Nascosta dalle elezioni amministrative e dai suoi risultati a sorpresa - quello di Pisapia a Milano su tutti - in questi giorni c'è stata anche un'altra tornata elettorale, il cui esito non è stato ancora preso molto in considerazione dagli analisti politici e dai principali mass media. Sto parlando del referendum regionale sul nucleare in Sardegna, il cui risultato, oltre ad essere estremamente interessante da analizzare, rischia di pesare come un macigno, soprattutto in vista dei referendum di giugno.
La prima cosa da analizzare, a mio avviso, è l'ampio superamento del quorum: ha votato circa il 60% degli aventi diritto, per un totale di 877.982 persone, nonostante i ripetuti inviti a disertare le urne e lo svolgersi delle amministrative in soli 93 comuni su 377. In secondo luogo è importante rilevare come il 97% dei votanti si è espresso contro l'installazione delle centrali nucleari sull'isola, una percentuale talmente importante che non lascia spazio ad interpretazioni di sorta.
Probabilmente il risultato è stato pesantemene influenzato da quanto accaduto a Fukushima, ma in cuor mio spero ci sia anche un altro motivo. Spero, infatti, che i sardi si siano stancati una volta per tutte di veder considerata la loro isola come la pattumiera del Mediterraneo o come il luogo dove installare tutte quelle strutture che nessuno vorrebbe nel proprio giardino di casa, ad esempio le centrali nucleari o i poligoni come quello di Quirra.
Non è mia abitudine cantare vittoria troppo presto, infatti aspetto con ansia i risultati del referendum a giugno, ma non posso fare a meno di gioire per la decisione presa dal popolo sardo.
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