puerta del Sol a Madrid per protestare contro le politiche governative e contro l'austerità, protesta che si è allargata a macchia di leopardo in più di un centinaio di altre località spagnole. Che la Spagna sia diventata la nuova tappa del contagio delle rivolte tunisine ed egiziane? Che Puerta del Sol sia diventata la prima piazza Tahrir d'Europa? A mio avviso sì.

Partendo dal presupposto che le rivolte maghrebine non sono state "rivolte del pane", come i media italiani hanno cercato di far credere, la situazione spagnola - e anche quella italiana - non differisce molto da quella dei paesi toccati dalle sommosse popolari dell'inverno 2011. Partendo da un dato meramente economico è facile trovare un comune denominatore: la condizione dei giovani. Parliamo infatti di situazioni in cui vi è una altissima disoccupazione giovanile - in Spagna ha raggiunto il 45% - mentre chi ha la "fortuna" di lavorare lo fa in condiziomi di sfruttamento e di precarietà, soprattutto se ha raggiunto un livello di scolarizzazione alto, in cambio di salari da fame e incapaci di soddisfare anche solo i bisogni primari di un individuo. Sono i famosi "cinquecent'euristi", termine nato in Portogallo per descrivere, appunto, tutta quella gamma di lavoratori - operatori di call center, co.co.co, co.co.pro, etc - il cui stipendio mensile si aggira intorno ai 500 euro mensili, appunto.

Se a questo aggiungiamo anche un dato politico, il quadro si delinea nella sua interezza. Abbiamo a che fare, infatti, con classi politiche completamente avulse dal tessuto sociale dei loro paesi e del tutto autoreferenziali. Senza contare una certa vena di autoritarismo - per non dire di peggio - che in Spagna si manifesta in massima parte in Heuskal Herria, i Paesi Baschi. Qui infatti il PSOE di Zapatero non si fa problemi a presentare liste congiunte col PP (Partito Popolare) per formare un blocco compatto contro la sinistra indipendentista basca, ammesso che questa riesca a presentare le proprie liste. Senza contare gli arresti arbitrari di chi milita nelle organizzazioni basche. Il discorso sulla repressione spagnola nei confronti della popolazione basca è estremamente lungo e complesso e non mi dilungherò oltre. Magari farò un post ad-hoc in futuro.

Il Movimiento 15M è stato paragonato da alcuni quotidiani iberici al Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo - personaggio che non gode della mia simpatia - e il comico ligure ha perso una ottima occasione di rimanere zitto. E' arrivato, infatti, a dire che «il 2011 potrebbe diventare come il 1848, quando le vecchie istituzioni vennero travolte» (fonte). Innanzitutto i moti del 1848 furono espressione di quella borghesia che reclamava ad alta voce una fetta più o meno consistente di potere, mentre oggi in piazza ci sono migliaia di ragazzi che non riescono ad arrivare nemmeno alla metà del mese, costretti a vivere da "reclusi" perchè quella birra presa con gli amici il sabato sera potrebbe rivelarsi letale per le proprie finanze. Un paragone piuttosto improprio oserei dire, senza contare che i moti del '48 cambiarono poco o nulla le condizioni del "popolino", mentre migliorarono enormemente quelle della borghesia che, forte del suo neoconcesso diritto di voto, potè iniziare a costituirsi in "casta". 2011 come 1848, abbattere una casta per sostituirla con un'altra? No, grazie.

In Italia? Per il  momento calma piatta, se non per qualche sit-in e flash mob in giro per lo stivale, un'ora e poi tutti a casa. D'altra parte lo sappiamo, è molto più facile cliccare "mi piace" ai link su Facebook piuttosto che incazzarsi veramente.

giovedì 19 maggio 2011

Recensione: In Mongolia in retromarcia

Autore: Massimo Zamboni
Titolo: In Mongolia in retromarcia
Casa Editrice: NdA Press 
Anno: 2009
Prezzo: 14,00 €

