lunedì 30 gennaio 2012

Il dottor Huxley, la distopia e le "profezie"

La profonda ammirazione del sottoscritto nei confronti di Aldous Huxley e della sua opera più conosciuta è facilmente intuibile dal nome che ho scelto per questo blog. Giovedì sera mi è capitato di discutere proprio de "Il mondo nuovo" insieme a degli amici con cui ero uscito a cena e, tra un sorso di birra e un altro, siamo giunti alla conclusione che, al di là dei gusti personali, il romanzo si è rivelato "profetico" sotto diversi punti di vista. Da qui l'idea di approfondire l'argomento, visto che una certa quantità di preveggenza è comune anche ad altre opere distopiche.

Quello descritto da Huxley nella sua opera, pubblicata per la prima volta nel "lontano" 1932, è un mondo profondamente ambivalente. Il genere umano conduce, grazie anche ad un enorme progresso tecnologico, un'esistenza apparentemente felice, priva delle preoccupazioni e dei problemi che affliggono quotidianamente l'uomo moderno, ma tutto ciò ha un prezzo: la sua completa de-umanizzazione. Gli esseri umani, infatti, vengono prodotti in serie in apposite strutture governative, all'interno delle quali avviene anche lo sviluppo degli embrioni in ambiente extra-uterino e la successiva suddivisione in caste. Gli individui alfa e beta, destinati a ricoprire incarichi dirigenziali, hanno uno sviluppo normale, mentre le tre caste "inferiori", ovvero gamma, delta ed epsilon, sono sottoposti al cosiddetto "processo Bokanovsky", attraverso il quale è possibile ottenere un gran numero di coppie di gemelli a partire da un singolo embrione fecondato, e ad altri procedimenti al fine di abbassare il loro grado di intelligenza. Gli umani così ottenuti vengono sottoposti fin dalla nascita ad un processo di condizionamento che prevede l'ipnosi e l'impiego massiccio di slogan ripetuti come mantra e, una volta divenuti adulti, possono ricorrere al "soma", una potente droga euforizzante, che viene distribuita gratuitamente.

Huxley sembra essere riuscito a prevedere, con ben ottanta anni di anticipo, diversi aspetti del mondo contemporaneo; ciò emerge fin dalle prime pagine del romanzo, quando il Direttore del Centro di incubazione e condizionamento di Londra Centrale illustra a degli studenti il già citato "processo Bokanovsky", che ricorda a grandi linee sia la manipolazione genetica, sia la clonazione. Argomenti che oggi sono di stringente attualità, ma che all'epoca erano pura fantascienza non essendo ancora stato scoperto il DNA. Una sorta di "preveggenza" condivisa anche con altre opere di genere distopico, basti pensare a "Noi" di Zamjatin, in cui si possono ravvisare la completa spersonalizzazione dell'individuo ridotto a un numero e l'alienante organizzazione del lavoro tipica dei grandi complessi industriali moderni (come la Foxconn, giusto per fare un esempio), o a "1984" di George Orwell, in cui è descritto un sistema di controllo sociale che sembra realizzarsi anche nel nostro mondo: telecamere in ogni angolo, droni, parametri biometrici, protocolli RFID, schedature di massa...

Altre fosche previsioni sono contenute nel saggio "Ritorno al mondo nuovo". Scritto nel 1958, rielabora ed amplia alcune delle tematiche già descritte nel romanzo, come il condizionamento e il lavaggio del cervello, aggiungendone di nuove, come la sovrappopolazione. Rileggendo queste pagine nel 2012 non si può fare a meno di rimanere colpiti dalla lucidità di Huxley nel delineare scenari che si sono effettivamente verificati, perchè il mondo descritto in quelle pagine non è un ipotetico mondo futuro: è il nostro. Lo scrittore inglese parla di un accentramento della ricchezza e del potere economico nelle mani di pochi individui, cosa che è puntualmente accaduta nel momento in cui l'asse del potere si è spostato dagli Stati ai grandi istituti di credito, alle banche centrali e ai loro azionisti. Allo stesso modo come definire il bombardamento mediatico da parte di media sempre più rispondenti ad interessi lobbistici, la creazione di "mostri" e di fantomatici nemici - interni o esterni è ininfluente - oppure la creazione di bisogni artificiali da soddisfare attraverso l'acquisto di quel dato prodotto, se non "lavaggio del cervello"?.

