lunedì 25 luglio 2011

Oslo, Utoya e alcune riflessioni

Il duplice attentato di Oslo non può che spingerci ad una serie di riflessioni, la prima di carattere generale e la seconda più contestualizzata nella realtà italiana.

Innanzitutto ci ricorda che il fanatismo religioso non è una prerogativa dell'Islam, bensì una degenerazione presente in tutte le confessioni monoteiste (e non solo). Ci ricorda anche che tra l'estremismo islamico e quello cristiano ci sono ben poche differenze. Lo sanno bene negli Stati Uniti, dove diversi reverendi protestanti hanno pensato bene di bruciare il Corano in pubblico e dove gli attivisti antiabortisti cristiani pensano bene di difendere la vita uccidendo medici e facendo esplodere le cliniche in cui si pratica l'interruzione di gravidanza. Anche nel Vecchio Continente non si scherza, tra prelati lefebrviani negazionisti e integralisti sempre più legati a partiti politici e politicanti che, come Borghezio, pensano di vivere ancora ai tempi delle Crociate.

Tornando brevemente all'attentatore di Oslo, le dichiarazioni e i metodi di Breivik non sono poi molto diverse da quelle dei propugnatori della Jihad. Con loro condivide il concetto di martirio, l'intima convinzione della giustezza delle proprie idee ritenute verità assoluta e quindi superiori a tutte le altre e, infine, la giustificazione dello stragismo e del ricorso alle armi di distruzione di massa. Tutto questo lo si può leggere nel suo memoriale di 1500 pagine in cui, oltre ad auspicare lo scoppio di una guerra civile europea contro il multiculturalismo e il marxismo per la difesa dei valori cristiani, si avventura in una fantasiosa ricostruzione dei crimini musulmani contro i seguaci di Cristo. Arriva addirittura a bollare come Jihad il genocidio armeno e la cacciata dei greci dalla Turchia nel 1923, dimenticandosi ad arte che i Giovani Turchi erano sì musulmani, ma laici. Un documento senza capo nè coda, che però potrebbe diventare il "Mein Kampf" di una nuova generazione di fanatici religiosi.

Una riflessione a parte - la seconda NdA - merita l'atteggiamento scandaloso dei mezzi di informazione italiani nel dare la notizia. Fin dai primi minuti è iniziato il bombardamento mediatico attribuendo la responsabilità dell'attentato a fantomatici terroristi islamici, bombardamento che è proseguito anche dopo l'arresto di Breivik, uomo dai tipici tratti mediorientali. Anche il giorno successivo, nonostante fosse palese l'estraneità della pista jihadista, alcuni telegiornali continuavano a ribadire le similitudini tra l'attentato di Oslo e quelli che si verificano in Afghanistan o in Iraq. Non parliamo poi di certi quotidiani come "Libero" o "Il Giornale" che contro ogni evidenza titolavano in prima pagina "Sono ancora loro", per poi affidare ad editoriali precompilati di soggetti come Fiamma Nirenstein e Magdi Allam, noti per le loro posizioni concilianti, una serie di sproloqui degni di un crociato. Allam è riuscito addirittura a scrivere che <<Se vogliamo sconfiggere questo razzi­smo dobbiamo porre fine al multi­culturalismo.”>> (sic!)! Come dire che la Shoah c'è stata perchè gli ebrei erano ebrei (e non perchè Hitler era un folle) o che gli ugonotti, i catari e i valdesi siano stati massacrati perchè erano appunto ugonotti, catari e valdesi (e non perchè Sancta Mater Ecclesiae voleva mantenere l'egemonia sulle anime europee). A rincarare la dose oggi ci si è messo lo stesso Feltri. Il Vate del giornalismo italiano - talmente Vate da meritarsi una sospensione dall'ordine degli scribacchini - è arrivato ad attribuire l'alto numero dei morti sull'isola di Utoya agli stessi ragazzi che, a suo dire, pensavano soltanto a salvarsi con sommo egoismo. Insomma, ha trasferito la colpa dal carnefice alle vittime. A pensarci bene in Italia abbiamo una tradizione piuttosto lunga in questo campo, basti pensare quando, in tempi non troppo lontani, per uno stupro veniva considerata colpevole la donna "provocatrice" e non l'uomo maniaco.

venerdì 22 luglio 2011

Predatori di uomini: Andrej Chikatilo

Lo avevo già anticipato nel sedicente editoriale di luglio e visto che sono una persona di parola eccoci col primo di una serie di post dedicati ai predatori di uomini, i serial killer. Ribadisco di nuovo che non si tratta in alcun modo di esaltazione di tali personaggi, ma semplicemente di un viaggio nei meandri più nascosti e perversi della psiche umana.

