mercoledì 28 marzo 2012

Il suicidio dei lavoratori e il sistema capitalista

Piccola riflessione in velocità aspettando che lunedì mi ritorni la connessione. Nella sua opera "Le suicide. Étude de sociologie", Emile Durkheim sostiene che il suicidio è un segno di insuccesso della società. Per rendersi conto di quanto questa affermazione è intrinsecamente vera basta dare un'occhiata ai vari quotidiani nazionali oppure, se vogliamo spaziare su di un orizzonte più ampio, alle statistiche sui suicidi in Grecia o in Cina.

Nel paese ellenico, schiacciato dalla recessione e massacrato dalle manovre economiche imposte dalla BCE, il tasso di suicidi tra i cittadini adulti è aumentato nel 2011 di circa il 40% rispetto all'anno precedente. A dirlo è lo stesso ministero della Salute di Atene, i cui dati sono stati ripresi tanto dal Wall Street Journal, quanto dal Corriere della Sera. In Cina, invece, troviamo il caso emblematico della Foxconn, società che produce tra le altre cose gli Iphone e gli Ipad - i nuovi status symbol per il giovane occidentale che non deve chiedere mai -  per conto della Apple, divenuta tristemente famosa per l'incredibile tasso di suicidi tra i propri dipendenti. Nonostante l'azienda sia "corsa ai ripari", facendo firmare a tutti i lavoratori una impegnativa in cui questi promettevano di non suicidarsi, quest'anno a gennaio ben trecento operai hanno minacciato di gettarsi dal tetto dello stabilimento di Wuhan. Riporto* quanto scritto dal Corriere della Sera per descrivere al meglio la situazione:
 Stando a quanto riferito dagli attivisti del gruppo per i diritti umani China Jasmine Revolution, la disputa è scoppiata all'inizio dell'anno, a seguito della richiesta di un aumento di stipendio per 100 dipendenti dell'impianto di Wuhan, capoluogo della provincia centrale dell'Hubei. La paga mensile di un operaio si aggira infatti intorno ai 2 mila yuan al mese, equivalenti all'incirca a 245 euro. Foxconn avrebbe risposto alla loro richiesta lanciando un ultimatum: i lavoratori potevano dimettersi con una buonuscita di mese di stipendio per ogni anno lavorato nell'azienda o tornare al lavoro. Molti dipendenti avrebbero quindi lasciato il posto, senza però ottenere quanto promesso. A quel punto, il 3 gennaio, 300 operai sono saliti sul tetto dello stabilimento, minacciando il suicidio. «Ci sentiamo senza prospettive, per questo abbiamo minacciato il suicidio di massa», ha raccontato al Telegraph un operaio.
Scavando un po' al di sotto della superficie di queste notizie di cronaca, possiamo giungere a determinate conclusioni. In Europa l'interruttore che può far scattare il suicidio in un disoccupato è la sistematica delusione delle aspettative che la società ripone nel singolo individuo. Pensiamoci bene: quando un uomo è considerato un vincente o comunque una parte vitale del tessuto sociale? Semplice, quando lavora e quando riesce a mantenere se stesso e la sua famiglia senza dover ricorrere all'aiuto di persone o enti esterni al proprio nucleo familiare. La perdita del lavoro e dell'indipendenza economica è quindi vissuta come una vera e propria umiliazione, il cui peso può diventare insostenibile. In Cina, e negli altri paesi dove solitamente le aziende occidentali delocalizzano la produzione, a uccidere sono le condizioni di lavoro insostenibili e le tutele pressoché assenti. Uno scenario che ricorda da vicino quello dell'Inghilterra durante la rivoluzione industriale, fatto di salari ridotti all'osso, lavoro massacrante e alienazione: quanto basta per togliere la voglia di vivere a qualsiasi individuo. 

E in Italia? Purtroppo non sono riuscito a trovare dati recenti, ma spulciando sulla rete sono comunque riuscito a racimolare qualche informazione interessante. Da uno studio dell'Eures, intitolato "Il suicidio in Italia al tempo della crisi. Caratteristiche, evoluzioni e tendenze", si può evincere come nel 2009, anno in cui la crisi economico-finanziaria ha iniziato a farsi sentire anche nel Belpaese, i suicidi siano aumentati di quasi il 6% rispetto al 2008. Ora, considerando il peggioramento globale delle condizioni di vita dei salariati italiani e l'aumento spropositato del costo della vita, è difficile riuscire a sperare in una inversione di tendenza, anzi, è molto più probabile che questo aumento sia cresciuto progressivamente con il passare degli anni.