Come promesso oggi incominciamo con i post dedicati agli argomenti "cardine" di questo blog. Parlo al plurale perchè il libro che sta per essere recensito parla anche di viaggi, anzi di un viaggio in particolare. Si tratta infatti del viaggio in Mongolia che ispirò niente popò di meno che "Tabula Rasa Elettrificata" dei CSI, a giudizio di chi scrive uno dei migliori dischi italiani dell'ultimo ventennio. Siamo nel 1996, distanti quindi dal convulso periodo di transizione tra economia pianificata ed economia di mercato, lontani dalle suggestioni di "Buonanotte, signor Lenin", in cui Tiziano Terzani raccontava magistralmente il crollo dell'impero sovietico. Questo libro piuttosto ci racconta di una nazione adolescente (la repubblica mongola fu proclamata nel 1992), in bilico tra la millenaria tradizione nomade e la fame di modernità, offrendoci uno spaccato tutt'altro che turistico della vita dei mongoli. Infatti Zamboni viaggerà, insieme a Giovanni Lindo Ferretti e ad una troupe della televisione mongola, fino agli angoli più sperduti e meno conosciuti del Paese, dal deserto del Gobi al confine con la Federazione Russa, riuscendo a cogliere in ogni luogo le differenze e le immancabili somiglianze, quasi leggendo nell'animo degli abitanti di quelle terre. Zamboni non rinuncia ad utilizzare il suo stile arzigogolato, quasi sognante, per descrivere quanto ha visto e vissuto, cosa che potrebbe scoraggiare il lettore meno preparato, ma una volta entrati nella giusta ottica il libro vi rapirà, grazie anche a metafore e allegorie tutt'altro che scontate. Quella di NdA Press è una nuova edizione, arricchita da pagine inedite e corredata da un ampio numero di fotografie a colori, sezione molto gradevole ma che ha sicuramente contribuito a far lievitare il prezzo che risulta molto poco "popolare". Tuttavia se amate i CSI non potrete fare a meno di comprarlo, o quantomeno di farvelo prestare, visto che leggendolo inizierete a vedere "Tabula Rasa Elettrificata" con occhi diversi, riuscendo a collegare ad ogni brano le varie pagine del libro, immergendovi nella genesi stessa del disco. Vi lascio con un piccolo consiglio. Provate a leggerlo mentre siete in viaggio, magari su un regionale: sarà tutta un'altra cosa.

martedì 17 maggio 2011

Il referendum sardo

Nascosta dalle elezioni amministrative e dai suoi risultati a sorpresa - quello di Pisapia a Milano su tutti - in questi giorni c'è stata anche un'altra tornata elettorale, il cui esito non è stato ancora preso molto in considerazione dagli analisti politici e dai principali mass media. Sto parlando del referendum regionale sul nucleare in Sardegna, il cui risultato, oltre ad essere estremamente interessante da analizzare, rischia di pesare come un macigno, soprattutto in vista dei referendum di giugno.

La prima cosa da analizzare, a mio avviso, è l'ampio superamento del quorum: ha votato circa il 60% degli aventi diritto, per un totale di 877.982 persone, nonostante i ripetuti inviti a disertare le urne e lo svolgersi delle amministrative in soli 93 comuni su 377. In secondo luogo è importante rilevare come il 97% dei votanti si è espresso contro l'installazione delle centrali nucleari sull'isola, una percentuale talmente importante che non lascia spazio ad interpretazioni di sorta.

Probabilmente il risultato è stato pesantemene influenzato da quanto accaduto a Fukushima, ma in cuor mio spero ci sia anche un altro motivo. Spero, infatti, che i sardi si siano stancati una volta per tutte di veder considerata la loro isola come la pattumiera del Mediterraneo o come il luogo dove installare tutte quelle strutture che nessuno vorrebbe nel proprio giardino di casa, ad esempio le centrali nucleari o i poligoni come quello di Quirra.

Non è mia abitudine cantare vittoria troppo presto, infatti aspetto con ansia i risultati del referendum a giugno, ma non posso fare a meno di gioire per la decisione presa dal popolo sardo.

lunedì 16 maggio 2011

Due pesi e due misure: disparità di guadagno in Sudtirolo

Leggo oggi sull'edizione online del quotidiano "Alto Adige" una notizia in cui viene riportato come nella ricca Provincia Autonoma di Bolzano il 17% dei lavoratori dipendenti ha uno stipendio mensile inferiore ai 1000 euro. Percentuale che sfiora il 60% se si sposta la soglia a 1400 euro. I dati, raccolti dalla Cisl, sono relativi ai soli lavoratori dipendenti (non riguardano quindi liberi professionisti, artigiani, pensionati e imprenditori) impiegati a tempo pieno.