Come primo soggetto ho scelto il più prolifico serial killer russo, Andrej Chikatilo. L'ho fatto per una serie di ragioni, tra cui il suo comportamento atipico - nella sua "carriera" ebbe pause lunghe anche alcuni anni - e l'incredibile serie di coincidenze che ne ha impedito l'arresto per lungo tempo.

Chikatilo nasce il 16 ottobre 1936 in un piccolo villaggio rurale in Ucraina. E' nella sua infanzia che risiedono i traumi che successivamente lo trasformeranno nel mostro di Rostov. Fin dalla più tenera età la madre gli racconta la storia di un suo presunto fratello maggiore - non risulta infatti all'anagrafe - che, durante l'Holodomor, venne rapito e cannibalizzato da dei vicini affamati. Come se ciò non bastasse Chikatilo fu testimone della spietata occupazione nazista dell'Ucraina, tanto che sviluppò fantasie - per altro comuni anche in altri bambini dell'epoca - in cui portava prigionieri tedeschi nei boschi per massacrarli. Il padre fu fatto prigioniero durante la guerra e in sua assenza il giovane Andrej divideva il letto con la madre: questa era solita punire le polluzioni notturne picchiando e umiliando il ragazzo.

All'età di 18 anni tentò di aggredire un'amica della sorella. Durante questo episodio ebbe una erezione - Chikatilo soffriva di impotenza - e di conseguenza iniziò ad associare le aggressioni violente al sesso. Nel 1971 tenta la carriera di insegnante con pessimi risultati. Incapace di imporre un minimo di disciplina viene anzi deriso e talvolta aggredito dai suoi allievi. Ripetutamente accusato di percosse e molestie passa da un istituto all'altro, finchè non viene costretto ad abbandonare l'insegnamento. E' da notare come non venne mai arrestato nè processato per gli abusi sui suoi studenti: le autorità scolastiche preferivano licenziarlo invece di iniziare un'indagine che avrebbe potuto rovinare la reputazione della scuola.

Nel 1978 viene assunto come commesso viaggiatore di una industria nei pressi di Rostov. Questo evento rappresenta lo spartiacque della sua vita: i numerosi viaggi di lavoro vennero usati per compiere i suoi delitti. Nello stesso anno uccise la sua prima vittima, una bambina di 9 anni. Per l'omicidio venne arrestato e giustiziato un giovane del posto. Rimane inattivo per quattro anni, quando ricomincia ad uccidere. Il suo modus operandi è sempre lo stesso: cerca le sue vittime nelle vicinanze delle stazioni ferroviarie e delle fermate degli autobus e una volta che le ha trovate le porta in un bosco dove le uccide.

Le autorità sovietiche si mossero solamente al ritrovamento del sesto cadavere (su 14 vittime totali). La ragione di tale ritardo è da ricercarsi nella criminologia sovietica, che considerava gli omicidi seriali "comuni solo nelle edonistiche nazioni capitaliste". Il team della polizia di Mosca inviato a Rostov lavorò in modo assai approssimativo, ricorrendo spesso e volentieri a brutali interrogatori che portarono alla morte di almeno un fermato. Successivamente l'attenzione degli investigatori si concentrò sulla comunità omosessuale, portando alla schedatura di oltre 150.000 persone. Solo nel 1984, dopo altri 15 omicidi, furono aumentate le pattuglie in servizio nei pressi delle principali fermate di trasporti pubblici.