Mi rendo conto di essere stato molto sintetico, forse anche troppo; tuttavia, per vari motivi, non ho potuto fare altrimenti. Per trattare in maniera esaustiva un argomento come la distopia e i parallelismi tra scenari ipotetici e mondo reale sarebbe necessario scrivere un saggio, cosa che non mi dispiacerebbe fare, ma che ora mi risulta impossibile. Concludo con un piccolo consiglio: se avete già letto i libri menzionati in questo post provate a rileggerli; in caso contrario correte in biblioteca e prendeteli in prestito.

mercoledì 25 gennaio 2012

Gli sfigati che si laureano a 28 anni

Al peggio non c'è mai limite. Prima venne il "caro" Padoa Schioppa con in suoi "bamboccioni", seguito di lì a poco dal "breve" Brunetta e dalle sue esternazioni pubbliche secondo cui i precari sarebbero la parte peggiore dell'Italia. Per ultimo arrivò il "giovane", ovvero il viceministro al lavoro Martone, col suo terribile anatema foriero di sventura. "Se a 28 anni non sei ancora laureato sei uno sfigato" sentenziò non ammettendo repliche di alcun tipo.

Un linguaggio da giovane rampante quale il viceministro sicuramente è, talmente rampante da riuscire a bruciare le tappe della carriera accademica fino a diventare ordinario di diritto pubblico a Teramo alla tenera età di 29 anni, per poi passare alla LUISS. Insomma, un percorso di tutto rispetto - e dire che l'università italiana è piena di quarantenni che non riescono ad andare oltre lo status di ricercatore precario - sicuramente frutto della tanto decantata meritocrazia e non di qualche aiutino proveniente dal "ben introdotto papà", come lo definisce l'Espresso.

Forse il buon Martone non ha mai avuto gli stessi problemi che incontrano tanti "sfigati" nel pagare le tasse universitarie e un affitto, due voci di spesa in costante aumento nella vita di ogni studente universitario. Forse non sa il buon Martone che molti degli "sfigati" in questione non si fanno mantenere da papà e mamma - vuoi per dignità o perchè la famiglia non può far fronte alla spesa - ma alternano lo studio a quella pratica tanto ingrata che si chiama lavoro. Magari non sa che il fattorino della pizza a domicilio o la ragazza del call center sono lì per pagarsi gli studi, così come non conosce le enormi difficoltà che uno studente lavoratore incontra durante la sua carriera: mole di studio doppia per chi non frequenta i corsi, impossibilità di prendersi un giorno di permesso in occasione degli esami, eccetera. Tutte cose che, volenti o nolenti, aumentano in maniera esponenziale il tempo di permanenza all'università. 

Sia ben chiaro che non mi riferisco a chi si parcheggia negli atenei per fare il bohemienne campando di rendita. Quelli non sono sfigati, sono parassiti. Ad ogni modo forse il buon Martone dovrebbe togliersi un po' l'aria da figlio di papà e di iniziare a vedere come funziona veramente il mondo.



venerdì 20 gennaio 2012

Goodbye Megavideo

La notizia della chiusura di Megavideo, e di conseguenza anche di Megaupload, da parte delle autorità americane ha fatto il giro della rete in un battito di ciglia. Le accuse sono abbastanza pesanti e spaziano dall'associazione a delinquere finalizzata all'estorsione fino ad arrivare alla violazione del diritto d'autore, tanto che gli indagati rischiano fino a 50 anni di carcere.

Ora, questo non vuole essere l'ennesimo post in cui chi scrive si straccia le vesti e si cosparge il capo di cenere pensando che non potrà più vedere film in streaming: per fortuna la rete è poliedrica e ci sono già decine di siti alternativi. Piuttosto volevo fare un paio di riflessioni sulla vicenda.