Considerato il costo della vita e i canoni di affitto del mercato immobiliare locale, decisamente più elevati rispetto alla media nazionale (si parla di 600€ mensili per un miniappartamento di 30 metri quadri), quello che emerge è un quadro tutt'altro che confortante. Di fronte ad un costante impauperimento della popolazione, possiamo però notare che fortunatamente - sono sarcastico, eh - c'è chi riceve importanti aumenti. Di chi starò mai parlando, se non dei nostri carissimi amministratori locali? Tralascio il caso di Durnwalder, il cui faraonico stipendio (25.600 euro al mese) è stato ripreso anche dalla stampa nazionale, per soffermarmi su alcuni altri casi.

Parliamo, per esempio, del sindaco di Merano Günther Januth che, oltre ai quasi 11.000 euro mensili di indennità come sindaco, riceve anche 1318 euro in quanto vicepresidente della comunità comprensoriale del Burgraviato. Oppure di Alois Kröll che tra indennità di sindaco a Scena e quella da presidente del Burgraviato raggiunge i quasi 9000 euro (fonte). Indennità che sono state aumentate recentemente del 7%, ufficialmente come «adeguamento al tasso di inflazione». Peccato che per i lavoratori, quelli veri, quelli che si fanno venire i calli alle mani o che studiano una vita per poi andare a insegnare a titolo gratuito, questi "adeguamenti" sono semplice utopia.

I diretti interessati si difendono affermando che si tratta di stipendi commisurati alla mole di lavoro da loro svolto e alle pesanti responsabilità che devono sopportare. Giustificazione che può essere facilmente smentita facendo delle semplici ricerche su internet, visto che emerge chiaramente come il sindaco di Merano abbia una retribuzione più elevata dei suoi colleghi a Milano e Roma. Certo, Merano è amministrata certamente bene, ma credo che l'amministrazione di due metropoli richieda più responsabilità e una mole di lavoro più grande rispetto a quella di un centro di circa 40.000 abitanti. A questo poi aggiungiamo pure una certa spocchia e una buona dose di arroganza che accomuna quasi tutti gli amministratori sudtirolesi, a partire dal sindaco di Bolzano Spagnolli che dichiara pomposamente di non avere la minima intenzione di diminuire la sua indennità, arrivando fino all'assessore ai trasporti Widmann il quale, oltre ad avere una gestione "fantasiosa" del trasporto pubblico, non manca mai di rispondere arrogantemente a qualunque critica, come è successo in relazione al paventato aumento del prezzo dei titoli di viaggio sui mezzi della Sasa, ma di questo parlerò in un post ad hoc.

Insomma, a fronte di continui tagli al welfare continuiamo ad assistere passivamente agli aumenti degli stipendi dei soliti noti. Quand'è che ci incazzeremo una volta per tutte?

sabato 14 maggio 2011

L'importanza di salvare

Il crash di Blogger, la piattaforma di hosting per blog di Google, su cui si trova anche "Il Mondo Nuovo", mi ha fatto riflettere non poco circa l'importanza di salvare i file. Quante volte vi sarà capitato di perdere il frutto di ore e ore di lavoro, magari un intero capitolo della tesi, per un riavvio improvviso del pc? A me sarà successo almeno un migliaio di volte. Per non parlare di quando si tratta di fare delle copie di backup, dato che per il sottoscritto si tratta di un tasto dolentissimo: da buon pigrone non lo faccio mai. Oddio, l'intenzione ci sarebbe anche, ma si sa che tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare.

In ogni caso il crash si è risolto nel migliore dei modi, visto che non ho perso nessun post: solo una bella dose di spavento e l'impegno di fare una copia di ogni articolo.

martedì 10 maggio 2011

Quando applaudono uno stragista

Gli applausi di Confindustria a Herald Espenhahn, l'amministratore delegato di ThyssenKrupp condannato a 16 anni e mezzo di reclusione per il rogo allo stabilimento di Torino, lasciano certamente l'amaro in bocca, ma mostrano anche l'atteggiamento di molti industriali verso il cosiddetto "capitale umano". Inutile girarci attorno, spesso e volentieri l'operaio viene messo sullo stesso piano di un cacciavite o di un qualsiasi altro utensile: utile ma non essenziale, da sostituire con facilità una volta che si rompe o non è più produttivo come un tempo.