Nello stesso anno Chikatilo venne arrestato vicino ad una fermata del bus a Rostov. Il suo passato fu analizzato, ma non emersero prove sufficienti per collegarlo agli omicidi. Dopo tre mesi di carcere per piccoli furti sul posto di lavoro venne rilasciato. Successivamente si seppe che l'uomo venne scartato dalla lista dei sospetti perchè i test sui fluidi corporei avevano evidenziato che il suo gruppo sanguigno era diverso da quello dei campioni di liquido seminale. Se all'epoca fosse stato disponibile il test del DNA il mostro di Rostov non avrebbe colpito mai più.

In seguito all'arresto Chikatilo mantenne un basso profilo, uccidendo sporadicamente e prevalentemente lontano dalla zona di Rostov. L'uomo infatti seguiva con attenzione le indagini della polizia che nel frattempo si erano rivitalizzate: tutti gli omicidi vennero nuovamente analizzati nel dettaglio e i criminali sessuali vennero interrogati nuovamente, anche con l'ausilio di uno psichiatra.

Nel 1990 ci fu una escalation di omicidi, ben nove tra gennaio e novembre. La polizia intensificò i controlli, ricorrendo anche ad agenti in borghese travestiti da prostitute e senzatetto. Il 6 novembre, mentre emergeva da un bosco dove aveva appena commesso un omicidio, Chikatilo fu fermato da un agente. Nonostante le ferite e gli abiti sporchi di sangue, il poliziotto si limitò a prendere le generalità dell'uomo. Poco dopo, nel bosco vicino alla stazione di Leschoz, venne ritrovato un cadavere: era la seconda volta che l'ex insegnante veniva indirettamente associato ad un omicidio.

Chikatilo fu messo sotto stretta sorveglianza. Il 20 novembre gli agenti di sorveglianza videro l'uomo mentre cercava di avvicinare bambini usando una lattina di birra come esca. La sua insistenza convinse la polizia ad arrestarlo. Durante l'interrogario Chikatilo si lasciò andare ad una confessione fiume e tra il 30 novembre e il 5 dicembre confessò ben 56 delitti (la polizia aveva fermato il conteggio a 36), offrendosi anche di fornire le prove.

Il processo iniziò il 4 aprile 1992. Giudicato sano di mente venne tenuto per tutta la durata del procedimento in una gabbia al centro dell'aula, costruita ad hoc per proteggerlo dai parenti delle vittime. Il 15 ottobre dello stesso anno fu letta la sentenza: l'uomo fu dichiarato colpevole e condannato a morte. Quando gli fu permesso di parlare Chikatilo iniziò a delirare attaccando il governo, i leader politici e la sua impotenza arrivando a denudarsi. La sentenza fu eseguita, con un colpo alla nuca, nel febbraio del 1994.

giovedì 21 luglio 2011

Letture estive

Che gli italiani e la lettura non vadano proprio d'accordo è risaputo - basta guardare qualche statistica in proposito per mettersi le mani nei capelli - ma è interessante notare come la vendita di libri (o i prestiti nelle biblioteche) subisca un'impennata durante i mesi estivi. A quanto pare la lettura è una delle attività preferite sotto l'ombrellone e in generale durante le vacanze: la cosa non può che far piacere. Non avendo interesse nel fare un'analisi approfondita sulla situazione dell'editoria italiana e sul mercato editoriale nel Bel Paese preferisco lanciarmi in una serie di consigli spassionati su alcuni libri che - a mio avviso - meriterebbero di essere letti.

Il primo è "La tomba di Alessandro" di Valerio Massimo Manfredi che, insieme al teutonico Gisbert Haefs, è uno degli autori di romanzi storici che preferisco in assoluto. Trovato assolutamente per caso in una libreria di Merano è diventato mio in un battito di ciglia. Chiariamo subito che questa volta Manfredi non ha scritto un romanzo, bensì un saggio storico sul mistero che circonda la localizzazione della tomba di Alessandro Magno e le sue spoglie mortali. Ho letto velocemente alcune pagine e devo dire che le ho trovate piuttosto scorrevoli, rendendo così l'opera fruibile anche ai non addetti ai lavori. Il libro, edito da Mondadori, costa 12 euro. Già che ero in vena di shopping folle mi sono preso, sempre dello stesso autore, anche "L'armata perduta" e "L'impero dei draghi".