Innanzitutto appare chiaro che, anche nella fantomatica terra delle libertà, chiunque attenti ai (mega)profitti di pochi debba essere punito in maniera esemplare. 50 anni di carcere per della "pirateria" online mi sembrano decisamente troppi, quasi si volessero colpire un paio di soggetti per dare una lezione a tutti gli altri. Con le dovute differenze mi vengono alla mente i provvedimenti draconiani presi dal governo inglese durante la stagione del luddismo: chi veniva sorpreso a distruggere una macchina era immediatamente condannato a morte. Insomma, è una storia vecchia come il mondo: il Capitale vince sempre sull'uomo.

In secondo luogo, con la chiusura dei due "Mega" viene meno una piattaforma che dava enorme visibilità a tutta una serie di produzioni "alternative", realizzate da autori emergenti, del tutto slegate dalla logica del profitto. Come se in passato fosse facile riuscire a far fronte alla concorrenza "mainstream", forte dei suoi nomi blasonati e dei suoi investimenti milionari. Non mi sto riferendo al solo mondo del cinema, dato che lo stesso discorso è applicabile tanto al mondo dell'editoria quanto a quello della musica.

Tutto questo mentre il SOPA (Stop Online Piracy Act) non è ancora stato approvato...

mercoledì 18 gennaio 2012

Pattume cosmico

La vicenda della sonda spaziale Phobos-Grunt, destinata all'esplorazione di Marte, e che, invece, si è schiantata nell'Oceano Pacifico a causa di un malfunzionamento, mi ha riportato alla memoria un documentario che avevo visto ancora parecchio tempo fa - credo almeno 4 o 5 anni - riguardante il problema dei detriti spaziale. Attenzione: non mi riferisco a meteoriti, bolidi, asteroidi o a qualsiasi altro oggetto di origine naturale, bensì a tutti i rifiuti - in effetti è questo che sono - derivati dall'attività umana nello spazio. Ebbene sì, dopo aver inquinato il pianeta siamo riusciti a fare casini anche al di fuori di esso. Una cosa mica da poco.

Ironia a parte il problema è piuttosto serio, tanto da giustificare la nascita di un ente internazionale, lo IADC (Inter-Agency Space Debrees Committee), adibito proprio al controllo del fenomeno. Ma in cosa consistono questi detriti spaziali? Altro non sono che tutti quei materiali inviati in orbita e che lì giacciono inutilizzati, ovvero stadi di razzi, satelliti o loro frammenti, polveri e scaglie di vernice. Si potrebbero aggiungere alla lista anche vari oggetti persi dagli astronauti durante le attività extra-veicolari - guanti, macchine fotografiche, cassette degli attrezzi - e i sacchi di immondizia gettati nello spazio dei cosmonauti della Mir. La maggior parte di questa "spazzatura spaziale" è di piccole dimensioni e ricade nell'atmosfera nel giro di poche settimane senza conseguenza alcuna, ma in orbita ci sono anche circa 15.000 oggetti pesanti più di 100 kg. Come il satellite UARS che, precipitando nel settembre dello scorso anno, ha attraversato anche l'Italia gettando nel panico un bel po' di persone. Per nostra fortuna la caduta di satelliti è un evento piuttosto raro e la probabilità che eventuali frammenti raggiungano il suolo in zone abitate è molto bassa.

Il vero problema si manifesta in orbita dove, a causa dell'assenza di attrito, la loro velocità è estremamente elevata, tanto che anche minuscoli frammenti di vernice possono risultare molto pericolosi. Non a caso la ISS (International Space Station) è stata dotata di speciali protezioni per ridurre i danni da impatto. Sono proprio gli impatti, similarmente a quanto accade con gli asteroidi, a creare il maggior numero di detriti, tanto che nel 1991 un consulente della NASA, tale Donald J. Kessler, ipotizzò uno scenario chiamato, appunto, sindrome di Kessler. Essa si manifesterebbe nel momento in cui il volume dei detriti presenti nella bassa orbita terrestre sia così elevato da causare un elevato numero di impatti tra di loro. Se ciò avvenisse ne scaturirebbe una reazione a catena con un aumento esponenziale del numero dei detriti e, di conseguenza, anche del numero di impatti, rendendo di fatto impossibile l'esplorazione spaziale e l'uso dei satelliti artificiali per generazioni.