Quel giorno a Torino non si sono rotti sette manici di piccone: sono morti sette operai, sette ESSERI UMANI. Non si è trattato di una "tragica fatalità", termine che viene usato fin troppo spesso quando si verificano eventi del genere. L'impianto era in via di dismissione, gli standard di sicurezza non erano più rispettati, gli estintori erano scarichi. Far lavorare delle persone in quella situazione, pur essendo consapevoli della sua estrema pericolosità, significa non avere il minimo rispetto della vita dei propri dipendenti e significa anche assumersi totalmente la responsabilità - penale, morale, eccetera -qualora si verificasse un sinistro. D'altra parte la sentenza parla chiaro: omicidio volontario con dolo eventuale. I giudici hanno riconosciuto, prima volta in Italia, la volontarietà del datore di lavoro in caso di morti sul lavoro, perchè, come ho già detto prima, far lavorare delle persone in quelle condizioni significa accettare che vadano a rischiare la vita.

Per quel che mi riguarda applaudire Espenhahn è come applaudire a un Donato Bilancia o a un qualsiasi altro omicida, con l'unica differenza che nel secondo caso la mente dell'assassino non era perfettamente lucida, mentre nel primo lo era eccome. D'altra parte si sa, il capitale e il profitto vengono prima della vita umana. Ad ogni modo mi sorgono spontanee due domande. Come mai per una scritta in solidarietà a degli arrestati si rischia di andare in galera, mentre ad applaudire un boia non si rischia niente? E soprattutto, i cari signori di CGIL, CISL e UIL continueranno a stringere accordi con i solidali al mostro, sedendosi al tavolo della produttività? Vorrei proprio saperlo, così tutti capiremmo che ormai i tre grandi sindacati sono dalla LORO e non dalla NOSTRA parte.

lunedì 9 maggio 2011

Il nucleare in Italia

Lo spunto per questo post l'ho avuto stamattina leggendo il giornale (Repubblica) in cui c'era un articolo sulle proteste di Greenpeace contro il treno carico di scorie nucleari partito da Saluggia e diretto in Gran Bretagna. Già a febbraio (o gennaio, sinceramente non mi ricordo bene) c'erano state delle proteste analoghe che portarono a violente cariche della polizia contro i manifestanti, con annessa caccia all'uomo nei boschi e arresti.

Quello delle scorie è uno degli aspetti più preoccupanti dell'energia atomica e, "stranamente", è anche anche uno dei meno trattati. La cosa non è casuale, visto che si tratta di un problema virtualmente eterno cui nessun paese è riuscito a trovare una soluzione, anche solo temporanea. Oltre al combustibile nucleare (generalmente uranio 235) più o meno esausto e ai sottoprodotti della fissione (rifiuti altamente radioattivi di categoria III), sono considerati come scorie (categoria I e II) anche tutti quei materiali che sono entrati a contatto con la radioattività, come le tute dei tecnici nucleari.

Nonostante la chiusura delle centrali nucleari italiane dopo il referendum del 1987 anche il Belpaese possiede un quantitativo non indifferente di queste scorie, che al momento si trovano in sette siti. I primi quattro coincidono con le centrali che furono operative. Per esempio nella centrale di Garigliano (chiusa nel 1978 per "problemi"...) si trovano ancora 2200 metri cubi di scorie, mentre a Latina i metri cubi sono 900. A Trino Vercellese, riconvertita a centrale a turbogas, abbiamo 780 metri cubi di scorie e 47 elementi di combustibile irraggiato, pari a 14, 3 tonnellate, mentre a Caorso (provincia di Piacenza) le scorie ammontano a circa 1880 metri cubi, cui vanno aggiunte 187 tonnellate di combustibile. Varrebbe la pena ricordare che a Caorso lavorano ancora più di cento dipendenti, nonostante la centrale sia stata chiusa nel 1987. Ufficialmente sono stati assunti per lo smantellamento della stessa, operazione che è cominciata solo recentemente e i cui costi vengono pagati attraverso ogni bolletta ENEL. Intanto però continuiamo a credere a chi ci dice che le bollette sono alte a causa delle importazioni di petrolio e di gas (omettendo sempre di dire che la Francia, nonostante 55 impianti attivi, importa più greggio di noi...).