Il secondo è "Materia Oscura" dell'americana Michelle Paver. Il romanzo è un misto di avventura e horror e narra la vicenda di Jack Miller, un giovane inglese che decide di unirsi ad una spezione polare come operatore radio. Raggiunta la destinazione, l'isola di Gruhuken nell'arcipelago delle Svalbard, per una serie di eventi fortuiti, il giovane uomo si ritrova da solo. Mentre Jack è immerso nella notte polare, impossibilitato ad abbandonare l'isola, iniziano a verificarsi strani fenomeni...   Se volete leggere una recensione ben fatta, la stessa che mi ha spinto ad ordinare il volume, vi consiglio questa. Il romanzo è edito da Giano Editore e cosa -ahimè- 16.50 euro, anche se su internet può essere recuperato a cifre leggermente inferiori.

Il terzo, invece, è "Malapunta" di Morgan Perdinka (alias Danilo Arona, uno dei migliori autori di narrativa di genere in Italia). Vi lascio direttamente la pagina dedicata sul sito di Edizioni XII, con tanto di sinossi e informazioni su come ordinarlo. Inutile dire che io l'ho già fatto!

Infine, se siete amanti della tecnologia o semplicemente non volete portarvi dietro un libro, vi consiglio un bell'ebook gratuito. Parlo di "Ucronie Impure", ebook che contiene i 10 racconti finalisti dell'omonimo concorso. Io l'ho già scaricato e ho letto un paio di racconti restando piacevolmente colpito. Il file è in formato ePub e come già detto prima è del tutto gratuito. Ecco a voi la pagina!

Ovviamente questa micro lista è basata sui miei gusti personali e, come al solito, non pretendo di avere in tasca la verità assoluta. Anzi, eventuali critiche, aggiunte e altre segnalazioni sono più che benvenute. Buona lettura a tutt*!

domenica 17 luglio 2011

Visitors in Sudtirolo

Le Specie Aliene Invasive sono quelle specie animali o vegetali che vengono introdotte in un ambiente diverso dal loro e, invece di soccombere, riescono ad adattarsi al cambiamento e col tempo finiscono col prevalere sulle specie autoctone. Alcuni esempi possono essere la Panace di Mantegazzi oppure il gambero della Louisiana.

Senza dover essere per forza dei catastrofisti, sono sempre di più gli organismi non autoctoni che arrivano in Europa. La prima ad arrivare è stata la zanzara tigre e nel corso degli anni è stata seguita da decine di altre specie. Beh, ora anche il Sudtirolo ha la sua specie tropicale. In occasione della Giornata della biodiversità - 25 giugno - oltre 100 studiosi hanno "rastrellato" la Val Monastero - una laterale della Venosta che collega l'Italia alla Svizzera, NdA - per catalogare quante più specie animali e vegetali possibili. Tra le 1800 che sono state trovate la più sorprendente è la Polyergus rufescens, una formica originaria dell'Amazzonia e che non si pensava di poter rinvenire nel cuore della Alpi. La sua particolarità è che compie periodiche "scorribande" presso altre colonie di formiche allo scopo di rubare le uova e le larve ivi contenute. Queste vengono poi allevate e costrette a lavorare come "schiave", tanto che devono addirittura imboccare i loro nuovi "padroni": le loro mandibole, infatti, sono inadatte alla nutrizione, ma sono formidabili nel combattimento.


Gente, non facciamoci cogliere dal panico, ma i Visitatori sono tra di noi ;)

mercoledì 13 luglio 2011

La strada per Khalkin Gol

Che il sottoscritto abbia una passione segreta per i viaggi alternativi e in particolare per la Mongolia - basta leggere la recensione di "In Mongolia in retromarcia" per rendersene conto - è abbastanza risaputo. Non a caso il post di oggi va preso come una specie di segnalazione di un itinerario di viaggio alternativo, decisamente al di fuori dei percorsi del turismo di massa, oltre ad essere la segnalazione di un bel blog americano che racconta il viaggio di due storici dilettanti da Ulan Bataar a Khalkin Gol.