Certo, è solo un'ipotesi che ben si presta a spunti catastrofistici, ma siamo sicuri che l'uomo sarà in grado di impedire che ciò accada?


lunedì 16 gennaio 2012

Predatori di uomini: Ed Gein

Ed Gein, conosciuto anche con il nome di macellaio di Plainsfield, probabilmente è il serial killer che ha colpito maggiormente l'immaginario collettivo, tanto da entrare prepotentemente nella cultura popolare. Infatti tanto il mondo del cinema quanto quello dei libri si sono ampiamente ispirati a lui, utilizzandolo come archetipo per tutta una serie di protagonisti negativi. Tutto questo interesse è dovuto non tanto all'efferatezza dei suoi crimini, bensì piuttosto alla sua psiche e tutta una ritualità postmortem che trova ben pochi termini di paragone.

Ed nasce il 27 agosto del 1906 a La Crosse, una piccola cittadina nel Wisconsin. Ben presto, però, si trasferisce in una fattoria nella vicina Plainsfield coi genitori e il fratello maggiore, Henry. Il padre è un ubriacone violento, spesso disoccupato, mentre la madre, oltre a garantire il sostentamento della famiglia, si occupa anche dell'educazione dei figli. Da buona fanatica religiosa li sottopone quotidianamente a lunghe letture della Bibbia - soffermandosi volentieri sui passi più truculenti del Vecchio Testamento - e trasmette loro l'idea che il mondo sia profondamente immorale e che tutte le donne - lei esclusa - siano delle prostitute. Inoltre tiene i ragazzi in uno stato di isolamento pressoché totale, permettendo loro di allontanarsi solo per recarsi a scuola, dove Ed diventa ben presto oggetto di bullismo da parte dei compagni di scuola. Con il passare degli anni le attenzioni materne si fanno sempre più soffocanti e spesso degenerano in atti di violenza, come quando il ragazzo viene sorpreso a masturbarsi: per punirlo la madre lo sottopone ad una serie di bagni bollenti allo scopo di purificarlo.

Nel 1940 il padre muore a seguito di un attacco cardiaco. Da questo momento le strade dei fratelli Gein si dividono. Ed, infatti, si attacca in modo sempre più morboso alla figura materna, mentre Henry inizia lentamente a riappropriasi della propria vita, cercando inutilmente di convincere il fratello a fare altrettanto. Henry muore in circostanze "oscure" nel maggio del 1944, durante i tentativi di spegnimento di un incendio. In seguito Ed dichiara di aver perso di vista il fratello a causa del fumo, salvo poi condurre i soccorritori nel luogo esatto dove giace il suo corpo. Il cadavere presenta i segni inequivocabili di un forte trauma alla testa, ma nonostante ciò non viene aperta nessuna inchiesta e il caso viene archiviato come morte accidentale. Da questo momento il futuro macellaio di Plainsfield  vive solo con la madre che tuttavia muore alla fine del 1945. Per l'uomo si tratta di una perdita devastante: sigilla le stanze materne lasciandole in perfetto ordine e si limita a vivere in uno stanzino vicino alla cucina, mentre i suoi rapporti con gli abitanti dei dintorni si fanno sempre più radi.

Ed Gein è praticamente uno sconosciuto quando, il 16 aprile del 1957, la polizia si presenta alla fattoria per un controllo di routine. L'uomo è infatti sospettato per la misteriosa scomparsa di Bernice Worden, commessa di un negozio in paese. Durante l'ispezione gli agenti trovano il cadavere della donna orribilmente mutilato, ma questo è solo la punta dell'iceberg. Nel corso di una perquisizione più approfondita le forze dell'ordine trovano una quantità enorme di resti umani, tra cui diverse maschere di pelle umana e una specie di "abito" che si ritiene Gein indossasse per assumere le sembianze materne. Interrogato confessa, oltre all'omicidio della Worden, anche la profanazione di diverse sepolture allo scopo di trafugare i corpi ivi contenuti e l'assassinio di Mary Hogan, scomparsa nel 1954, mentre lascia intendere di aver colpito altre volte durante la sua adolescenza. Al processo viene ritenuto incapace di intendere e di volere - scampando così alla sedia elettrica - e viene rinchiuso in manicomio criminale, dove muore di cancro il 26 luglio 1984.