Esistono poi altri tre siti, in cui vengono stoccati rifiuti radioattivi ad alta pericolosità per un totale di ulteriori 235 tonnellate, che si trovano a Trisaia (Basilicata), Casaccia (Lazio) e Saluggia (Piemonte). Tutti i siti sono abbastanza critici, in quanto il primo si trova in una zona a sismicità medio-alta, il secondo si trova alle porte di una metropoli come Roma, mentre il terzo si trova in una zona soggetta alle esondazioni della Dora Baltea. Insomma, abbastanza per non dormire sonni troppo tranquilli. Questi depositi, così come le centrali, sono proprietà della Sogin S.p.A, azienda che viene finanziata, ricordiamolo, principalmente dalla componente degli oneri generali del sistema elettrico italiano presente nelle bollette ENEL.

Mi rendo conto che l'argomento è estremamente vasto e che trattarlo in un blog può essere riduttivo, senza contare il rischio di essere eccessivamente sintetici. Prometto però di tornare sull'argomento con altri post - devo scappare a lavorare e sono già in ritardo - magari più corposi e ponderati. Intanto vi lascio con questa puntata di Report. Meditate gente!

sabato 7 maggio 2011

Piccolo Sudtirolo antico

Ogni volta che ritorno a casa in Sudtirolo ho come la sensazione che il tempo si sia fermato, come se la provincia fosse un microcosmo cristallizzato in cui le lancette dell'orologio si sono bloccate o, in alcuni casi, hanno iniziato a girare al contrario. No, non mi sto riferendo all'immutabilità del paesaggio e dei luoghi, che di per sè non è cosa negativa, bensì della totale mancanza di novità nel dibattito politico e culturale sudtirolese.

Probabilmente questo non è immediatamente avvertibile da chi non esce spesso dai confini provinciali - la maggior parte della popolazione - ma diventa estremamente frustrante per chi, come il sottoscritto, è abituato a trattare di politica - e non solo - anche in altre realtà. Sembra incredibile ma, mentre tutto il mondo guarda al presente proiettandosi nel futuro (pure in Corea del Nord!), qui in Sudtirolo viviamo bloccati nel passato, ancorati a "miti" e a falsi problemi che affondano le proprie radici in periodi così remoti che i loro protagonisti sono (quasi) tutti morti e sepolti. Trattiamo come problemi di attualità fatti ed eventi che altrove sono parte del dibattito storiografico.

Non posso leggere il giornale e trovare una intervista al neonominato comandante degli Schuetzen in cui vengono riproposti i soliti discorsi triti e ritriti, ovvero autodeterminazione, relitti fascisti e altre amenità del genere. Posso capire se ne parla un settantenne, ma quando a farlo è un trentacinquenne - sì TRENTACINQUE anni - che certi eventi non li ha vissuti direttamente, allora non riesco proprio ad accettarlo. Allo stesso modo non riesco ad accettare che con tutti i problemi - ben nascosti - che esistono in provincia si insista a parlare solo di toponomastica. Questo genere di discorsi non fa altro che aumentare la separazione etnica e l'odio che, a detta di mio padre (che è un classe '48 e certe cose se le ricorda molto bene), è più forte adesso rispetto alla stagione del terrorismo o al periodo immediatamente successivo al Ventennio.

Tagliando la testa al toro ed evitando inutili quanto sterili giri di parole, dico subito che questa situazione giova a chi fa politica ad alto livello in provincia: da Unitalia alla Suedtiroler Freiheit di Eva Klotz. Partiti e partitini sempre pronti a fare un uno strumentale della Storia per fini politici - horreo - e a gettare benzina sul fuoco del conflitto interetnico che, è inutile negarlo, esiste ed è tenuto vivo proprio da questo tipo di politica. Spero solo di non essere l'unico ad essere stanco di tutto questo.

venerdì 6 maggio 2011

Paura del referendum?

Ci risiamo. Dopo aver tentato di smontare il referendum sul nucleare con una moratoria truffa, i nostri fantastici governanti hanno trovato l'escamotage per "sabotare" anche i due quesiti sull'acqua pubblica, ovvero la creazione di una fantomatica "Autorità per l'acqua". Sulla carta sembra apparire qualcosa di magnifico, la panacea contro tutti i guai derivati dalla gestione privata delle acque - di questo parleremo dopo - tanto che un sottosegretario allo Sviluppo, tale Stefano Saglia, ha pomposamente dichiarato che "il referendum non sarà superato legalmente ma lo sarà nei fatti". Vorrei proprio vedere, mi immagino che sarà risolutiva come tutte le altre Authority made in Italy che, nella migliore delle ipotesi, si limitano a dare pareri destinati a rimanere inascoltati. Saglia merita un applauso per la faccia di bronzo.

