La notizia della chiusura di Megavideo, e di conseguenza anche di Megaupload, da parte delle autorità americane ha fatto il giro della rete in un battito di ciglia. Le accuse sono abbastanza pesanti e spaziano dall'associazione a delinquere finalizzata all'estorsione fino ad arrivare alla violazione del diritto d'autore, tanto che gli indagati rischiano fino a 50 anni di carcere.
Ora, questo non vuole essere l'ennesimo post in cui chi scrive si straccia le vesti e si cosparge il capo di cenere pensando che non potrà più vedere film in streaming: per fortuna la rete è poliedrica e ci sono già decine di siti alternativi. Piuttosto volevo fare un paio di riflessioni sulla vicenda.
Innanzitutto appare chiaro che, anche nella fantomatica terra delle libertà, chiunque attenti ai (mega)profitti di pochi debba essere punito in maniera esemplare. 50 anni di carcere per della "pirateria" online mi sembrano decisamente troppi, quasi si volessero colpire un paio di soggetti per dare una lezione a tutti gli altri. Con le dovute differenze mi vengono alla mente i provvedimenti draconiani presi dal governo inglese durante la stagione del luddismo: chi veniva sorpreso a distruggere una macchina era immediatamente condannato a morte. Insomma, è una storia vecchia come il mondo: il Capitale vince sempre sull'uomo.
In secondo luogo, con la chiusura dei due "Mega" viene meno una piattaforma che dava enorme visibilità a tutta una serie di produzioni "alternative", realizzate da autori emergenti, del tutto slegate dalla logica del profitto. Come se in passato fosse facile riuscire a far fronte alla concorrenza "mainstream", forte dei suoi nomi blasonati e dei suoi investimenti milionari. Non mi sto riferendo al solo mondo del cinema, dato che lo stesso discorso è applicabile tanto al mondo dell'editoria quanto a quello della musica.
Tutto questo mentre il SOPA (Stop Online Piracy Act) non è ancora stato approvato...
Parole sante!
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