Torniamo, per concludere, a Durkheim. Pare abbastanza chiaro che il modello socio-economico capitalista, basato sullo sfruttamento tanto degli esseri viventi (umani e non), quanto della Natura e delle sue risorse, in nome del profitto e dell'accumulazione di capitale, stia mostrando ancora una volta il suo vero volto, oltre a palesare la sua inefficacia come modello perfetto e massima aspirazione per il genere umano. Il sistema capitalista è piuttosto, per usare le parole di Bauman che a sua volta cita Rosa Luxemburg, un sistema parassitario. E da che mondo è mondo i parassiti vanno debellati.

*Ho deciso di non inserire più i link degli articoli della stampa italiana per una serie di motivi che spiegherò meglio in un articolo a parte.

giovedì 22 marzo 2012

Comunicazione di servizio

Il mio rapporto conflittuale con la tecnologia segna, per il mese di marzo, uno schiacciante 2 a 0 a favore della mia antagonista. Infatti, nel giro di poco meno di una settimana, sono riuscito a farmi disattivare "per errore" la connessione Internet a casa dei miei e a bruciare il disco fisso del portatile. Insomma, un vero e proprio disastro per il sottoscritto che, oltre a scrivere su questo blog, sopravvive grazie all'attività di web writer, necessitando quindi di una connessione relativamente veloce e sicuramente più stabile di quella fornita dalla chiavetta internet che sto usando in questo momento. Aggeggio tecnologico che mi causa abnormi trabocchi di bile ogni volta che si blocca, cioè ogni cinque minuti scarsi. Fate voi il conto dei moccoli che posso aver tirato scrivendo queste poche righe. Il succo del discorso, giusto per stringere, è che finchè non mi ritornerà una linea decente non potrò aggiornare moltissimo il blog, nonostante sia in una fase di grafomania cronica. Per fortuna sto scrivendo tutto su carta, in modo che mi basterà ribattere tutto al pc, quindi preparatevi ad una futura pioggia di post. Chiudo con una piccola riflessione: quanto è svilente scoprire di essere diventati così dipendenti da una cosa astratta e voluttuaria come la rete? Che sia diventata un nuovo bisogno primario, al pari del cibo e dell'acqua, per l'homo tecnologicus?


venerdì 9 marzo 2012

Svastica

Diciotto anni fa moriva nella sua casa di San Pedro, stroncato da una leucemia all'età di 73 anni, Henry Charles Bukowski. Ora, non è mia intenzione fare il classico post apologetico in cui si decantano le virtù del compianto scrittore: non amo questo genere di cose e sono convinto che lo stesso Bukowski non apprezzerebbe. "Intanto stai scrivendo..." direte voi e a pensarci bene avete anche un po' di ragione, tuttavia lo faccio solamente per segnalare uno dei racconti meno conosciuti dello scrittore americano, "Svastica".
Il racconto è presente nell'edizione originale di "Storie di ordinaria follia", ma non in quelle italiane; una vera e propria mancanza, considerato che il brano in questione è forse uno dei più originali e meglio riusciti dell'intera opera bukowskiana. Il motivo di tale "censura" non è di mia conoscenza, ma non mi stupirebbe se fosse dovuto esclusivamente al titolo, visto che anche l'Italia della cultura ha più e più volte dimostrato di essere niente più che un'Italietta da due soldi. Ad ogni modo vi lascio con il link dove poter scaricare "Svastica" in formato digitale. Leggete e se avete voglia tornare a riferire le vostre impressioni nei commenti.


"Nella prossima vita voglio essere un gatto. Dormire venti ore al giorno e aspettare che ti diano da mangiare. Starsene seduti a leccarsi il culo. Gli umani sono dei poveretti, rabbiosi e fissati."

Chissà vecchio Buk, magari le vie misteriose del destino, quello stesso destino che ti ha salvato da una morte quasi certa nell'ospedale dei poveri, ti ha accontentato.

martedì 6 marzo 2012

Per un pugno di dollari

Ieri ho scritto un post in cui parlavo delle varie strategie che possono essere messe in atto dal potere per delegittimare un movimento di protesta, ovvero repressione e demonizzazione attraverso i media. A dire il vero ce ne sarebbe pure un'altra che ho omesso non tanto per svogliatezza, quanto piuttosto per un mio errore di valutazione. Non credevo, infatti, che il Governo fosse così alla frutta da arrivare in così poco tempo alla "fase tre". Mentre girava voce che Napolitano, l'uomo del "dialogo", non avrebbe accolto la delegazione dei sindaci valsusini - politici, amministratori, mica blecche blocche della domenica - in quanto "saturo di impegni", sul sito di Repubblica compariva questo articolo.