Poche righe più sopra ho accennato ai guai derivanti dalla gestione privata di un bene: analizziamoli un attimo. Mentre il pubblico può anche andare in rosso per fornire un determinato bene/servizio, questo per un privato è impossibile: non solo perchè andrebbe in bancarotta, ma anche perchè il suo scopo è quello di generare profitto. Per farlo esistono vari modi che sono tuttavia riconducibili ad un unico principio, ovvero quello di tagliare le spese. In soldoni questo significa quasi sempre una diminuzione dei dipendenti, un drastico calo della qualità del servizio (pensate un po' alle ferrovie...) e il taglio dei cosiddetti "rami secchi", ossia tutte quelle forniture in cui il guadagno è troppo basso per giustificare il proseguimento del servizio. Ebbene sì, se col pubblico il servizio X può essere fornito anche al signor Rossi che abita nella sperduta contrada Y, non è detto che questa situazione permanga anche sotto la gestione della società Z. Dipende da quanto è conveniente. Questo discorso vale per l'acqua come per qualsiasi altra cosa.

Mi sorge spontanea una domanda. Mi chiedo, infatti, come mai a Roma abbiano così tanta paura di questo referendum. Ok, il cosiddetto effetto Fukushima ha contribuito enormemente a risvegliare parte degli italiani dal proprio torpore e probabilmente, dopo anni e anni, il quorum sarebbe stato superato, tuttavia secondo me c'è anche dell'altro. Mi sembra quasi che ci sia il timore che i sudditi possano rendersi conto che è possibile un altro livello di democrazia, senza delega nè rappresentanza, e questo potrebbe rivelarsi catastrofico per determinati interessi.

giovedì 5 maggio 2011

Sciopero generale?

Domani è il 6 maggio, data dello sciopero "generale" indetto dalla CGIL. Considerato che a casa di chi scrive per "sciopero generale" si intende una sospensione dell'attività lavorativa generalizzata e a oltranza, preferisco chiamare la giornata di domani col suo vero nome, ovvero sciopero farsa. D'altra parte parliamo di uno sciopero concesso controvoglia - ricordiamoci che la Camusso incarna l'ala più conservatrice della CGIL - e solo dietro le spinte di una parte consistente della base e organizzato scientemente per farlo fallire.

Mi rendo conto che sono affermazioni piuttosto pesanti, ma è sufficiente analizzare un attimo la situazione per giungere a questa conclusione. In uno sciopero di quattro ore - alcune categorie sono riuscite ad ottenere otto ore - annunciato mesi e mesi prima, l'unico a rimetterci qualcosa è il lavoratore che usufruisce del suo diritto di scioperare, in quanto perde quelle ore lavorative. Il datore di lavoro, dal canto suo, ha avuto tutto il tempo per programmare con calma la produzione, riducendo o addirittura azzerando il danno. Quattro ore di sciopero implicano anche l'assenza di una grossa manifestazione nazionale che verrà sostituita da una miriade di cortei regionali, provinciali e in alcuni casi nemmeno questi: il divide et impera applicato ai lavoratori. Ma perchè la CGIL avrebbe interesse a far fallire una agitazione sindacale di questo tipo? La risposta è sconcertantemente semplice: dopo aver assistito al fallimento di una forma di lotta è inutile riproporla.

A qualcuno potrà anche sembrare fantascienza o fantapolitica, ma vediamo un po' di capire cosa diavolo è questa CGIL. Si tratta di un sindacato concertativo, ovvero di un sindacato che non cerca lo scontro con i datori di lavoro per tutelare i diritti dei lavoratori, preferendo la politica dell'accordo - la concertazione appunto - che puntualmente si ritorce contro chi lavoro. Un esempio su tutti l'abolizione della scala mobile, quell'ammortizzatore sociale che adeguava le retribuzioni ai livelli di inflazione, o per restare nell'attualità il sì della FIOM ai piano Marchionne. Non dimentichiamoci infatti che la CGIL siede al tavolo della produttività insieme a Confindustria.

Ora, io ho solo fornito qualche elemento e qualche spunto di riflessione: ognuno tragga le sue conclusioni. Vi lascio solo con una domanda: credete veramente che la Camusso sia dalla VOSTRA parte?

mercoledì 4 maggio 2011

Lukashenko, chi era costui?