Leggendo la sua biografia come non riconoscere una certa somiglianza con Norman Bates, l'albergatore folle di Psycho, e con Leatherface, il mostruoso assassino di The Texas Chainsaw Massacre? Anche il mondo della musica ha subito il "fascino" di questo personaggio, tanto che gruppi come gli Slayer e i Mudvayne hanno scritto canzoni ispirate a lui, rispettivamente "Dead Skin Mask" e "Nothing To Gein".

venerdì 6 gennaio 2012

L'importanza di un braccio di mare

C'è un angolo del mondo che in questi giorni è sotto i riflettori della cronaca internazionale. Parlo dello stretto di Hormuz, ovvero quel tratto di mare, lungo circa 60 km e largo una trentina, posto all'ingresso del Golfo Persico che separa le coste iraniane dalla Penisola araba. In questa area transita ogni anno un quinto del petrolio prodotto nel mondo, estratto in paesi come Iraq, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti (rispettivamente ottavo, nono e decimo produttore mondiale di greggio, secondo i dati OPEC del 2009). Inoltre è l'unica via di accesso per la base navale di Juffar nel Bahrein, quartier generale della V Flotta americana. Nell'area vi sono anche altre basi americane, la più importante delle quali è Camp Doha, nel Qatar.

Vista l'importanza strategica dell'area è facilmente comprensibile il braccio di ferro che si sta svolgendo tra Washington e Teheran. Se l'Iran ha dato prova di forza testando i nuovi missili Qader (terra-mare) e Nour (a lungo raggio), minacciando la chiusura dello stretto al traffico mercantile ed effettuando manovre militari nell'area, gli Stati Uniti non sono stati con le mani in mano. Il Washington Post ci informa che è in corso una grande esercitazione congiunta tra forze statunitensi ed israeliane: chiamata "Austere Challenge 12" è la più grande operazione congiunta tra i due paesi mai avvenuta finora. Il Pentagono tiene a precisare che il suo svolgimento era già programmato da tempo e che non è in alcun modo legato alle manovre iraniane, ma non è difficile immaginare che uno spiegamento così massiccio di uomini e mezzi sia un messaggio, più o meno diretto, al regime degli ayatollah. Uno scenario di vera e propria guerra psicologica, cui va aggiunto un ulteriore tassello riportato oggi dal Corriere: i Pasdaran hanno infatti annunciato una nuova esercitazione nello stretto di Hormuz, che si svolgerà tra la fine del mese e l'inizio di febbraio.

Nonostante la tensione sia in costante aumento, lo scoppio di un vero e proprio conflitto appare una possibilità piuttosto remota. Una nuova guerra potrebbe avere conseguenze catastrofiche per le dissestate casse americane, mentre l'Iran - pur non essendo la Libia di Gheddafi o l'Afghanistan dei talebani - difficilmente riuscirebbe a resistere ad un massiccio attacco della NATO.


martedì 3 gennaio 2012

Quando squilla il telefono

Lavorando tramite agenzia il telefono diventa uno degli oggetti più importanti della propria quotidianità. Ogni vibrazione, ogni squillo, ogni sms si caricano di aspettative, in quanto potrebbero significare lavoro. In parole povere ci si lascia condizionare, tanto da tenere l'oggetto tecnologico sempre a portata di mano per controllare istericamente se sono arrivate chiamate. Perchè se non rispondi o se non richiami subito l'agenzia passa oltre, mica sei il solo disperato pronto ad accettare (quasi) ogni lavoro ti venga proposto. In fin dei conti le agenzie interinali, nonostante il loro volto "umano" altro non sono che degli intermediari tra te (forza lavoro inutilizzata all'interno della cosiddetta riserva industriale) e l'azienda che ha bisogno di te per i più svariati motivi.

