La vicenda della sonda spaziale Phobos-Grunt, destinata all'esplorazione di Marte, e che, invece, si è schiantata nell'Oceano Pacifico a causa di un malfunzionamento, mi ha riportato alla memoria un documentario che avevo visto ancora parecchio tempo fa - credo almeno 4 o 5 anni - riguardante il problema dei detriti spaziale. Attenzione: non mi riferisco a meteoriti, bolidi, asteroidi o a qualsiasi altro oggetto di origine naturale, bensì a tutti i rifiuti - in effetti è questo che sono - derivati dall'attività umana nello spazio. Ebbene sì, dopo aver inquinato il pianeta siamo riusciti a fare casini anche al di fuori di esso. Una cosa mica da poco.
Ironia a parte il problema è piuttosto serio, tanto da giustificare la nascita di un ente internazionale, lo IADC (Inter-Agency Space Debrees Committee), adibito proprio al controllo del fenomeno. Ma in cosa consistono questi detriti spaziali? Altro non sono che tutti quei materiali inviati in orbita e che lì giacciono inutilizzati, ovvero stadi di razzi, satelliti o loro frammenti, polveri e scaglie di vernice. Si potrebbero aggiungere alla lista anche vari oggetti persi dagli astronauti durante le attività extra-veicolari - guanti, macchine fotografiche, cassette degli attrezzi - e i sacchi di immondizia gettati nello spazio dei cosmonauti della Mir. La maggior parte di questa "spazzatura spaziale" è di piccole dimensioni e ricade nell'atmosfera nel giro di poche settimane senza conseguenza alcuna, ma in orbita ci sono anche circa 15.000 oggetti pesanti più di 100 kg. Come il satellite UARS che, precipitando nel settembre dello scorso anno, ha attraversato anche l'Italia gettando nel panico un bel po' di persone. Per nostra fortuna la caduta di satelliti è un evento piuttosto raro e la probabilità che eventuali frammenti raggiungano il suolo in zone abitate è molto bassa.
Il vero problema si manifesta in orbita dove, a causa dell'assenza di attrito, la loro velocità è estremamente elevata, tanto che anche minuscoli frammenti di vernice possono risultare molto pericolosi. Non a caso la ISS (International Space Station) è stata dotata di speciali protezioni per ridurre i danni da impatto. Sono proprio gli impatti, similarmente a quanto accade con gli asteroidi, a creare il maggior numero di detriti, tanto che nel 1991 un consulente della NASA, tale Donald J. Kessler, ipotizzò uno scenario chiamato, appunto, sindrome di Kessler. Essa si manifesterebbe nel momento in cui il volume dei detriti presenti nella bassa orbita terrestre sia così elevato da causare un elevato numero di impatti tra di loro. Se ciò avvenisse ne scaturirebbe una reazione a catena con un aumento esponenziale del numero dei detriti e, di conseguenza, anche del numero di impatti, rendendo di fatto impossibile l'esplorazione spaziale e l'uso dei satelliti artificiali per generazioni.
Certo, è solo un'ipotesi che ben si presta a spunti catastrofistici, ma siamo sicuri che l'uomo sarà in grado di impedire che ciò accada?
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