Mi perdoni il Manzoni per aver usato impropriamente un celebre passo dei "Promessi Sposi" accostando Don Abbondio ad un La Russa qualsiasi. L'ennesima gaffe in diretta tv del nostro ministro della Difesa non fa che ribadire - di nuovo - la totale inadeguatezza della nostra classe politica e, soprattutto, dei figuri che occupano poltrone ministeriali. Già, perchè Lukashenko non è l'ultimo capo tribale del Waziristan, bensì è il capo di stato di un paese strategico come la Bielorussia e la Bielorussia non è un atollo sperduto delle isole Samoa, visto che si trova a poco più di 2000 km da Roma. Potrebbe sembrare il solito attacco fazioso verso un esponente del Governo, ma non conoscere la situazione politica del Vecchio Continente mi pare una cosa piuttosto grave per il titolare di un ministero chiave come quello della Difesa. A questo aggiungiamoci anche l'atteggiamento a dir poco enigmatico di Frattini riguardo alle rivolte nel Maghreb, oppure quello mantenuto da Maroni durante l'emergenza rifugiati. Potrei continuare per ore, ma non trovo utile sparare sulla Croce Rossa.

Piuttosto mi sorge spontanea una domanda: che cazzo ci faccio ancora in Italia?

lunedì 2 maggio 2011

Busted?

La notizia della morte di Osama Bin Laden, lo "sceicco del terrore" per Studio Aperto e compagni di disinformazione, è rimbalzata da un media a un altro, di bocca in bocca, di paese in paese, egemonizzando le prime pagine dei giornali e le copertine dei tg: d'altra parte non capita tutti i giorni che l'uomo più ricercato del mondo venga trovato e ucciso.  Ora, sarò il solito complottista, ma c'è qualcosa che non mi convince del tutto. Innanzitutto la presunta foto del cadavere si è rivelata essere un falso, per ammissione della stessa emitettente tv pakistana che l'aveva diffusa. In secondo luogo non si sa ancora che fine abbia fatto il corpo: una versione dice che è stato sepolto in mare, un'altra vuole la salma nella base americana di Bagram. In ogni caso mi pare strano che gli americani non l'abbiano ancora mostrato in pompa magna, come fecero con quelli dei figli di Saddam Hussein.

Tralasciando queste considerazioni che potrebbero essere smentite nelle prossime ore, vorrei soffermarmi su altro. Non condivido le esplosioni di gioia per la notizia, non tanto per una questione morale, piuttosto per una analisi abbastanza realista della situazione. Ok, Bin Laden è morto, ma la sua creatura, al Qaeda, è ancora viva e vegeta e, per come è strutturata, la presenza o meno del saudita è del tutto ininfluente. Senza contare che ora abbiamo creato un martire, anzi IL martire. Potremo continuare ad uccidere capi e militanti di al Qaeda a volontà, ma, finchè non elimineremo povertà e ignoranza, il fondamentalismo religioso continuerà ad avere un serbatoio pressocchè infinito a cui attingere. Non solo in Pakistan o Afghanistan, bensì in tutto il mondo.

Una riflessione a parte meriterebbe il fatto che Bin Laden -un po' come Saddam Hussein- non sia stato altro che una creazione americana successivamente sfuggita al controllo dei suoi padroni. Se il rais iracheno era utile in funzione anti iraniana -e questo nonostante i bombardamenti coi gas sui civili kurdi- il saudita lo era nella lotta contro i sovietici in Afghanistan. Non bisogna dimenticare, infatti, che Bin Laden fondò il Maktab al-Khidamat (MAK), una organizzazione dedita all'addestramento di mujaheddin e alla raccolta di fondi per sostenere la lotta contro l'Armata Rossa, con la complicità dei servizi segreti pakistani, a loro volta foraggiati dalla CIA che li utilizzava come tramite. Successivamente il MAK andò a costituire l'ossatura di al Qaeda che nacque dall'incontro del saudita -e delle sue disponibilità economiche- con l'egiziano al-Zawahiri, leader della Jihad Islamica Egiziana, fautore di una Jihad mondiale. Questo però, negli speciali a là Bruno Vespa, si dimenticano sempre di dirlo.