Fatta questa premessa si possono capire le richieste più o meno assurde che talvolta ti arrivano. Per esempio può capitare di essere contattati per una sedicente "sostituzione" durante un giorno di sciopero generale (ma non è un comportamento antisindacale?), anche se sulla definizione di "sciopero generale" si potrebbe discutere fino a domattina. Oppure di essere chiamati alle ore 10.00 del mattino per un lavoro "da subito fino alle 12.30", perchè tu che sei precario non hai nulla da fare nella vita se non aspettare la fatidica telefonata. Può anche succedere di firmare un contratto settimanale, spostando impegni ed esami, per poi scoprire, una volta giunti sul posto di lavoro, che in realtà hanno bisogno di te per otto ore e basta.

Le cose non vanno molto meglio se parliamo delle condizioni di lavoro. Spesso e volentieri si è abbandonati a se stessi, senza che nessuno si prenda la briga di dirti cosa devi fare e come devi farlo, salvo poi farti cazziatoni enormi al primo errore commesso. Eppure l'onniscienza e l'infallibilità sono attributi divini che un povero lavoratore a chiamata non è tenuto ad avere. Così come non è tenuto ad essere invulnerabile, viste le mansioni leggermente extra-626 cui si viene spesso sottoposti.

E in questo scenario vogliono deregolamentare ancora di più il mercato del lavoro...

lunedì 2 gennaio 2012

Apologia del viaggio

Tornare a scrivere dopo tanta, troppa inattività regala sempre una sensazione "strana". E' come un terreno inaridito, crepato dal caldo, che torna a nuova vita dopo l'arrivo della pioggia, è come un fiume in piena che dalle sinapsi si riversa per i fasci nervosi fino alla penna (o la tastiera in questo caso). Metafore a parte è certamente una sensazione appagante, liberatoria, come lo è la fine di ogni astinenza, a maggior ragione se questa è stata lunga.

Astinenza che purtroppo continua, ahimè, per quanto riguarda i viaggi. Non intendo quelli interiori alla ricerca di sè, o quelli onirici a là Hofmann, ma di quelli verso luoghi e popoli diversi. Premetto fin da subito che per il sottoscritto esiste solo il viaggio zaino in spalla, dormendo negli ostelli e viaggiando coi mezzi più proletari (treni, autobus, taxi collettivi), al fine di entrare veramente a contatto con la popolazione locale, coi suoi costumi e con la sua cultura. Tenete il più lontano possibile da me gli asettici villaggi vacanze o le gigantesche navi da crociera con la loro realtà preconfezionata, le torme di animatori e le masse di connazionali: vade retro Satana!

La mia idea è quella di consacrare il 2012 all'avventura. Le mete che ho in mente sono tante e variegate. Si parte dalla più vicina Sardegna (periplo dell'isola con puntate verso l'interno) per poi allontanarsi verso nord (Irlanda, Scandinavia) e verso est (Balcani, Turchia). fino ad arrivare al viaggio dei viaggi: la leggendaria Transiberiana con deviazioni verso Cina e Mongolia. Non mi saranno di ostacolo nè le barriere linguistiche - il linguaggio dei gesti è bene o male universale - nè quelle fisiche tra Stati, pur essendo la burocrazia una gran brutta bestia. L'unico ostacolo enorme e per il momento insormontabile è la scarsità di vil denaro derivante da una situazione di disoccupazione "stagionale". Purtroppo le prospettive per il futuro non sono proprio rosee, tra un'economia in recessione e una probabile riforma del mondo del lavoro che ci costringerà ad essere ancora più flessibili e precari per meglio rispondere alle esigenze dei datori di lavoro, il tutto con minori tutele. Certo, la speranza è l'ultima a morire, ma chi mi conosce sa che non brillo per l'ottimismo...

Concludo con un invito ai miei lettori (ne avrò ancora dopo questa lunghissima pausa?), cui chiedo di socializzare nei commenti (qui o su Facebook) eventuali suggestioni o resoconti di viaggio. Alla prossima.