giovedì 2 febbraio 2012

A proposito di bavagli sulla rete

In questi ultimi tempi il dibattito - online e non solo - sulla libertà della rete è stato più acceso che mai. Il rischio che negli States vengano approvate delle leggi liberticide come il SOPA (Stop Online Piracy Act) e il PIPA (Protect Ip Act), il blitz federale che ha portato alla chiusura di Megaupload e i blocchi preventivi di siti come FileSonic o Fileserve, dimostrano una volta di più una delle debolezze intrinseche alla rete: la sua estrema vulnerabilità agli attacchi provenienti tanto dalle lobby, quanto dai  singoli Stati. Per quanto la rete sia "libera" dobbiamo pur sempre ricordarci che è costantemente monitorata e che basta veramente poco per limitarne o precluderne l'accesso. Pensiamo ai paesi dell'ex blocco sovietico - Bielorussia, Tagikistan, Uzbekistan, ecc. - in cui spesso esiste un solo provider di proprietà dello Stato, oppure a paesi come Iran, Arabia Saudita, Siria e Cina  dove la rete è pesantemente censurata.

Proprio in questi giorni sia Twitter che - ahimè - Blogger hanno annunciato che introdurranno alcune limitazioni alla libertà di espressione: la censura, in parole povere. Le due piattaforme hanno infatti deciso di rendere possibile il blocco dei contenuti anche a livello locale, ovvero in un singolo paese. Detto in soldoni, se Tizio scrive un post con contenuti che il governo cinese considera sgradevoli, il suo post sarà visibile in tutto il mondo meno che in Cina. Le due aziende parlano di "adattarsi alle differenti idee sulla libertà di espressione", ma a me sembra soltanto una genuflessione ai regimi, oltre che un pericolosissimo precedente. Chi stabilirà cosa può essere pubblicato e cosa no? Chi controllerà i controllori? Qualcuno, evidentemente, non si è posto queste domande e se lo ha fatto avrà pensato che "business is business" e che quattro cyber-dissidenti non valgono una mancata espansione del mercato.

Eppure in tutte queste tenebre c'è anche un piccolo spiraglio di luce. La Camera ha infatti cassato l'emendamento alla norma comunitaria presentato dal leghista Giovanni Fava (nomen omen!). Tale emendamento prevedeva l'obbligo da parte dei provider di rimuovere qualsiasi contenuto ritenuto illecito oppure offensivo. E chi avrebbe mai stabilito la liceità o meno di una pagina web o di un post? Lo stesso richiedente della censura. Bene, per il momento possiamo tirare un piccolo sospiro di sollievo... 

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