lunedì 2 gennaio 2012

Apologia del viaggio

Tornare a scrivere dopo tanta, troppa inattività regala sempre una sensazione "strana". E' come un terreno inaridito, crepato dal caldo, che torna a nuova vita dopo l'arrivo della pioggia, è come un fiume in piena che dalle sinapsi si riversa per i fasci nervosi fino alla penna (o la tastiera in questo caso). Metafore a parte è certamente una sensazione appagante, liberatoria, come lo è la fine di ogni astinenza, a maggior ragione se questa è stata lunga.

Astinenza che purtroppo continua, ahimè, per quanto riguarda i viaggi. Non intendo quelli interiori alla ricerca di sè, o quelli onirici a là Hofmann, ma di quelli verso luoghi e popoli diversi. Premetto fin da subito che per il sottoscritto esiste solo il viaggio zaino in spalla, dormendo negli ostelli e viaggiando coi mezzi più proletari (treni, autobus, taxi collettivi), al fine di entrare veramente a contatto con la popolazione locale, coi suoi costumi e con la sua cultura. Tenete il più lontano possibile da me gli asettici villaggi vacanze o le gigantesche navi da crociera con la loro realtà preconfezionata, le torme di animatori e le masse di connazionali: vade retro Satana!

La mia idea è quella di consacrare il 2012 all'avventura. Le mete che ho in mente sono tante e variegate. Si parte dalla più vicina Sardegna (periplo dell'isola con puntate verso l'interno) per poi allontanarsi verso nord (Irlanda, Scandinavia) e verso est (Balcani, Turchia). fino ad arrivare al viaggio dei viaggi: la leggendaria Transiberiana con deviazioni verso Cina e Mongolia. Non mi saranno di ostacolo nè le barriere linguistiche - il linguaggio dei gesti è bene o male universale - nè quelle fisiche tra Stati, pur essendo la burocrazia una gran brutta bestia. L'unico ostacolo enorme e per il momento insormontabile è la scarsità di vil denaro derivante da una situazione di disoccupazione "stagionale". Purtroppo le prospettive per il futuro non sono proprio rosee, tra un'economia in recessione e una probabile riforma del mondo del lavoro che ci costringerà ad essere ancora più flessibili e precari per meglio rispondere alle esigenze dei datori di lavoro, il tutto con minori tutele. Certo, la speranza è l'ultima a morire, ma chi mi conosce sa che non brillo per l'ottimismo...

Concludo con un invito ai miei lettori (ne avrò ancora dopo questa lunghissima pausa?), cui chiedo di socializzare nei commenti (qui o su Facebook) eventuali suggestioni o resoconti di viaggio. Alla prossima.

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