Lo avevo già anticipato nel sedicente editoriale di luglio e visto che sono una persona di parola eccoci col primo di una serie di post dedicati ai predatori di uomini, i serial killer. Ribadisco di nuovo che non si tratta in alcun modo di esaltazione di tali personaggi, ma semplicemente di un viaggio nei meandri più nascosti e perversi della psiche umana.
Come primo soggetto ho scelto il più prolifico serial killer russo, Andrej Chikatilo. L'ho fatto per una serie di ragioni, tra cui il suo comportamento atipico - nella sua "carriera" ebbe pause lunghe anche alcuni anni - e l'incredibile serie di coincidenze che ne ha impedito l'arresto per lungo tempo.
Chikatilo nasce il 16 ottobre 1936 in un piccolo villaggio rurale in Ucraina. E' nella sua infanzia che risiedono i traumi che successivamente lo trasformeranno nel mostro di Rostov. Fin dalla più tenera età la madre gli racconta la storia di un suo presunto fratello maggiore - non risulta infatti all'anagrafe - che, durante l'Holodomor, venne rapito e cannibalizzato da dei vicini affamati. Come se ciò non bastasse Chikatilo fu testimone della spietata occupazione nazista dell'Ucraina, tanto che sviluppò fantasie - per altro comuni anche in altri bambini dell'epoca - in cui portava prigionieri tedeschi nei boschi per massacrarli. Il padre fu fatto prigioniero durante la guerra e in sua assenza il giovane Andrej divideva il letto con la madre: questa era solita punire le polluzioni notturne picchiando e umiliando il ragazzo.
All'età di 18 anni tentò di aggredire un'amica della sorella. Durante questo episodio ebbe una erezione - Chikatilo soffriva di impotenza - e di conseguenza iniziò ad associare le aggressioni violente al sesso. Nel 1971 tenta la carriera di insegnante con pessimi risultati. Incapace di imporre un minimo di disciplina viene anzi deriso e talvolta aggredito dai suoi allievi. Ripetutamente accusato di percosse e molestie passa da un istituto all'altro, finchè non viene costretto ad abbandonare l'insegnamento. E' da notare come non venne mai arrestato nè processato per gli abusi sui suoi studenti: le autorità scolastiche preferivano licenziarlo invece di iniziare un'indagine che avrebbe potuto rovinare la reputazione della scuola.
Nel 1978 viene assunto come commesso viaggiatore di una industria nei pressi di Rostov. Questo evento rappresenta lo spartiacque della sua vita: i numerosi viaggi di lavoro vennero usati per compiere i suoi delitti. Nello stesso anno uccise la sua prima vittima, una bambina di 9 anni. Per l'omicidio venne arrestato e giustiziato un giovane del posto. Rimane inattivo per quattro anni, quando ricomincia ad uccidere. Il suo modus operandi è sempre lo stesso: cerca le sue vittime nelle vicinanze delle stazioni ferroviarie e delle fermate degli autobus e una volta che le ha trovate le porta in un bosco dove le uccide.
Le autorità sovietiche si mossero solamente al ritrovamento del sesto cadavere (su 14 vittime totali). La ragione di tale ritardo è da ricercarsi nella criminologia sovietica, che considerava gli omicidi seriali "comuni solo nelle edonistiche nazioni capitaliste". Il team della polizia di Mosca inviato a Rostov lavorò in modo assai approssimativo, ricorrendo spesso e volentieri a brutali interrogatori che portarono alla morte di almeno un fermato. Successivamente l'attenzione degli investigatori si concentrò sulla comunità omosessuale, portando alla schedatura di oltre 150.000 persone. Solo nel 1984, dopo altri 15 omicidi, furono aumentate le pattuglie in servizio nei pressi delle principali fermate di trasporti pubblici.
Nello stesso anno Chikatilo venne arrestato vicino ad una fermata del bus a Rostov. Il suo passato fu analizzato, ma non emersero prove sufficienti per collegarlo agli omicidi. Dopo tre mesi di carcere per piccoli furti sul posto di lavoro venne rilasciato. Successivamente si seppe che l'uomo venne scartato dalla lista dei sospetti perchè i test sui fluidi corporei avevano evidenziato che il suo gruppo sanguigno era diverso da quello dei campioni di liquido seminale. Se all'epoca fosse stato disponibile il test del DNA il mostro di Rostov non avrebbe colpito mai più.
In seguito all'arresto Chikatilo mantenne un basso profilo, uccidendo sporadicamente e prevalentemente lontano dalla zona di Rostov. L'uomo infatti seguiva con attenzione le indagini della polizia che nel frattempo si erano rivitalizzate: tutti gli omicidi vennero nuovamente analizzati nel dettaglio e i criminali sessuali vennero interrogati nuovamente, anche con l'ausilio di uno psichiatra.
Nel 1990 ci fu una escalation di omicidi, ben nove tra gennaio e novembre. La polizia intensificò i controlli, ricorrendo anche ad agenti in borghese travestiti da prostitute e senzatetto. Il 6 novembre, mentre emergeva da un bosco dove aveva appena commesso un omicidio, Chikatilo fu fermato da un agente. Nonostante le ferite e gli abiti sporchi di sangue, il poliziotto si limitò a prendere le generalità dell'uomo. Poco dopo, nel bosco vicino alla stazione di Leschoz, venne ritrovato un cadavere: era la seconda volta che l'ex insegnante veniva indirettamente associato ad un omicidio.
Chikatilo fu messo sotto stretta sorveglianza. Il 20 novembre gli agenti di sorveglianza videro l'uomo mentre cercava di avvicinare bambini usando una lattina di birra come esca. La sua insistenza convinse la polizia ad arrestarlo. Durante l'interrogario Chikatilo si lasciò andare ad una confessione fiume e tra il 30 novembre e il 5 dicembre confessò ben 56 delitti (la polizia aveva fermato il conteggio a 36), offrendosi anche di fornire le prove.
Il processo iniziò il 4 aprile 1992. Giudicato sano di mente venne tenuto per tutta la durata del procedimento in una gabbia al centro dell'aula, costruita ad hoc per proteggerlo dai parenti delle vittime. Il 15 ottobre dello stesso anno fu letta la sentenza: l'uomo fu dichiarato colpevole e condannato a morte. Quando gli fu permesso di parlare Chikatilo iniziò a delirare attaccando il governo, i leader politici e la sua impotenza arrivando a denudarsi. La sentenza fu eseguita, con un colpo alla nuca, nel febbraio del 1994.
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