Eccola la "fase tre", quella dettata dalla disperazione e dalla forsennata ricerca di un consenso che in Valle non c'è e non ci sarà mai. Ecco come chi detiene le leve del potere vuole far leva, in pieno periodo di crisi, sugli istinti più gretti dell'animo umano per spingere i valsusini a firmare un patto faustiano: un pugno di quattrini in cambio della valle e delle loro anime.

L'assurda pretesa di poter monetizzare il peggioramento delle condizioni di vita di una comunità e la devastazione ambientale in una intera valle, mostra l'assoluta miopia di chi ormai è abituato a ragionare esclusivamente in termini economici, incurante del rispetto della vita umana e della Natura. E dimostra anche l'arroganza di chi non ha ancora capito nulla di quella valle e di quei coraggiosi valligiani.

Monti, Napolitano...sarà düra!

lunedì 5 marzo 2012

Di pecorelle e sciacalli mediatici

Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono. Malcom X


Cosa succede quando un'intera valle si oppone con fermezza ad un progetto che porterà benefici soltanto a pochi - ovvero alla CMC, coop rossa legata al PD, alla Rocksoil s.p.a, legata all'ex ministro Lunardi e a Impregilo - e alla criminalità organizzata? In un primo momento si lascia correre, aspettando che la protesta scemi fisiologicamente, fino a scomparire del tutto. Se questo non succede e, anzi, il movimento di protesta continua ad ingrandirsi contro ogni aspettativa, si passa alla repressione. In Val di Susa questa si è palesata con una forte militarizzazione del territorio, soprattutto nella zona del non-cantiere, attraverso la creazione di un dispositivo di sicurezza da novantamila euro al giorno, che prevede anche la presenza di svariati militari delle truppe alpine. De facto una vera e propria occupazione militare, che evidentemente non deve risultare sufficiente a Maroni che da giorni l'invio dell'esercito in valle, nemmeno si fosse ad Herat. Si passa poi a fare qualche arresto, come quelli del 26 gennaio, allo scopo di fiaccare il morale degli altri attivisti.

Qualcosa, però, va storto. Invece del risultato sperato, si ha un effetto boomerang che porta una grande ondata di solidarietà nei confronti del movimento NO TAV, come  come dimostrato dagli 80.000 che hanno manifestato a Bussoleno il 25 febbraio, dai "quattro gatti" - secondo il Corriere della Sera - del 3 marzo a Roma, nonchè dalle migliaia di partecipanti alle varie iniziative di solidarietà su tutto il territorio nazionale e non. Si passa, allora, ad un'altra strategia, molto più subdola e di più difficile individuazione, ovvero la demonizzazione del movimento attraverso un uso strumentale dei media, allo scopo di privarlo dell'appoggio popolare e motivare una successiva ondata repressiva. Il metodo è estremamente semplice e vale la pena analizzarlo un po' più nel dettaglio.

In primo luogo si procede ad una divisione tra manifestanti buoni e manifestanti cattivi, enfatizzando i presunti legami dei secondi con sedicenti internazionali dell'eversione, in modo da risvegliare l'atavico terrore dei moderati nei confronti di ogni sovvertimento dello status quo. In secondo luogo si scava nella vita di eventuali arrestati o di "personaggi di spicco" alla forsennata ricerca del marcio, fosse anche una caramella rubata all'asilo, da gettare in pasto al pubblico affamato di "scoop" e per dimostrare ancora una volta la malvagità insita in ogni individuo incapace di abbassare la testa e stare zitto. In terzo luogo si procede alla mistificazione della cronaca, sia tacendo le notizie, sia elaborandone di nuove completamente false, sia divulgando spezzoni di video o fotogrammi privati del loro contesto originario. Nell'ultima settimana di esempi ne abbiamo avuti tantissimi, tra cui:


  • gli scontri in stazione a Torino. Diverse cariche a freddo e i lacrimogeni lanciati nei treni sono stati messi in secondo piano e liquidati come risposta per il lancio di pietre da parte dei manifestanti. Evidentemente a qualcuno non andava bene l'assenza di scontri durante la grande manifestazione a Bussoleno;
  • Luca e il traliccio. Si è enfatizzato il gesto di Luca etichettandolo come sconsiderato, senza menzionare i ritardi nei soccorsi e la violazione di qualsiasi protocollo operativo da applicare in situazioni di questo tipo, ovvero interruzione della corrente e intervento dei vigili del fuoco con materassi gonfiabili. La diffusione del video della Questura, senza audio e palesemente tagliato, unita a quanto successo con Turi Vaccaro - ovvero l'applicazione delle precauzioni sopraccitate - non fa che avvalorare la tesi secondo cui la caduta di Luca non sia stata del tutto accidentale;
  • Perino e la telefonata. Lo sfogo di Perino è stato fatto passare come una sequela di insulti del tutto gratuiti. In realtà, ascoltando la registrazione della chiamata, si può facilmente notare come lo stesso Perino sia stato incalzato da Cruciani. Considerato lo stato di Perino, provato per la mobilitazione e per l'incertezza circa le condizioni cliniche di Luca, il risultato non poteva che essere questo;
  • La pecorella. Il video in cui un manifestante definisce "pecorella" un carabiniere ha fatto il giro della rete. Peccato fosse soltanto un frammento di un discorso molto più ampio, che riguardava anche temi come l'assenza di numeri identificativi sulle uniformi degli agenti. Subito sono stati scritti articoli per elevare il carabiniere in questione a cittadino modello per non aver reagito alle provocazioni - dimenticandosi che così facendo si considerano normali gli abusi e la violenza poliziesca - e a uomo del popolo perchè ha uno stipendio "proletario". Allo stesso modo si sono sprecate le citazioni di Pasolini, ma vaglielo a spiegare ai sedicenti radical chic che Valle Giulia e la Val di Susa sono due realtà un po' differenti tra di loro. Ovviamente non una parola su questo.
  • Le "aggressioni" ai giornalisti. Ben presto sono girate voci riguardanti presunte aggressioni fisiche ai danni dei cronisti, la più famosa delle quali è quella presunta ai danni della troupe del Corriere della Sera. Peccato che sia stata gonfiata ad arte, come si evince da questo servizio di Sky. In effetti insulti e minacce ci sono state, ma da parte delle forze dell'ordine. Nonostante questo c'è stata una levata di scudi in difesa della libertà di stampa;
Ora sorge spontanea una domanda: può esistere la libertà di stampa in un paese come l'Italia? La risposta è no. Non può esistere laddove la maggioranza dei giornali è organo di partiti o movimenti politici oppure è controllata da grandi gruppi editoriali, come nel caso dei maggiori quotidiani nazionali, il Corriere della Sera che fa capo alla RCS Mediagroup e La Repubblica che è nella "scuderia" del Gruppo Editoriale l'Espresso a sua volta controllato dalla CIR di de Benedetti. Non può esistere nemmeno laddove, a fianco delle penne blasonate che firmato gli editoriali e gli articoli di opinione, esiste un esercito di precari senza tutele: si può essere veramente liberi di scrivere ciò che si pensa con la spada di Damocle della scadenza del contratto a progetto? Francamente penso proprio di no.






giovedì 1 marzo 2012

Sedicente editoriale: ed è arrivato marzo

Alla fine è arrivato marzo. La primavera è alle porte e forse vale la pena fare un po' il bilancio dell'attività di questo piccolo angolo della rete, magari provando a buttare giù qualche idea per il futuro. In realtà si tratta solamente di un modo nemmeno tanto ingegnoso di auto-lodarmi, ma vabbè.

Partiamo dai numeri. Nei primi due mesi del 2012, nonostante avessi abbandonato completamente il blog da ottobre, ho potuto riscontrare un incremento nel numero di visitatori, tanto che il loro numero è costantemente sopra i trecento mensili, con una tendenza all'incremento. Il tutto senza che il sottoscritto abbia mai fatto molto per sponsorizzare questa pagina, a parte mettere RSS Graffiti su Facebook. Sono cose che fanno indubbiamente piacere, specialmente quando si è quasi completamente privi di autostima come il sottoscritto. Le pagine più visitate sono quelle su Andrej Chikatilo, la recensione de "L'ombra dello scorpione" e una mia riflessione su Huxley.

Per il futuro, quindi, cercherò di orientarmi in questo senso, cercando di impegnarmi a realizzare almeno un post serio a settimana, con tutto il corollario di sfoghi e altre amenità. Per quanto riguarda la recensioni, temo che bisognerà aspettare un po', visto che disoccupazione e costo esorbitante dei libri in Italia non vanno molto d'accordo. Potrei puntare sugli e-book - cosa che in effetti vorrei fare - ma prima dovrei recuperare un reader, visto che dopo 10 minuti di lettura al pc mi si incrociano gli occhi. Ma non temete, ne arriveranno anche altre...prima o poi.