Ma cosa ha di tanto speciale questa sconosciuta località mongola? Semplice, è stata teatro di una delle battaglie più importanti - e una delle meno conosciute - del Ventesimo secolo. Il fiume Khalkin Gol ha segnato fino al 1945 il confine tra Mongolia e Manciuria, all'epoca stato fantoccio sotto il controllo nipponico. Nel 1939, anno della battaglia, la situazione era più che mai esplosiva: a seguito dello sconfinamento di un piccolo distaccamento di cavalleria mongola ebbe inizio una vera e propria escalation militare che portò ad uno scontro armato di grandi dimensioni (maggio). Mentre i giapponesi schieravano l'intera sesta armata, i sovietici risposero inviando nell'area il comcor Zhukov e un ingente quantitativo di mezzi corazzati. Quest'ultimo lanciò il 15 agosto un'offensiva mandando sul campo tutte le sue forze meno due brigate corazzate che riuscirono ad aggirare il nemico sui fianchi. I giapponesi, una volta circondati, si arresero il 16 settembre. I giornali dell'epoca diedero pochissimo risalto alla notizia, presi come erano dagli avvenimenti in Europa (Hitler aveva invaso la Polonia il 1 settembre).

Il perchè questa battaglia è così importante è presto detto. Innanzitutto segna una volta per tutte la fine delle mire nipponiche sull'Estremo Oriente sovietico. Dopo la sconfitta al lago Khasan (1938) e dopo Khalkin Gol i giapponesi iniziarono a progettare la propria espansione nel Pacifico e non è sbagliato pensare che proprio la vittoria di Zhukov abbia salvato l'Unione Sovietica da un secondo fronte in Siberia nel '41, secondo fronte che quasi sicuramente sarebbe stato fatale. Inoltre questo episodio rappresenta anche un punto di svolta per la carriera del comandante sovietico - è ricordato e commemorato ancora oggi in Mongolia - che diventerà il protagonista assoluto delle battaglie di Leningrado, Mosca, Stalingrado e Berlino.

martedì 12 luglio 2011

Buon compleanno San Basilio!

Post velocissimo prima di andare a lavorare e per non sbagliare faccio un po' il Capitan Ovvio della situazione. Penso che tutti avrete visto la home di Google dedicata ai 450 anni della cattedrale dell'Intercessione della Madre di Gesù sul Fossato, meglio nota come cattedrale di San Basilio. La chiesa è probabilmente uno degli edifici russi più conosciuti al mondo, insieme all'Ermitage, al Palazzo d'Inverno e al Cremlino, oltre ad essere uno dei simboli della città di Mosca, insieme a tutto il complesso della Piazza Rossa.

Come ogni edificio storico che si rispetti ha una storia tutt'altro che tranquilla. Fu costruita tra il 1555 e il 1561 per ordine di Ivan IV il Terribile e doveva simboleggiare la vittoria della Moscovia sui khanati di Kazan' e Astrachan. Nel 1583 venne distrutta da un terribile incendio - il primo di una lunga serie - e venne ricostruita nel giro di un decennio. Nel 1812, durante la Campagna di Russia, scampò miracolosamente all'incendio che ridusse Mosca ad un cumulo di macerie fumanti e ai tentativi francesi di distruggerla. Dopo la Rivoluzione Russa in più di una occasione gli statisti sovietici presero in considerazione l'idea di raderla al suolo nel quadro di un rinnovamento del centro cittadino. Fortunatamente questi folli progetti restarono solo sulla carta, lasciando così alla città di Mosca e alla Russia intera uno dei suoi simboli più famosi

lunedì 11 luglio 2011

Sedicente editoriale: propositi estivi

Come ogni anno è esplosa l'estate. Il caldo è tanto, la voglia di accendere il pc e saturare ulteriormente di calore la stanza è ai minimi storici e di conseguenza l'aggiornamento del blog lascia un po' a desiderare. Mi rendo conto che è una giustificazione piuttosto scialba, quindi non mi resta che fare un mea culpa grande quanto una casa. Detto questo vi informo che non mi prenderò nessuna pausa, anzi, continuerò ad aggiornare il blog: questo post in effetti dovrebbe servire solo ad anticiparvi un po' di cose. Ammesso che vi possa interessare.

