domenica 17 giugno 2012

Pane e vino

Per un motivo o per l'altro, o per una serie di fortuite coincidenze (anche se il sottoscritto non è molto propenso a credere all'esistenza delle stesse), la mia carriera lavorativa è sempre stata collegata alla produzione di cibo. Ho lavorato nei campi, raccogliendo mele e uva, ho imbottigliato acqua minerale, vino, birra, ho confezionato pane e derivati.

Apparentemente non è nulla di diverso dal lavoro in catena, fatto di gesti codificati ripetuti all'infinito, fino a perdere qualsiasi significato, fino a diventare alienanti. Eppure, quando si ha a che fare con il cibo, il tutto assume una valenza completamente diversa: quello che ti passa tra le mani non è un oggetto inerte come può essere un cacciavite o un componente elettronico, bensì vita, fonte di nutrimento per altre persone. Inoltre panificazione e vinificazione sono attività antiche come la civiltà stessa, anzi, sono l'essenza stessa della civiltà. Attività che nel corso dei secoli e dei millenni si sono trasformate e modernizzate, fino a perdere la loro funzione primaria, quella di sfamare, per diventare fonte di profitto. Ed è proprio qui che iniziano i problemi, visto che produzione industriale significa anche scartare tutto ciò che non risponde agli standard, tutti i prodotti troppo piccoli o troppo grandi, quelli troppo cotti, eccetera. Nel momento in cui lo scarto può essere riutilizzato, come ad esempio in una acciaieria o in una vetreria, non vengono a crearsi grosse problematiche; tuttavia destinare tonnellate di pane e altri alimenti alla distruzione, nel momento in cui milioni di individui non hanno di che sfamarsi, è un vero e proprio crimine contro l'umanità.


Ps. Chiedo scusa per eventuali errori/sviste, ma i turni di notte mi mandano in pappa il cervello...

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