domenica 1 maggio 2011

Fede VS. Lavoro

Oggi è il primo maggio, festa dei lavoratori, non solo in Italia, ma in (quasi) tutto il mondo. Eppure le edizioni online dei principali quotidiani nazionali liquidano la cosa con brevi trafiletti - il che è abbastanza significativo e preoccupante - dedicando invece ampio spazio alla beatificazione di Giovanni Paolo II e al mancato ripetersi del miracolo di San Gennaro. Insomma, una superstizione e la beatificazione di un uomo tutt'altro che santo - i santi non esistono; esistono però gli uomini, più o meno fallibili, e l'uomo Wojtyla si accompagnò ad assassini come Pinochet, mentre abbandonò nelle mani dei suoi carnefici un uomo come il cardinale Romero perchè la sua teologia della liberazione puzzava troppo di comunismo - hanno sorpassato quella che dovrebbe essere la festa cardine di una repubblica fondata sul lavoro. Festa che, almeno in Italia, sembra essersi ridotta solo ed esclusivamente ad un concerto a Roma, partecipatissimo per carità. Mi chiedo però quanti di coloro che ci partecipano hanno una conoscenza e una compresione anche solo minima del senso di questa ricorrenza.

Il primo maggio è strettamente connesso al colore rosso. Non il rosso delle bandiere socialiste prima e comuniste poi, bensì il rosso del sangue. Il sangue dei morti di Haymarket Square a Chicago, quando il 4 maggio 1886 la polizia, a seguito dell'esplosione di una bomba, aprì il fuoco sui manifestanti uccidendo 11 persone. A seguito dell'accaduto 7 persone furono processate e condannate a morte, mentre una fu condannata a 15 anni di carcere. Si trattava in massima parte di immigrati tedeschi anarchici e questo non può che farci venire in mente la vicenda di Sacco e Vanzetti, condannati alla sedia elettrica perchè italiani e anarchici. Dei 7 condannati a morte, uno si suicidò in carcere, due vennero successivamente graziati, mentre i restanti quattro furono impiccati. La scelta della festa del lavoro proprio il primo maggio è strettamente legata a questo evento.

Spostandoci in Italia, qualche decennio dopo, troviamo il rosso del sangue dei morti di Portella della Ginestra. Era il 1 maggio 1947 e a cadere sotto le raffiche di mitra furono i braccianti siciliani. A premere il grilletto questa volta fu la banda del bandito Giuliano, colonnello dell'EVIS, che successivamente venne ucciso da un suo luogotenente che morì misteriosamente in carcere dopo aver espresso la propria volontà di fornire i nomi dei mandanti della strage. Certo è che il 20 aprile dello stesso anno il PCI ebbe uno straordinario successo elettorale sull'isola (ottenne il 29% delle preferenze contro il 20% della DC) e altrettanto certo è che la cosa non fece molto piacere ai latifondisti locali, a Roma e a da qualche parte al di là dell'Atlantico.

C'è anche il sangue di tutti i caduti sul lavoro: operai, manovali, braccianti, muratori che ogni anno muoiono a centinaia. Muoiono mentre lavorano sempre più sfruttati e in condizioni sempre più precarie, dimenticati non solo dallo Stato ma anche dagli stessi sindacati confederali. Cerchiamo di ricordarci chi ha sempre firmato gli accordi col Governo e con i padroni, chi ha avvallato il pacchetto Treu e la legge 30. Ricordiamoci chi siede al tavolo della produttività insieme a Confindustria. Che lo facciano CISL e UIL non dovrebbe stupire nè indignare, ma quando a farlo è la CGIL che, almeno a parole, dovrebbe essere un sindacato comunista, allora la cosa è abbastanza grave. Un sindacato che prima avvalla le leggi che hanno causato la condizione lavorativa flessibile e precaria della mia e della nostra generazione e poi nel 2011 si sveglia e si accorge che tutto questo è brutto. Cambio di direzione? Col cavolo. Si sono semplicemente accorti che negli ultimi anni hanno subito una emorragia di tesserati e quindi hanno cercato una nuova vacca da mungere. Per non parlare poi del presunto sciopero generale del 6 maggio, organizzato con modalità ridicole e col chiaro intento criminale di farlo fallire. Ma questa è un'altra storia ed è meglio parlarne in un post ad hoc.

Forse ho fatto un quadro a tinte fosche della situazione, ma credo che questo 1 maggio 2011 ci sia ben poco da festeggiare. C'è, piuttosto, da riflettere su come riprendere il controllo delle nostre vite. Nella speranza che il rosso del sangue si tramuti nel nero della collera e della rabbia degli sfruttati.