Continuerò con le recensioni, come prima e più di prima. L'unica differenza è che non tratterò più solo libri stampati su carta, ma aprirò le pagine di questo spazio virtuale anche agli ebook, ovvero ai libri in formato digitale. Qualcuno storcerà il naso - io per primo sono un feticista della carta - ma approfondendo l'argomento si possono scoprire una marea di cose interessanti, oltre a delle vere e proprie chicche.

Scriverò una serie di articoli sui serial killer. Nessuna mitizzazione, niente particolari splatter: solo i meccanismi psicologici che si annidano nella mente dei predatori di uomini e i metodi di indagine di chi cerca di catturarli. Niente di più, niente di meno.

Scriverò anche qualche articoletto "storico". Niente pipponi teorici, ma solo qualche approfondimento che spero possa essere di vostro interesse. Insomma, voglio applicare una volta per tutte quello che ho studiato per anni e dare libero sfogo ad una delle mie più grandi passioni.

Per concludere vi anticipo che verso settembre dovrei partecipare ad un progetto di scrittura condivisa...e che ho ripreso a scrivere più o meno seriamente... chissà dove mi porterà tutto questo...

domenica 10 luglio 2011

Recensione: Enrico Brizzi - L'inattesa piega degli eventi

Autore: Enrico Brizzi
Titolo: L'inattesa piega degli eventi
Casa Editrice: Dalai Editore - collana Super Tascabili
Anno: 2009
Prezzo: 11,90 €

Il sottoscritto è rimasto indissolubilmente legato a Brizzi grazie al suo "Jack Frusciante è uscito dal gruppo", romanzo - e poi film - che ha segnato la mia adolescenza. L'ha segnata così tanto che tornare a leggere un suo libro, molto più maturo e molto diverso come tematica e stile narrativo, mi è sembrato strano, ma non per questo la lettura è stata meno appagante, anzi.

Trama: 1960. La Storia ha preso una piega inaspettata, diversa da quella che conosciamo. La Seconda Guerra Mondiale c'è stata, ma l'Italia siede tra le potenze vincitrici che hanno sconfitto Germania e Francia. Un referendum ha abolito la monarchia e ha sancito la nascita di un regime repubblicano con a capo Benito Mussolini. L'Italia non ha più un impero, ma controlla una federazione di repubbliche associate (Malta, Albania, Africa Orientale, ecc.). Mentre il Duce è moribondo e i gerarchi affilano gli artigli per la corsa al potere, si stanno per svolgere le Olimpiadi di Roma. Lorenzo Pellegrini è un giovane cronista di successo ed è stato scelto dal suo giornale per seguire l'importante evento sportivo. Tuttavia, l'inattesa piega degli eventi lo vedrà spedito in fretta e furia in Africa Orientale a seguire la Serie Africa, la lega che raduna il top del calcio somalo, eritreo ed etiope. Col passare del tempo, però, l'esilio si trasforma in un viaggio alla scoperta di una terra nuova e delle tensioni sociali tra autoctoni e oppositori esiliati da una parte e bianchi dall'altra, tensioni che si manifestano anche e soprattutto sui campi di calcio, che diventano così lo specchio di una società profondamente divisa. L'esperienza in terra africana cambierà profondamente Lorenzo, che inizierà a guardare con occhi diversi anche la Madrepatria.

Commento: La ricostruzione di Brizzi è decisamente ben realizzata, specialmente per quanto riguarda lo scenario africano. La cosa non deve stupire, visto che l'autore ha usufruito del lavoro di ricerca storica di tale Angelo Del Boca, massimo esperto italiano di storia dell'Africa Orientale. Meritano anche gli ultimi capitoli, in cui viene tracciato un quadro impietoso dei vizi e delle virtù del popolo italiano e dei suoi politicanti più che mai trasformisti, tanto che non può venire in mente il gattopardesco "bisogna cambiare per non cambiare nulla". Notevole l'espendiente di utilizzare lanci di agenzia e articoli di giornale per raccontare il mutare dello scenario politico in Italia. La narrazione è piuttosto scorrevole, nonostante la mole del libro, anche se in qualche punto tende ad arenarsi su aspetti non essenziali. In ogni caso resta un buon libro. Esiste anche un prequel, "La nostra guerra", che racconta lo svolgimento della Seconda Guerra Mondiale alternativa.